Le fanfic di X-Files

Sans Merci

Mulder cade giù nella tana del coniglio.
Autore: Brighid
Pubblicata il: 07/12/2012
Tradotta da: starxf
Rating: PG-13, vietata ai minori di 13 anni
Genere: X
Sommario: Mulder cade giù nella tana del coniglio.
Note sulla fanfic: Scrivo (e riscrivo) questa storia da mesi. E’ ciò che ha dato inizio a “More Full of Weeping” in verità, e poi è stata messa da parte. Grazie a Kelly per beta-reading – qualsiasi errore che rimane è COLPA MIA. =)

Archiviazione: Sì Gossamer, altrimenti basta mantenere il mio nome e farmi sapere.
Altre note: Feedback costruttivo molto apprezzato. Vi prego. Vi prego. Vi prego. Disclaimer: Tutte le cose X-Files appartengono a Chris Carter, 1013 e alla Fox. Questo non è per profitto, ma per amore.
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Sans Merci

Il pavimento bagnato contribuiva ad accrescere lo slap-slap dei suoi passi mentre Mulder correva nell’impervia notte d’ottobre. L’umidità ghiacciata mordeva i suoi polmoni, e trasformava ogni emissione di fiato in nuvolette bianche che si attorcigliavano intorno alla sua testa e che poi si attardavano lungo la sua scia. Un tenue bruciore si fece costante man mano che approcciava i limiti della sua resistenza, spingendosi verso di essi ed oltre alla ricerca di quel rilascio di endorfine che era il suo obiettivo principale.

Non era una serata ideale per correre. La troppa umidità, il freddo, l’ora tarda e l’eccessiva oscurità contribuivano a farne una scelta pericolosa, e se Scully avesse saputo che era stato davvero intenzionato ad andarci, con tutta probabilità lo avrebbe ammanettato al letto della sua stanza al motel. Ecco perché non gliel’aveva detto; perché s’era fatto un dovere di sgattaiolare via facendo il meno rumore possibile. Decisione saggia o meno, sentiva troppo il bisogno della catarsi che una corsa nel silenzio e nell’oscurità gli procurava, di scappare dai demoni che lo braccavano sino a dentro la testa.

Undici bambine morte, bambine che avrebbero dovuto farsi trecce ai capelli e scambiarsi figurine delle Spice Girls e decidere cosa indossare per Halloween. Immagini di loro si affollavano davanti ai suoi occhi, fotografie in bianco e nero della scena del crimine, totalmente orripilanti nella loro assoluta semplicità. Niente trecce. Niente Spice Girls. Niente Halloween. Niente per ora e per sempre. Le immagini ruotavano e si dimenavano nella sua mente, facendolo barcollare e impallidire, facendogli credere che non lo avrebbero mai più lasciato, che non avrebbe mai potuto sfuggirgli. Il ritmo stabile della sua corsa venne meno, arrestandosi, nello stesso momento in cui, piegato in due, prese a vomitare caffè scadenti e semi di girasole in un condotto di scolo.

I sussulti del vomito sembravano susseguirsi senza fine, scuotendolo e svuotandolo di ogni cosa tranne di quei ricordi che invece desiderava ardentemente lasciarsi alle spalle. Lui e Scully erano stati chiamati ad indagare da sette giorni ormai, lui grazie al suo passato da profiler e Scully per l’esperienza nella patologia forense. Sette giorni trascorsi a studiare fotografie, a trascinarsi attraverso scene del crimine nel tentativo di insinuarsi e farsi strada nella mente di un animale in grado di lasciare una bimba di sette anni in un parco giochi legata ad uno scivolo col suo stesso intestino. Impossibilitato a dormire a causa degli incubi, e a mangiare per via della nausea costante, le sue terminazioni nervose erano diventate stridenti e sottili come una corda di violino. Parte di lui avrebbe voluto arrendersi, darsi per vinto, ammettere di non possedere più quanto necessario per scrivere un profilo a quei livelli. Ma un’altra, più rabbiosa parte di lui si ricordava del viso frantumato di una delle bambine, degli occhi sradicati che penzolano umidicci su guance soffici e rotonde, e insisteva nel fare chiarezza, che egli ne fosse completamente consumato se ciò avesse voluto dire una vittima in meno, un magro compenso per tutte quelle morti da incubo.

Trascorso altro tempo, i conati del vomito si trasformarono in tremolii leggeri e quindi si fermarono. Dopo ciò si rimise in piedi, pulendosi la bocca e sputacchiando ripetutamente per tentare di liberarsi dallo sgradevole sapore. Un paio di respiri profondi ed eccolo a correre di nuovo. Non c’era via di uscita dalla notte; i suoi demoni continuavano a tallonarlo per tutto il tempo.

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L’ho osservato. L’ho visto espellere tutta l’oscurità che ha inghiottito, l’ho visto percepire l’odore della corruzione causata dalle cose malsane che si porta dentro. E’ possibile intravedere le tenebre in lui, e la luce. Porta con sé molte possibilità, ecco perché ho grandi speranze in lui. Non solo io, ma tutti noi. Gli Eroi sono stati pochi e distanti di questi fragili tempi, e noi dolorosamente abbiamo bisogno di un Eroe. Lo seguo mentre si inoltra sempre più nella notte, in attesa che trovi la sua strada per raggiungere il Regno di Faery.

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Un ringhio sommesso di moto di grossa cilindrata disturbava le strade rese luccicanti dalla pioggia. Mulder si avvicinò alla parte erbosa concentrandosi sul suo tragitto, determinato a non attrarre ulteriore attenzione su di sé di quella che un uomo intento a correre a mezzanotte potrebbe già richiamare. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era fare incazzare i motociclisti tra la popolazione locale. Scully non lo avrebbe mai perdonato se avesse dovuto prenderlo in consegna dal pronto soccorso ancora un’altra volta in una città sconosciuta e ad un orario indecente. Infatti all’inizio pensò davvero di esser riuscito a mettersi in disparte, solo per rendersi conto che se i motociclisti non lo avevano ancora sorpassato, lo stavano sicuramente seguendo. Bofonchiando un’oscenità proveniente sin dal profondo del cuore, prese a cercare un modo per schizzare via da lì, ma l’unico tragitto possibile conduceva dritto al ponte. Allora decise di accelerare, spingendo sino a quando le gambe iniziarono a fargli male e il petto a bruciare, nella speranza di raggiungere un posto ove poter trovare rifugio. Un ruggito di motori gli suggerì che non ci sarebbe stato nessun rifugio per lui.

Stufi di seguirlo, i motociclisti si adeguarono alla sua andatura, zigzagando e sfrecciandogli intorno come un branco di cani che hanno captato l’odore del sangue. Era conscio del fatto che stavano solo giocando con lui, e ciò lo terrorizzava. Riusciva a percepire il calore che emanavano mentre continuavano a sfiorarlo, le vibrazioni e le esalazioni stagnanti prodotte dai motori. Il suo corpo, ormai stanco, esitava, le gambe liquide e urlanti, e barcollando, il suo sguardo si spostava da un motociclista all’altro. Quando lo urtarono con forza, cadde in malo modo schiantandosi al suolo su di un fianco. La stanchezza gli impedì di proteggersi la testa, e il suo tentativo andò a vuoto perché privo di grazia, ma lo stesso si rese conto di aver urtato il pavimento, del cervello che si schiantava contro al cranio; dopo, il buio discese in quella veglia echeggiante.

L’ultimo ricordo cosciente che ebbe era costituito dal circolo silenzioso che si era formato intorno a lui, dalle facce inespressive nascoste sotto i caschi, e vedere in essi come il riflesso di stelle, e le spettrali sagome di – corna ramificate che si sollevavano dalle visiere dei caschi. La sua mente in continuo movimento subito ne venne fuori con un nome, quello di Cernunnos, il dio cornuto dei celti, ma erano in tanti per poter essere vero; tanti, troppi. Si concentrò allora nel tentativo di parlare, di chiedergli cosa fossero, ma la sua lingua rifiutava di muoversi e comunque l’oscurità si avvicinava veloce per incontrarlo. Così cadde nell’oblio, e nemmeno si mosse non appena uno dei motociclisti lo prese di peso portandolo via.

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Contemplavamo colui che era disteso dinanzi a noi in attesa che si svegliasse. Harry scosse la sua enorme testa irsuta, palesemente deluso. “Non sembra tutto questo Eroe” borbottò con tristezza, strofinando uno sproporzionato dito calloso sul sangue che si stava asciugando su un lato del volto del nostro ospite. Quasi senza pensarci portò il dito alla bocca. “Non ne ha nemmeno il sapore” continuò, tirando un rumoroso sospiro carico di tristezza.

Lo guardai, divertito e infastidito al tempo stesso. “Hai assaggiato molti altri Eroi, eh, Harry?”

Harry mi lanciò un sorriso con i suoi denti grandi, storti, ingialliti, e incurvati al punto tale da dare fastidio a chi osservava. “Alcuni, in gioventù, prima di saperne di più” rispose. Il suo sorriso poi scomparve. “Non possiamo sbagliarlo questo, Tricky. La luna nera passa, deve passare, e se non c’è l’altra a fare ritorno, restiamo bloccati nell’oscurità, siamo persi, e gli Unseelie vincono tutto. Saremo morti prima di accorgercene, perché ci daranno la caccia; hanno un debole sia per le carni terrestri che per quelle fatate!”

Percorsi la modesta stanza, ricavata da una rientranza sotto il ponte, a piccoli passi, e annuii. “Lo so, Harry, lo so. Sono andato alla ricerca di Eroi un centinaio di volte, tastandoli tutti, e il mio istinto mi dice che lui è quello giusto. E non abbiamo tempo per essere pignoli. Stanotte c’è l’oscurità, ma domani dovrà ritornare la luce. Dobbiamo servirci di quanto disponiamo.”

Un debole grugnito richiamò la nostra attenzione verso l’uomo che giaceva sul letto di Harry. Nel frattempo il nostro ospite si era issato un po’ a sedere, ed era impegnato a toccare la propria tempia insanguinata e a imprecare senza sosta. Harry sogghignò, ridendo per un attimo. “Ebbene, dunque, Tricky, potresti avere ragione, perché egli sa imprecare come ogni altro Eroe che ho conosciuto!”

Per qualche ragione, la sua osservazione mi rassicurò. Avevo bisogno di qualsiasi tipo di conforto avrei potuto trovare, che i nostri erano tempi bui. Rimasi ad osservare mentre gli occhi mortali si liberavano a poco a poco dalle nuvole, e sperai di averci visto giusto con la mia scelta. Perché se avessi avuto torto – non potevo avere torto.

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Mulder riprese i sensi al suono di due voci, una un vocione profondo e rumoroso, l’altra stridula, veloce e stranamente familiare. Quando aprì gli occhi riuscì a mettere a fuoco solo fino a quando un’ondata di nausea lo obbligò a chiuderli di nuovo. Si mise un po’ a sedere, portò le mani al proprio capo dolorante e iniziò ad imprecare non appena le dita vennero per via appiccicose e sporche di sangue. Fantastico. Un’altra concussione, con tutta probabilità. Cazzo, Scully lo avrebbe ammazzato di sicuro.

Una tazza si materializzò tra le sue mani, e qualcuno che la avvicinava alla sua bocca. “Bevi un goccio. Ti aiuterà”. E seppur quella roba fosse leggermente amara e ricavata da erbe, bevve lo stesso. La mano che lo aiutava era incredibilmente grande e carnosa, e anche con gli occhi chiusi si accorse delle cicatrici che ne ricoprivano la superficie. Fece un altro tentativo per aprire gli occhi ancora una volta, solo per ritrovarsi a fissare l’uomo più grosso e più brutto che avesse mai visto.

Sputando quanto aveva in bocca, si spostò a tentoni sul letto arrampicandosi in parte sul muro. “Merda!”

L’uomo mostruoso scoppiò a ridere, mandando il proprio fiato, un’ondata fetida, nella sua direzione. Mulder si sentì soffocare, rischiando di perdere quel poco che aveva inghiottito. “Chi diavolo sei tu?”

Un altro uomo apparve alla sua vista, più piccolo, più esile e piuttosto gradevole d’aspetto, stando a quanto si poteva scorgere da sotto il cappuccio del mantello. “Lui è Harry”, gli disse con un sorriso sottile col quale invitava Mulder a prendere parte al gioco [1]. Mulder lanciò un’altra occhiata al gigante e notò che era, infatti, notevolmente irsuto. Ma solo con riluttanza sorrise al secondo uomo.

“Ok, va bene. Prossima domanda: dove diavolo mi trovo?” e a quel punto decise di scivolare giù dal muro in modo che il suo sedere si posasse di nuovo sul materasso.

Harry gli sorrise, un movimento che ebbe l’effetto di fare cose terribili alla sua faccia. “Sei nel mio covo” gli rispose, provocando un dolore assurdo all’abusato cranio di Mulder con quella sua voce tonante. “La Caccia ti ha portato quaggiù, e noi dobbiamo portarti dalla Signora quando siamo sicuri che le tue cervella non sono andate a male.” Gli mise la tazza di nuovo tra le mani, gesticolando affinché finisse di bere. “E’ meglio che bevi, la testa ti farà meno male dopo”. Mulder si rese conto che sul suo volto l’incredulità era palese per quelle parole, e per questo Harry rise ancora. “Non hai motivo di aver paura, giovanotto. Io mangio solo chi abbisogna di essere mangiato, e non voglio contaminare la mia carne con veleno prima del tempo, in ogni caso.”

A quel punto, Mulder riprese la tazza e la impugnò con entrambe le mani per mantenerla il più ferma possibile. Aveva la netta sensazione di essere proprio caduto nella tana del coniglio quella volta. “Uh, grazie” mormorò e, sorseggiando la bevanda con circospezione, rimase stupefatto nell’accorgersi che davvero gli alleggeriva la testa. Allora volse lo sguardo ancora una volta verso l’altro uomo; come era stato per la voce, qualcosa nella conformazione del suo corpo e nel luccichio dei suoi occhi verde giada era familiare in un modo inquietante. “Puoi spiegarmi cos’ha appena detto?”

L’altro annuì, avvicinandosi al letto. “Posso provarci, ma molto dipenderà da te. Dalla tua propensione a voler credere.” Pronunciò quelle parole con gravità, con una leggera inclinazione del capo, come se fosse in attesa di qualcosa.

Mulder posò la tazza e avvicinò le ginocchia al petto, avvolgendole con le sue lunghe braccia sino a raccogliersi in un gomitolo. “Va avanti. Sono noto per essere incline a – possibilità estreme.” Una sottile ironia accompagnò quelle parole, incapace com’era a resistere anche alla più piccola concessione all’auto derisione.

L’uomo allora andò a sedersi di fronte a lui, togliendosi il cappuccio con attenzione, rivelando sopracciglia affilate ma di traverso, e orecchie appuntite piuttosto che curve. “Questo è un bene, perché sono convinto che siamo in procinto di entrare in qualcosa di assolutamente estremo, in cui tu ricoprirai un ruolo molto importante.”

Mulder soffocò l’impulso di allungare una mano e tracciare le linee di quella fronte così vicina a lui. “Davvero?” rispose, a cui seguì un suono che era a metà strada tra ‘uh’ e ‘hmm’. “Per favore, non dirmi che vieni dalla flotta stellare di Star Trek.”

A quello l’uomo sorrise, ma la cattiveria divertita nascosta dietro al sorriso pizzicò qualcosa nella memoria di Mulder. “Non ti aspetterai sul serio che io ti creda quando dai importanza a tutte quelle storie sugli UFO, vero? No, non vengo dallo spazio.” E il sorriso si trasformò in un ghigno, diventando più acuto di prima. “Vengo da Faery.”

Mulder reagì raccogliendosi ancor di più intorno a sé stesso, spingendo la testa verso le ginocchia mentre la stanza iniziava a girare intorno a lui. Tutta quella situazione stava progressivamente sfuggendogli di mano. Aveva la strana sensazione che in realtà si trovava in una stanza chissà dove legato mani e piedi con tanto di graziosa flebo al braccio colma di liquidi gioiosi. Questo avrebbe dovuto suggerirgli qualcosa sull’idea di mettersi di nuovo a cercare di conoscere la mente dei serial killer. Con un sospiro, alzò il volto per incontrare lo sguardo dell’altro. “Okay. Ti ascolto.”

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Alla fine li ascoltò sul serio. Il fatto per cui non mostrò scherno, derisione o che non alzasse gli occhi al cielo come sono inclini a fare i mortali gli fece onore. Si limitava soltanto a starsene lì seduto, con il mento appoggiato alle ginocchia e gli occhi grandi, ascoltandomi mentre gli raccontavo una storia che poteva essere la sua, se solo avesse accettato il proprio ruolo in essa.

Mi compiaccio di essere un buon narratore di storie; durante le mie vite ho interpretato molte parti, e quella di cantore è sempre stata una delle mie preferite. Quella notte le mie parole portavano il peso della creazione e del caos entrambi in equilibrio sulla bilancia, e immagino che egli fosse in grado di rendersene conto. Nel momento in cui arrivai alla conclusione della storia, alzò una mano e prese a rosicchiare le cuticole di una delle dita lunghe e affusolate.

“Fammi capire” disse dunque, districandosi dalla propria presa su sé stesso e permettendo ai piedi di penzolare oltre la punta del letto di Harry. “Avete bisogno di me per liberare la figlia della regina di Faery dalle forze del male, cosicché la nuova luna possa sorgere di nuovo e scacciare il loro potere in crescita?”

Harry annuì così forte da farmi pensare che la sua testa potesse staccarsi e rotolare via. Non sarebbe stata neanche la prima volta. “In sostanza, sì. La Corte ha bisogno di un campione, e il campione deve avere sangue umano – un tiro mancino per la Corte degli Unseelie, dato che i nostri poteri si equivalgono, tuttavia i nostri risultano molto indeboliti senza la luce della luna.” Mi rizzai alla mia massima altezza, infondendo le mie parole con tutta la Volontà di cui ero capace. “E’ stato trovato un Eroe in te, e perciò sei stato chiamato.”

Egli continuò a sedere, e dopo un lungo momento affondò il viso tra le mani e iniziò a tremare. I sussulti erano violenti, e se solo avessi avuto un cuore avrebbe potuto spezzarsi alla vista. Anche Harry si commosse, e si abbassò per abbracciare maldestramente l’individuo raccolto intorno a sé stesso. “Suvvia, adesso, giovanotto, non è così male come sembra” mormorò in tono sommesso con la sua voce di metallo. “Tricky e io saremo con te tutto il tempo, e tu sarai l’Eroe ma non da solo!”

Il nostro prescelto sollevò la testa e vidi che seppur il suo viso fosse bagnato dalle lacrime, erano risate a scuoterlo in realtà. “Porcaputtanamerda!” bofonchiò con difficoltà e liberandosi dall’abbraccio di Harry. “Voi volete che porti in salvo la fanciulla in pericolo. Cazzo, non sono io la persona adatta!” Scuotendo nuovamente la testa, le sue risate divennero più cupe, molto più spaventose del pianto se possibile. “Non sono io la persona giusta” ripeté ancora, e stavolta in tono dolente.

Un’ombra si abbatté su di me, e la debole luce di speranza che avevo custodito sino a quel momento si spense sino a quasi annullarsi. Se lui era davvero l’uomo sbagliato, allora tutto era perduto.

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Mulder percepì che l’omone lo attirava di nuovo tra le sue braccia, e sentì se stesso tremare sino a far sbatacchiare anche i denti. “Non dire questo, giovanotto. Qui Tricky dice che sei un Eroe, e lui ne ha visti più di quanti ne avrebbe dovuto” una mano enorme si posò sul suo petto “non lo avrebbe detto se non era vero. Un Eroe deve attraversare fuoco e fiamme per poterlo capire, e anche allora quelli presuntuosi non valgono granché.”

Mulder scosse la testa negando automaticamente. “Io l’ho attraversato il fuoco. Alluvioni e pestilenze, anche. Se io fossi davvero in grado di salvare fanciulle in pericolo riuscirei a ritrovare mia sorella. Scully vivrebbe felice chissà dove con 2,3 bambini. Io avrei una cazzo di vita sociale – e non così, che sono soltanto un infelice figlio di puttana che non riesce a fare a meno di vomitare sulle foto della scena del crimine.” In quel momento le braccia di Harry si fecero più gentili intorno a lui, ed egli si riscoprì a propendervi nonostante il fetore. “Non sono la persona giusta.”

L’uomo dagli occhi verdi scosse la testa. “Non c’è nessun altro, mortale. Se noi dovessimo fallire, perderemmo la luce per sempre. Fallendo, non sarebbe solo il nostro mondo ad essere gettato nelle tenebre, ma anche il vostro. Gli Unseelie si nutrono di voi; non monitorati, finirebbero per decimare la tua specie. Di già, durante il nostro declino i loro atti predatori sono aumentati. Giovani vergini violate e consumate. Questo è ciò che ti ha portato da noi, perché sapevo di te.”

Mulder alzò la testa di scatto e il suo corpo si irrigidì nell’arco di un secondo. “Le bambine? Sono stati loro ad uccidere le bambine?” Respirava rumorosamente dal naso, come un segugio che ha annusato la preda. “Sono loro a eviscerarle e a mutilarle?” Qualcosa di sommesso ma glaciale iniziò a muoversi dentro di lui, qualcosa che somigliava tanto a rabbia.

L’essere chiamato Tricky annuì, e misurò la piccola stanza coi propri passi. “Esatto, è opera loro. Ed è solo l’inizio di quello che faranno davvero se non riportiamo indietro la Fanciulla.” Quindi si girò verso la sua direzione, lo sguardo acceso. “Un Eroe non ha bisogno di essere perfetto – solo dev’essere pronto a morire se necessario. Non ho mai pregato nessuno in duemila anni, ma lo farò con te se è questo ciò di cui hai bisogno.” Detto ciò fece come per mettersi in ginocchio, ma Mulder lo anticipò.

“Lascia stare, lo farò. Se tutto ciò che serve è la propensione a morire nel tentativo, allora forse sono davvero il tuo uomo.” Si mise anche a sogghignare per quello, ricordandosi di un cadavere nel suo appartamento e delle voci sulla sua presunta morte. “Preferirei che fosse qualcun altro a lasciarci le penne, ma facciamo quello che possiamo, no?”

“Sei sulla buona strada per diventare un Eroe coi fiocchi, giovanotto!” intonò Harry, dandogli una pacca sulla spalla e facendolo vacillare sotto alla forza del colpo. “Adesso ti ripuliamo e ti portiamo dalla Signora. E’ lei che ci aiuterà a studiare un piano, e ti darà i nostri vessilli da indossare!”

Mulder annuì. “Fai strada.” Se davvero si ritrovava bloccato a Faery, oppure legato da qualche parte in un letto d’ospedale, aveva la netta sensazione che le cose si stavano facendo comunque interessanti.

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Iniziammo a camminare insieme nella notte, e il nostro Eroe si guardava intorno con aria perplessa. “Tu vivi sotto un ponte?” chiese a Harry incredulo. “Merda, e io che pensavo che casa mia fosse un buco..”

Harry ridacchiò. “Quello è il mio covo, questo è certo. Che altro posto ti aspettavi per un troll, eh, giovanotto?” E rise ancora più forte dopo che gli occhi dell’Eroe si spalancarono a dismisura. “Sta tranquillo, Eroe. Io mangio soltanto quelli che hanno bisogno di essere mangiati.”

L’Eroe lanciò uno sguardo furtivo nella mia direzione, quindi un altro a Harry. “Qual è la tua definizione di ‘fabbisogno alimentare’?” chiese allora con diffidenza.

Harry si grattò la testa, ne estrasse qualcosa di piccolo che si dimenava e lo mise in bocca gustandolo apertamente. “Bè, circa un anno fa c’era questo tizio che vendeva fanciulle minuscole, nemmeno un morso scarso ancora. Le picchiava ferocemente, ne uccise anche una. Era grasso e oleoso, ma venne giù abbastanza tranquillamente.”

Eroe si fermò un attimo, inclinando la testa leggermente su di un lato come se stesse elaborando l’informazione. Un momento dopo annuì con decisione. “Mi sta bene” disse, e riprese a camminare. Per quello Harry gli diede una pacca sulla schiena, facendolo inciampare, ed era come se le precedenti riserve del troll si stessero dissolvendo gradualmente.

Aprendo la mia tunica, tirai fuori l’abusato corno di ottone che di solito stava appoggiato alla mia pancia, e suonai una singola nota assordante. Un attimo dopo arrivarono tre motociclette, ognuna guidata da un silenzioso conducente dall’elmetto scuro. “Portateci dalla Signora” ordinai, cercando di non rabbrividire sotto i loro sguardi inespressivi. Quei tre rappresentavano la magia più antica, precedente di molto i miei stessi natali, tracce residue della violenza rilasciata durante la creazione. Socchiudendo gli occhi, potevo scorgere destrieri scalpitanti sotto di loro, e corna degne di cervi maschi che circondavano i caschi da motociclista.

Eroe salì su una delle moto completamente a proprio agio, reggendosi con attenzione. Lanciò un’occhiata nella mia direzione, e in modo pomposo dichiarò: “Caccia selvaggia, eh?” Parte della tensione che mi attanagliava svanì in quel momento; perfetto, era un bene che non fosse del tutto ignorante della situazione. Annuii a quanto aveva detto, e il suo buffo viso divenne eccessivamente pensieroso. Cosa aveva mai forgiato la tempra di quest’uomo, in grado di rimanere seduto dietro ad uno dei Motociclisti in completa immobilità, per nulla turbato? Cosa aveva fatto di lui ciò che era diventato?

Mi rammentai del momento in cui lo definii un Eroe, del luccichio opaco dei suoi occhi seppur stesse ridendo istericamente. I suoi occhi erano come le visiere dei caschi dei membri della Caccia – offuscati, ma infiniti allo stesso tempo. Magari il nostro Eroe possedeva una magia tutta sua nel profondo. Potevo solo sperarlo. La speranza era tutto ciò che mi restava.

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Inizialmente, Mulder non prestò attenzione alle strade vuote e alle case silenziose, ma dopo un po’ iniziò a sembrargli strano come non ci fossero altri veicoli in giro, che tutte le luci, tranne quelle dei lampioni, fossero quasi assenti. Per la prima volta quella sera, la percezione di una ‘oltre-mondanità’ gli apparve chiara. Con estrema concentrazione osservava il mondo fatto d’ombre che sfrecciava ai suoi lati, e si accorse di deboli ombre che sembravano ondeggiare al suo passaggio, di strani volti che lanciavano occhiate furtive nella sua direzione da alberi, massi o auto abbandonate. Una bizzarra, frenetica sensazione corse lungo la sua schiena. Si chiese chi, nel momento in cui avesse guardato in uno specchio, avrebbe ricambiato il suo riflesso.

Si rese conto che si stavano avvicinando alla zona industriale, e scosse la testa con incredulità non appena si fermarono dinanzi ad un capannone malandato. “Che diavolo è successo alle colline incavate?” bofonchiò mentre scendeva dalla moto.

Tricky era al suo fianco, le sue orecchie appuntite in grado di captare anche quel commento appena sospirato. “L’avanzamento della città. Trecento anni fa questa era una Collina. Ci siamo trasferiti a ritmo sostenuto in questo posto, avendo abbandonato i nostri Luoghi a malincuore. Col tempo questo posto potrà perdere la sua componente magica, ma è casa per adesso.” Ma il suo sorriso era largo ed incontrollabile e, con un cenno della mano, invitò Mulder a precederlo mentre si inoltravano nei meandri dell’edificio.

Una volta all’interno, Mulder non poteva vederli, però era in grado di percepire quanti assistevano al suo ingresso nel cuore della roccaforte di Faery. Nessuno si lasciava fuori dai limiti del suo campo visivo, bizzarre figure quasi umane che lo osservavano con grande interesse. Tra di esse si udì anche qualche sospiro di disappunto, e a ciò egli annuì in pieno accordo: neanche lui era sicuro di volere vedere presentarsi uno col suo stesso aspetto se stava sperando per l’arrivo di un salvatore.

Nel cuore dell’edificio si trovava una pedana rialzata, leggermente illuminata da ogni angolazione. Vi sedeva, su una sedia intagliata e palesemente ricavata da un albero vivente, una figura in tunica verde, incappucciata e di piccole dimensioni. Harry prima e Tricky subito dopo si inchinarono profondamente al suo cospetto, con movimenti che risultarono lenti e aggraziati. Mulder abbassò il capo, ma non fece cenno di voler rendere omaggio anche lui. Semplicemente osservò la figura incappucciata, in attesa.

Infine la donna annuì, togliendosi il cappuccio. “Benvenuto, Eroe. Devo credere che il mio amato Puck abbia fatto un’ottima scelta.”

Mulder sentì come se il terreno ondeggiasse sotto i suoi piedi, e cadde sulle proprie ginocchia in un misto di supplica e negazione. “Mamma?”

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Il volto dell’Eroe era pallido come la pancia dello Sluagh, e mi venne in mente che fosse in procinto di svenire. A quanto pare anche Harry ebbe lo stesso pensiero, perché si mosse al suo fianco, passando un braccio robusto quanto un tronco d’albero intorno all’uomo che continuava a barcollare. Per un momento mi accigliai, e guardai con disapprovazione in direzione della Signora, che accettò l’espressione del mio volto annuendo graziosamente e con un sorriso imperscrutabile. Poco piacevole, mia Signora, molto poco piacevole, anche se assolutamente brillante.

Harry rimise Eroe in piedi, aiutandolo in modo che potesse sedersi vicino alla sedia della Signora. “Mamma?” ripeté ancora, in modo strano e con la voce strangolata. Allungò una mano verso di lei. Sotto le sue dita, la Signora divenne della consistenza dell’acqua, scorrendo e cambiando forma, diventando una donna più minuta dai capelli color rame.

“Io sono tutte le cose, tutte le donne” gli rispose, la voce glaciale al pari del blu dei suoi occhi. Un improvviso rivolo di sangue cadde giù dal suo naso, andando a schizzare il volto adesso girato dell’Eroe. La Signora cambiò di nuovo forma, diventando ancora più piccola, esile come uno spettro – un fantasma dalle trecce scure. “Tu devi aiutarmi, Fox. Devi aiutarmi!” supplicava, allungando mani eteree verso l’Eroe. Si trasformò ancora, di nuovo la donna dai capelli rossi, ancora sanguinante. “Devi salvarci tutti, Mulder, perché senza la Fanciulla siamo incompleti, corrosi dall’interno.” Altro cambio, e riapparve la vecchia dalla capigliatura argentata, il viso paffuto cadente e contorto su di un lato. “Aiutaci, figliolo. Riporta da noi la Fanciulla.”

L’eroe balzò in piedi, afferrando la Signora per il mantello verde. “Smettila! Smettila subito!” Un silenzio sbigottito cadde per tutta la Sala; il suo respiro affannoso rimbombava come fosse un tuono. “Ho detto che vi avrei aiutato, non hai bisogno di ricorrere a maledette menzogne per convincermi!” sibilò a denti stretti.

Qualcosa di molto simile alla gentilezza prese posto sul viso storto della Signora, levigandolo. Con una forza spaventosa rilasciò la presa dell’Eroe su di sé, quindi portò le sue mani a posarsi contro il suo petto, gentilmente. “Non è un inganno, Eroe. Io sono tutte queste donne, che sono dentro di me. So quello che provano, io sono quello che loro sono. Io sono lo specchio del mondo” spiegò a bassa voce.

L’eroe ricadde all’indietro, inginocchiandosi al suo cospetto. “Tu sai dove si trova mia sorella?” chiese allora con voce piccola, come se avesse avuto paura della risposta.

L’espressione della Signora si rabbuiò. “La Fanciulla è parte di me, ma questo è tutto ciò che possiedo di lei. Il resto non mi appartiene.” Allungò una mano e con essa gli accarezzò gentilmente il volto. “Questo non significa che sia morta” gli disse, cercando di contrastare lo sconforto che tutti potevamo vedere aumentare nei suoi occhi. “Solo che è stata portata via dal mio regno.” Quindi indietreggiò, rilasciandolo, perdendo ogni affabilità. “Dunque, Eroe. Sei disposto ad accettare la causa? Darai la tua vita per essa? Per riportare indietro la Luce?”

Egli si rimise in piedi, il corpo teso e discordante a causa di tutta la magia incontrollabile che prima avevo percepito in lui. “Sono pronto, a patto che voi tutti mi obbediate completamente. Non posso ritenermi responsabile altrimenti.”

La Signora annuì. “Siamo nelle tue mani, Eroe.”

Anch’egli annuì, con forza, e si girò in direzione della sala. “Per prima cosa, ho bisogno di tutte le informazioni di cui disponete sui rapitori, così da iniziare a redigere un profilo su di loro e sui metodi che adottano. In questo modo possiamo usare le loro stesse debolezze a nostro vantaggio. Secondo, voglio il corno di Owein.” Allungò una mano nella mia direzione, occhi color nocciola frenetici e brillanti. Una parte di me era nel terrore assoluto. Un’altra voleva esultare di gioia e dare un bacio al nostro Eroe. Oh, a quanto pare non ero l’unico furbacchione [2] ad essere lì quella sera.

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Mulder osservò Tricky – o Puck? – aprire la propria tunica e slegare il logorato corno d’ottone. Il ghigno che gli fu offerto insieme al corno era un mix micidiale tra l’animalesco e la faccia da schiaffi. “E’ bello sapere di non essere l’unico Briccone rimasto” gli disse. “Scaltra e giovane volpe. Hai intenzione di prenderci tutti quanti in giro, eh, Eroe?” Rise. “Lo sai usare quell’affare, giusto?”

Mulder sollevò l’oggetto, testandone il peso prima di metterselo al collo. “Arricci le labbra e soffi” dichiarò in modo impassibile. Puck rise, buttando la testa all’indietro ed esponendo i delicati lineamenti del collo. In quell’istante nella mente di Mulder un’altra immagine si sovrappose a quella dell’Imbroglione, e per un istante fu convinto di essere in grado di dare un nome alla somiglianza, ma l’immagine scomparve non appena una lunga scia di fate, gnomi, nani e folletti accorse pronta ad aiutarlo a redigere il profilo. Facendo spallucce, lasciò che il momento passasse. Non sarebbe stato di grande importanza capirlo. Perciò si accomodò ai bordi della pedana, e iniziò a mettere in piedi una strategia.

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A metà mattinata eravamo in piena Caccia Selvaggia, in corsa lungo strade serpeggianti in direzione della roccaforte degli Unseelie, nei pressi della periferia della città. Costituivamo una processione spettrale, che marcava la strada solo di poco. Molti erano soltanto delle ombre nella luminosità inclemente; noi eravamo creature del chiaro di luna e del mistero, e il mondo alla luce del giorno era un luogo insieme strano e terrificante per noi.

Alcuni tra gli spiritelli più bellicosi avrebbero voluto prendere d’assalto le difese nemiche all’alba, ma l’opinione del nostro Eroe prevalse sulla loro. “La luce del giorno rende le cose ancora più complicate per loro che per voi” fu il suo ragionamento. “Il peso del folklore popolare però dovrà danneggiarli, quasi confinandoli all’interno della fortezza. Mezzogiorno dovrebbe coincidere con il momento della loro massima debolezza. Questo potrà venire a nostro vantaggio.” 

In quel momento se ne stava appollaiato sulla moto dietro al capo dei Motociclisti, incongruo in un paio di calzoni che qualcuno gli aveva prestato e nella giacca da corsa che indossava dalla sera precedente. Sedeva con una grazia inaspettata, fisico slanciato e aggraziato che appariva a proprio agio mentre il Motociclista guidava silenzioso. Poco contribuiva a tradire la tensione interna, come la leggera morsa delle mandibole o i casuali movimenti delle mani ai suoi lati.

Harry aveva deciso di correre insieme a me, approfittando della possibilità sia di potersi sgranchire le gambe che di muoversi liberamente in un mondo dove nessuno si sarebbe spaventato dinanzi al suo aspetto o alla sua stazza. Quel giorno ci trasferimmo completamente nel Regno, e non osammo infiltrarci in quello dei mortali. Anche lui appariva del tutto fuori luogo, avendo rinunciato alla sua vecchia e nodosa clava in favore di uno sgargiante e potente fucile di plastica ad acqua. Era stata una vera impresa tentare di trovare guanti di propilene per coprire le sue zampe callose, ma uno dei saccheggiatori era riuscito a scovare la sezione ‘alti e robusti’ nel negozio locale di materiale da lavoro.

Quando si accorse che stavo osservando l’atrocità al neon che si trascinava dietro scosse la testa. “Sembro un idiota coi fiocchi, non è vero?” chiese con un altro dei suoi spaventosi sorrisi. “Però, questo tuo Eroe ci sta vedendo giusto, no? Ha strategia, ha, e idee intelligenti. E’ un altro furbacchione, che pensa trasversalmente come fai tu.”

Ricambiai il suo sorriso. “E’ questo il dono dei mortali, il perché sono dei grandi Eroi. Loro non sono bloccati dal tempo e dalle tradizioni come lo siamo noi. Possono realizzare le cose più inaspettate!” Guardandomi intorno, mi accorsi di una treesister che quasi non si riusciva a vedere dietro ai guanti di protezione e alla pistola ad acqua, un nano che imprecava senza sosta sotto il peso degli utensili elettrici che trasportava. Non aveva bisogno di aiuto, nonostante tutto; essendo sia fabbro che minatore, non aveva ragione di temere il ferro dei mortali. “E non è meraviglioso quello che non ci aspettiamo?” Risi ad alta voce in quel momento, facendo sì che alcuni si girassero brevemente verso di me. Ma ero abituato ai loro sguardi, e non mi causarono nessun problema.

“Può essere” Harry rispose, col fiatone perché stavamo procedendo lungo un pendio particolarmente ripido. “Soprattutto se sono lo Sluagh e i divoratori di anime quelli ad essere inaspettati!” Mentre parlava tastava il peso del fucile ad acqua che aveva in mano, il lento sguazzare del liquido all’interno. Sembrava essere rassicurato da quell’oggetto, ma notai quanto fosse attento a non mantenerlo troppo vicino al proprio corpo, e di questo ne fui grato. I troll puzzano già abbastanza; uno inzuppato richiederebbe settimane per dimenticarsi dell’odore.

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A meno di mezzo chilometro dall’obiettivo egli li fece fermare, saltare giù dalle moto e lasciarsi dietro i Motociclisti. Si mossero in un silenzio senza fretta in direzione del nascondiglio dei rapitori; era di fondamentale importanza continuare a lasciarli all’oscuro di tutto.

Mulder fece una smorfia per i termini che aveva scelto. Rapitori. Nascondiglio. Diede una veloce un’occhiata dietro si sé, alla schiera di pookahs, coboldi, manitou e sidhe che lo seguivano. Ma chi diavolo stava cercando di prendere in giro? Egli era l’Eroe a due minuti dall’irrompere all’interno della Corte degli Unseelie e dal rilasciare la Luna Nuova. Quasi poteva sentire Scully afferrare il suo viso, alzargli le palpebre e dare una controllata alle pupille.

Presto raggiunsero la roccaforte, una vecchia discarica in rovina che adesso non era molto altro che una distesa di detriti in frantumi. Mulder si fermò di fronte alla palizzata fatta di metallo rinforzato intrecciato da filo spinato. “Quindi qui è dove si nasconde l’uomo nero, eh?” chiese a Puck a bassa voce, il quale si era spostato al suo fianco. “Ricordami di prenderlo a calci nelle palle il bastardo quando lo incontro. Gliene devo quattro.”

“Egli non le ha le palle. Ma strappargli il naso immagino che avrà lo stesso effetto” il Furbacchione spiegò tutto quello in tono grave. Mulder lo guardò con dispiacere.

“Siete tutti quanti determinati a mandare a quel paese ogni mia illusione per caso?” bofonchiò. “Fa venire qui i nani. Voglio un’apertura in questo recinto prima di iniziare ad attirare troppa attenzione su di noi. Fai posizionare i troll attorno al suo perimetro, e tutti quelli con le ali possono andare in perlustrazione. Chiaro?” /Quelli con le ali? Cazzo./

Puck sogghignò con l’aria di chi la sa lunga, conscio del pensiero che era appena guizzato nell’espressione di Mulder. “Sì, certo, non saremmo agenti federali addestrati ma abbiamo qualche asso nella manica anche noi” disse, prendendolo in giro solo in parte.

Il suo esercitato schierato secondo la sua volontà, Mulder aspettava con poca pazienza che due nani ben piantati ritagliassero un’apertura nella recinzione. Quando ultimarono, il metallo era ancora caldo, ed egli ne rimase marchiato mentre conduceva gli altri dentro al recinto. Al centro vi era un garage in rovina insieme a diversi fabbricati annessi. La loro vittima si trovava lì dentro con molta probabilità, ma raggiungerla sarebbe equivalso a un percorso lungo e complicato innanzitutto, senza mettere in conto chissà che tipi di trappole e tranelli erano disseminati nel tragitto e che si celavano tra loro e il loro obiettivo.

“Per non parlare delle guardie” Puck continuò in tono sommesso, gli occhi verdi socchiusi a causa del sole di metà giornata. Anche Mulder corrugò la fronte in quel momento.

/Ma te ne vai in giro dentro la mia testa?/ Mulder lo osservò apposta, e vide il Furbacchione stringere le labbra come se stesse soffocando un sorriso. /Non lo farei, se fossi in te. E’ un maledetto posto incasinato, con trappole e guardie tutte sue./

Puck allungò una mano e con leggerezza sfiorò la tempia dell’agente. “Esisto da millenni. Non c’è niente lì dentro che non abbia mai visto prima.” La sua voce divenne rauca, aspra, e il luccichio che si nascondeva dietro i suoi occhi socchiusi mise Mulder a disagio. L’essere fatato ritirò la mano nel momento in cui il suo sguardo fece ritorno al cortile di rottami. “Allora, che si fa adesso, Eroe?”

Mulder diede un’occhiata a destra e a sinistra, quindi fece spallucce. “Ci apriamo a ventaglio tutt’intorno, coprendo ogni angolo. Inchiodiamo chiunque incroci il nostro tragitto. Lottiamo fino alla vittoria. O alla morte.” Mulder sorrise mostrando i denti, faccia da schiaffi al suo apice. “Siamo tutti eroi qui” disse ridendo, e la cosa faceva un effetto eccellente, molto più di quanto avrebbe mai immaginato.

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Il nostro Eroe era tutto se non puntiglioso. Inchiodare chiunque incroci il nostro tragitto. Quali inclinazioni poetiche possedeva! A qualche metro dall’inizio della nostra avanzata ci imbattemmo in un manipolo di boggart addormentati, minuscoli esseri ripugnanti muniti di denti piccoli e affilati. Teppisti di strada, per dirla al modo degli umani. Ringhi e sibili potevano essere uditi mentre tentavano di circondare la piccola treesister che aveva urtato contro la panciuta vecchia credenza nella quale si trovavano. Mulder alzò la pistola sparachiodi e fece fuoco prima che la piccola potesse gridare molto altro se non ‘attenzione!’

Ben presto otto boggart erano già cadaveri, imbottiti di freddo metallo. Sibilavano e scoppiettavano e friggevano per la rabbia, mentre l’odore era già abbastanza a far rivoltare lo stomaco. Rimasi a guardarne uno, l’ultimo, che si dissolveva in una poltiglia salmastra sul terreno compresso. “Tra le loro urla e il fetore, gli altri si saranno già svegliati” avvertii, anche se di già altri iniziavano ad affrettarsi, e le baracche fremevano prendendo, per quanto esitante, vita. Esseri oscuri, orripilanti, saltavano fuori alla luce del sole, e sebbene fosse mezzogiorno, era come se anche la luce stessa esitasse, abbassandosi alla loro presenza.

Alzai in alto il mio fucile ad acqua, e puntai al primo che mi venne davanti, uno Sluagh pallido e rigonfio, e lasciai andare uno spruzzo di acqua benedetta. L’essere iniziò a far fumo, a gemere e a barcollare, ma ugualmente si lanciò verso di me. Il rumore sordo dell’aria compressa risuonò dietro di me in quel momento, e una sequenza di aculei eruppe sul viso sbiancato dello Sluagh. Sangue scuro e salmastro prese a zampillare dalle ferite, e subito feci un balzo all’indietro per evitarne il flusso corrosivo. Mi girai e mi ritrovai davanti un nano dalla pelle scura che sorrideva con gioia perversa.

“Potrei” disse ruminando, la sua voce come fosse stata granito su ghiaccio “abituarmi a tutto questo.”

Risi alle sue parole, e insieme continuammo il nostro assalto.

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Fox Mulder faceva fuoco con la sua pistola sparachiodi ad aria compressa con ponderata precisione, distruggendo ogni tipo di creatura che incrociava il suo tragitto mentre continuava ad inoltrarsi all’interno della fortezza degli Unseelie. Al principio aveva paura che potesse accidentalmente uccidere uno dei suoi in un caso di ‘fuoco amico’, ma non c’era spazio per errori tra coloro per i quali si trovava lì e quei – bruti. Ogni cosa che li caratterizzava, dai volti furbi alle affilatissime fauci, faceva sì che trasalisse ogni volta in orrore. Riassaporava le memorie di ogni incubo mai avuto mentre si occupava dell’esecuzione di un mostro dietro l’altro.

Un urlo lacerante trafisse l’aria, ed egli si girò di scatto in tempo per vedere un umanoide brutto e corpulento piegarsi sul corpo straziato di una donna dal volto d’uccello, intento a intingere qualcosa nel sangue scuro che andò a disturbare gli intestini gocciolanti. Quando l’uomo si rimise in piedi, portò un cappello alla propria testa, umido e luccicante. Il folklore popolare sussurrò un nome all’orecchio di Mulder: Red Cap. Creature tra le più spietate che si potevano annoverare tra i guerrieri, che erano solite intingere il loro copricapo nel sangue delle loro vittime. E quello era definitivamente un Red Cap.

Merda.

Puntò la pistola sparachiodi verso l’essere seppur quest’ultimo si stesse già lanciando nella sua direzione, e anche dopo, vacillando sotto l’effetto dell’impatto del ferro, sibilante e fumante, l’essere/cosa non cambiò direzione, né cadde all’indietro. Un sorriso famelico si formò anzi sul suo viso, rivelando denti affilati come un rasoio dello stesso colore del sangue arterioso. Mulder fece cadere a terra la pistola sparachiodi, prese in mano il fucile ad acqua sgargiante come un neon che teneva alle spalle e, mirando con cura, sparò un getto di acqua benedetta dritto in bocca al Red Cap che si stava avvicinando sino ad essere quasi a portata di mano.

Per qualche istante il mostro rimase semplicemente per dov’era, un piede ancora a mezz’aria, per poi oscillare e contorcersi e iniziare ad ululare. Un secondo, e quindi esplose in una fontana zampillante di viscere ed ossa salmastre. Mulder indietreggiò, ma lo stesso fu raggiunto da una parte degli spruzzi; e scoprì che bruciavano in maniera infernale. Usò per sé una spruzzata di acqua benedetta, e seppur ciò fosse abbastanza per alleviare il bruciore, già poteva accorgersi delle aree di pelle bruciata che si estendevano lungo braccia e mani. Nonostante ciò, con un’alzata di spalle si lasciò dietro i resti nauseabondi del Red Cap per continuare la sua missione in direzione dei fabbricati annessi.

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Eroe, Harry ed io ci incontrammo giusto fuori l’edificio principale, e insieme abbattemmo la porta d’ingresso. Dentro era più buio di una notte senza luna, ad eccezione di una luce smorta che tremolava in profondità. Percepii la Sua presenza, debole e minuta, vibrante ai lati della mia mente come fosse una falena morente. “Lei è qui” dissi sottovoce, ma non sottovoce abbastanza.

“Questo è vero, Puck, e siete qui anche voi, ma nessuno se ne andrà più via.” Mi girai per ritrovare Lui Stesso in piedi dinanzi a me, elegante e slanciato e del tutto divertito da tutta quella situazione. “Ancora alla ricerca di Eroi, dunque, Puck? Ancora al Suo servizio così come un tempo eri al mio? Sei ancora il suo pupazzo così come sei stato da quando questi miserabili mortali hanno distolto la Sua attenzione da noi?” domandò, proprio come se fossimo stati in conversazione, amabilmente.

“E’ molto meglio trovare Eroi che allevare vipere” risposi, guardandolo dritto negli occhi, senza indietreggiare di un millimetro. Strano, che in mezzo a tanta bruttura, fosse ancora così attraente. “Ruadan, questa malattia diviene da te. Lei si fidava di te.”

“Non fa altro che starsene seduta e non fare nulla mentre tutti quanti precipitiamo nell’oblio” fu la sua controbattuta, il volto scintillante che si rabbuiava a causa della rabbia. “Le nostre Sale sono in polvere e le nostre colline profanate. I mortali distruggono qualsiasi cosa nella creazione e si dimenticano di tutto ciò che gli abbiamo dato. Il loro fievole cervello riesce solo ad afferrare le parti più oscure, l’uomo nero e i vampiri, ed è a loro che va tutto il vero potere che rimane.” Con un gesto della mano congedò il tutto in modo arrogante. “E quindi, così sia. E come si dice, meglio regnare all’inferno.” Sorrise, allora, l’espressione buia e contorta. “Se gli Unseelie sono gli unici rimasti ad essere forti abbastanza, che sia così. Ed è tempo che ci riprendiamo ciò che è nostro di diritto.”

“E chi vi dice sia vostro?” Eroe allora chiese in quel momento; il tono della sua voce era pacato e ragionevole, e mi terrorizzò sin nel profondo. “Chi ve ne ha dato il diritto?”

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Egli non era ciò che Mulder si era aspettato. In qualche posto nella sua immaginazione, il Signore della corte degli Unseelie era stato dipinto come un mostro: un gigante, magari, o un orco di qualche tipo. Forse anche come certe imponenti figure demoniache. Ma neanche per una volta aveva pensato ad un uomo alto ed elegante, dalla pelle scura e a tratti dorata, dai capelli marroni che si arricciavano e si muovevano su spalle larghe. L’unico tratto mostruoso di Ruadan era la sua arroganza. Egli era un mostro della stessa pasta del Fumatore e di altri come lui, e all’improvviso Mulder si riscoprì invaso dalla rabbia.

“Chi vi ha dato il diritto?” ripeté, con calma, ma l’ira nascosta dietro alle parole era inconfondibile, e Ruadan si rese ben conto dell’acciaio celato sotto al velluto; il suo sguardo si irrigidì non appena si concentrò sull’agente federale fuori luogo come un pesce fuor d’acqua che gli stava di fronte.

“Il diritto è sempre stato a mia disposizione” rispose infine, il tono della voce pigro, a tratti derisorio. “Noi eravamo già qui quando i tuoi simili si toglievano le pulci l’uno dall’altro. Noi eravamo i Signori di Tutte le Cose, e voi nient’altro che animali che avevano imparato a camminare su due zampe. Vi abbiamo fatto dono della musica, dell’arte, della poesia, e voi le avete storpiate e imbrattate e infangate senza mai capire cosa vi avevamo dato. Tutt’ora siete animali, e niente di più.” Le sue parole erano distaccate, quasi senza rancore, e quello da sé fu abbastanza per Mulder per farlo rabbrividire in uno strano miscuglio di rabbia e repulsione. Per poco riuscì ad inghiottire un ringhio sommesso.

Ruadan si accorse della rabbia dell’agente, ma se ne congedò con un sorriso sdegnoso. “Piccolo eroe. Piccolo cercatore della verità. Dovresti sapere a questo punto che certe verità risultano sgradevoli alla fine. Anche se ciò non le rende meno vere.” Quindi allungò una mano, e strofinò una delle dita lunghe e curate sulla guancia di Mulder. Per un momento l’agente vide pelle gialla e macchiata, e percepì l’odore di fiammiferi spenti.

“Ho visto cos’hanno fatto i tuoi simili, cosa si sono lasciati dietro” Mulder ribatté in tono al Signore degli Unseelie, spingendo la mano di Ruadan lontano dalla propria faccia e grattandosi la guancia. “Piccole vergini, aperte come portafogli su lenzuola rosa, violentate e deturpate e contaminate dalla vostra volgarità. E’ questa la tua arte, Ruadan? E’ questa la tua poesia? I tuoi mezzi sono fatti del sangue e delle ossa degli innocenti? E’ questo tutto ciò che rimane di te, la bruttura, il mostruoso, il profano? Il tuo potere adesso giace soltanto nella violazione di bambini? Tutto questo fa di te l’animale, bastardo che non sei altro, e non me, non i miei simili.” Mulder sollevò la pistola sparachiodi e sparò diversi colpi in rapida successione verso il volto di Ruadan, cosicché una corona arrugginita di spine si levò quasi subito da quest’ultimo, e le tenebre dentro di lui zampillarono fuori, imbruttendolo. Mulder rabbrividì di fronte a tutto quello, e poté percepire, odiandola all’istante, un’oscurità simile ribattere dentro di sé.

“Ne ho abbastanza! Non ho nessuna pazienza per te!” Ruadan ringhiò, staccando via i chiodi dal proprio volto. “Ormai non c’è più spazio per gli Eroi, mortale. Nulla di tutto quello che è accaduto nella tua misera, patetica piccola vita te l’ha insegnato questo?” Ruadan si fece più vicino, e la sua voce cambiò, diventando quella di William Mulder. Il fiato che lambiva il viso di Mulder d’improvviso sapeva di whiskey, e dell’eco di fumo di sigarette. “Maledizione a te, ragazzo. Eravamo sicuri quando lei era con te. Era compito tuo badare a lei. Proprio non potevi fare nulla per proteggerla?” La voce mutò ancora, e divenne quella di Walter Skinner. “E dove sarebbe andata l’agente Scully, agente Mulder? Non ha nessuna risposta a questo?” Mulder serrò gli occhi, provò a coprirsi le orecchie, ma Ruadan trovava sempre il modo per scavalcare le sue difese, quella volta riportando l’eco delle parole di Bill Scully. “Lei non è altro che un figlio di puttana” sibilò a pochi centimetri dal viso altrui, marchiandolo come fosse stato acido e con le stesse modalità che lo avevano segnato per tutta la vita.

Togliendo le mani da sopra le orecchie, Mulder diede un potente spintone a Ruadan, spingendo il Signore degli Unseliee via da sé. “Se io non conto nulla, perché ti stai impegnando così tanto per convincermi che non valgo niente?” chiese e denti stretti. “Perché le guardie allora? Perché questo buco nel terreno nel bel mezzo della desolazione umana? E’ perché sei debole? Perché hai bisogno di me, non importa quanto ci detesti? Sono soltanto le nostre maledette credenze a renderti vero? E ciò che noi crediamo può anche essere la tua fine, non è vero, Ruadan? Tu ci odi, semplicemente perché ci siamo dimenticati di te, perché non sentiamo più il cazzo di bisogno di te.” Mulder sogghignò apertamente al Signore degli Unseelie, tirando respiri brevi e ravvicinati tra di loro, come se fosse impegnato nel rush finale in una maratona. “E adesso chi è il figlio di puttana, eh, insignificante piccolo bastardo?”

Anche Ruadan emise un ringhio dopo quelle parole, il suo viso ormai contratto dalla rabbia. “Io non ho alcun bisogno di te, mortale, o di altri della tua pestilente specie. Dopo stanotte, tu sarai il primo tra quanti saranno sacrificati per me, e poi vedremo chi ha bisogno di chi!” Egli sbatté allora i palmi delle mani, e due Sluagh si fecero avanti, trascinando una giovane che si dimenava senza sosta. “Guardala, Eroe. Venticinque anni dopo, e la perderai di nuovo come la prima volta.”

La fanciulla era minuta e dai capelli scuri, la stessa giovane che la Signora aveva mostrato loro in precedenza. Mulder allungò una mano, e un suono sommesso e strozzato uscì dalla sua bocca. “Sam” disse, piangendo. “Oddio, Sam!”

La giovane si ritrovò tra le sue braccia, ripetendo il suo nome all’infinito e affondando il viso nell’incavo del suo collo. Le mani di Mulder si affondarono nei suoi capelli sciogliendo le trecce, in modo da avervi maggiore accesso. La stringeva così forte, pur sapendo che si trattava di un’illusione, ma avendo paura, allo stesso tempo, che ciò potesse essere l’incontro più vicino al vero che avrebbe mai potuto avere. Dopo che un lungo, lungo istante passò, egli alzò a sé il suo viso, baciando le sue guance e gli occhi gonfi. “Tu risorgerai di nuovo” promise, ed era la verità, una verità, l’arma più potente a disposizione dell’Eroe.

“Andate indietro” sospirò a Harry e Puck con voce bassa e aspra. “Uscite, ritiratevi e correte come pazzi.” Quindi rivolse il proprio sguardo verso Ruadan, il cui viso opaco dalla pelle dorata era contorto in disprezzo. I loro sguardi rimasero bloccati in una battaglia silenziosa per parecchi lunghi minuti.

“Non gli servirà a niente” Ruadan disse infine, scuotendo la testa. “Quando rimane la Luna Nera, la Luna Nuova muore, così come muoiono anche loro. Tu stai soltanto rimandando l’inevitabile, Eroe.”

Mulder però sorrise a Ruadan, con un’espressione brutta, tremenda. “Non credo, Ruadan. Nonostante tutte le tue pretese di superiorità, dimentichi che non siete stati nemmeno voi ad essere i primi. Esistono esseri molto più vecchi di voi, e molto più potenti, e voi non potete controllarli, non potete sottometterli.” Prestando ascolto a tutto il resto con grande attenzione, udì la singola nota assordante che costituiva il segnale per il via libera. “A meno che, certamente, tu non abbia questo.” E tirò fuori dalla propria giacca da corsa il logoro corno d’ottone di Owein. Suonò una singola nota, squillante e stonata, anche se Ruadan si era lanciato avanti nel tentativo di strappargli il corno dalle mani.

Un oscuro Motociclista apparve dietro di loro, e quella volta l’intera impalcatura delle corna e i destrieri scalpitanti non erano né spettri né echi. Mulder avvicinò a sé la Fanciulla, stringendola come avrebbe desiderato fare venticinque anni prima. “Noi due dobbiamo restare illesi – qualsiasi altra cosa dentro i confini della recinzione: distruggetela. Sfasciatela. Annientate tutto.” Il motociclista annuì una volta sola, sguainò la propria spada emettendo un suono come fosse uno stallone imbizzarrito. Quindi ci fu un turbinio di luci, il capo di Ruadan che vacillò per un istante, per poi cadere al suolo, e poi il nulla. Mulder cadde in ginocchio, la Fanciulla ancora stretta tra le braccia, e in quella posizione insieme chiusero gli occhi dinanzi al vortice che ne scaturì.

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Dall’esterno, era una visione troppo orribile da contemplare. La Caccia era spietata, fruttuosa, ma sotto la superficie si celava una sorta di piacere distaccato legato ad essa che mi terrorizzava, che ci terrorizzava tutti quanti. Quegli esseri costituivano la magia più antica, la più incontrollabile, la meno conoscibile, al pari delle stelle stesse. Gli ultimi resti del Caos che l’universo era in grado di contenere senza che si ritraesse in sé stesso; osservarli mentre sterminavano la Corte degli Unseelie era come essere testimoni della fine di tutte le cose.

Dopo molto tempo fecero il loro ritorno la fissità, e il silenzio assoluto. “A te, Signora” Harry sospirò, ma si trattava di una benedizione ancora troppo debole e fragile alla luce di quanto avevamo visto.

“Eccolo che arriva!” urlò una voce piccola poco dopo, e così alzai lo sguardo in tempo per vedere il nostro Eroe uscir fuori a grandi passi dall’edificio più distante, la Fanciulla stretta tra le sue braccia, la Caccia Selvaggia che li seguiva, lupi che per il momento si erano nascosti sotto le sembianze di agnelli. Non appena giunse al cancello consegnò la Fanciulla al Capo dei Motociclisti.

“Riportala dove appartiene” gli disse sgarbatamente, il tono della sua voce intinto in qualcosa che andava talmente oltre il dispiacere al punto che molti tra le nostre fila avrebbero pianto se avessero saputo come farlo. Mulder si rivolse allora alla compagnia, facendo un gesto d’impazienza con entrambe le mani. “Tutti voi, andate via. Attirerete l’attenzione su di voi se ve ne restate qui tutti quanti. Questa è l’ultima cosa di cui avete bisogno!” Veloci allora andarono via, lasciandosi dietro pistole ad acqua e sparachiodi come unici indizi della battaglia che era stata consumata in quel luogo. Guardai Harry, e con un cenno del capo gli suggerii di partire. Egli diede una pacca sulla spalla del nostro Eroe, con gentilezza stavolta, esitando, quindi scivolò all’interno del vagabondo zoppicante che lo celava agli occhi dei mortali.

“Dunque” dissi, e lasciai che la mia voce restasse per un attimo a mezz’aria tra di noi. “Immagino sia arrivato il momento di riprendermi il corno, eh?”

Egli mi sorrise; ma c’era qualcosa di affilato in quel sorriso, qualcosa che è proprio della volpe, e ciò era abbastanza per farmi provare l’impulso di ridere. “Non ricordo di aver mai detto che lo avrei restituito” disse in tono arido. “Credo che mi tornerà di nuovo utile, per un po’ almeno.” I suoi occhi color mandorla si rabbuiarono allora, e il sorriso divenne ancora più tagliente. “Esistono altre Corti degli Unseelie, altre cose oscure che hanno bisogno di essere distrutte” disse quindi, a bassa voce, e io tremai a causa di quelle parole seppur le avessi previste. Anche questo faceva parte dei motivi per i quali era stato scelto.

“E sia” concordai. “Direi sia arrivato il momento di riportarti nel luogo in cui fai parte, dunque, Eroe, alle crociate che ti appartengono.” /Riportarti ai tuoi incubi e ai tuoi mostri e alle cose che fanno rumore nella notte,/ aggiunsi dentro la sua testa.

“Vattene da qui, cazzo” egli mi disse, ma amabilmente, risistemando il corno dentro alla sua giacca. /Ci sono i draghi/ aggiunse di sbieco, senza sapere che io già ero al corrente dei suoi draghi, li conoscevo intimamente, perché solo un serpente sa riconoscerne un altro. Anche lui era un Imbroglione, ma di quelli che se ne stavano sul retro.

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Per qualche motivo la loro camminata avvenne anche attraverso il tempo piuttosto che solo nello spazio, e Mulder si ritrovò di nuovo sul ponte, a mezzanotte, con l’unica differenza che quella volta si poteva vedere un sottile spicchio di luna crescente che si faceva strada tra la copertura offerta dalle nuvole. “Ce l’abbiamo fatta, eh?” chiese dunque all’Imbroglione. “Non ci saranno più bambine uccise, vero?” ed era ansioso.

Puck scosse la testa. “Non è così semplice, Eroe. Sempre ci saranno bambine uccise, o mostri di altri tipi rispetto all’Eroe o al Furbacchione.” Spostandosi in avanti, inaspettatamente e all’improvviso posò un bacio sulla guancia altrui. “Il segreto sta nel fatto che gli Eroi non dovranno mai arrendersi, e nemmeno gli Imbroglioni.” Il suo fiato era dolce e umido contro al viso di Mulder, e il verde dei suoi occhi si era infiammato a causa di una qualche emozione che vi era nascosta dietro. “La vittoria sta nel provarci così come nel riuscirci. C’è una verità, liberamente esternata.”

Mulder osservava, nel frattempo, a bocca spalancata Puck che si allontanava, gli abiti che cangiavano e che mutavano in un paio di jeans stretti e in una giacca di pelle, il braccio sinistro che si allungava e si irrigidiva al suo fianco. “Gesù Cristo, Krycek! Krycek!” prese ad urlare alle spalle della figura in lontananza, furibondo e, chissà perché, infinitamente compiaciuto al tempo stesso. “Sei uno stronzo, Krycek!”

L’Imbroglione si girò allora, sorridendogli con lo stesso sorriso di Krycek e congedandolo con un gesto della mano come se stesse allontanando un insetto. “E sono tutto tuo, Mulder” rispose. “Per quanto un Imbroglione possa esserlo, d’altronde. Questa è un’altra verità, sebbene non venga senza un prezzo.” Krycek lanciò un altro bacio nella sua direzione, quindi scomparve tra la nebbia nello stesso istante in cui Mulder sentì come se il mondo si fosse spostato da sotto i suoi piedi, e il suolo congelato si innalzò per incontrare il suo viso.

Fantastico. Un’altra concussione. Scully gli avrebbe staccato gli attributi per quello.

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Mulder rinvenne pian piano ai rumori e agli odori tipici di un ospedale. Decise comunque di rimanere ai limiti dell’incoscienza per un altro po’, rimandando l’inevitabile, ma Scully non sembrava essere della stessa idea.

“Arrivati a questo penso tu sappia, Mulder, che io sono in grado di leggere un elettrocardiogramma,” gli disse mentre sollevava una palpebra altrimenti serrata. “Bentornato nel mondo dei vivi. Per adesso, almeno. Sino al momento in cui io e Skinner avremmo iniziato con te.”

“E le bambine?” egli bofonchiò invece, la testa pulsante e annebbiata dalla presenza di eventi quasi dimenticati. Orecchie a punta, occhi verdi, il ringhio sommesso di motociclette, questo ed altro faceva confusione nella sua mente per ottenere una qualche forma di chiarezza.

“I delitti si sono interrotti. Completamente. Non è stato trovato nessun altro cadavere nelle quattro settimane in cui tu sei stato dato per disperso” Scully rispose. “Tu hai niente a che fare con tutto questo?” Prese posto vicino a lui sul letto mentre parlava, spostando i capelli dalla sua fronte con una mano, e per un momento Mulder si ricordò di altre mani, del tocco della Signora. Poteva sentirla anche lì, nelle mani di Scully, nell’aureola che le luci diffuse dell’ospedale creavano dietro di lei, rendendo la sua pelle chiara come la porcellana, i capelli una tonalità più profonda di rosso tiziano. Si perse negli istanti in cui era occupato a contemplarla, sino a quando le parole che aveva pronunciato furono registrate dal suo cervello che funzionava alla moviola.

“Quattro settimane?” chiese dunque con voce stridula e tentando di mettersi a sedere, ma stanchezza e debolezza ebbero la meglio e Scully lo spinse all’indietro con una facilità che non aveva nulla di lusinghiero.

“Quattro settimane e neanche un indizio, sino a quando un uomo che faceva jogging ieri mattina ti ha ritrovato, privo di sensi e con addosso la tua giacca da corsa e un paio di pantaloni di cuoio.” Scully guardandolo alzò un sopracciglio, in palese attesa che le fornisse una spiegazione per i pantaloni di cuoio.

Mulder però emise un gemito. “Quattro settimane! Quattro maledette settimane!” All’improvviso un pensiero lo colpì, e stavolta nemmeno Scully fu in grado di tenerlo fermo. “Avevo un corno, un corno d’ottone. Dove si trova?” iniziò a chiedere mentre scese giù dal letto quasi rotolando, cercando maldestramente in giro e barcollando, la camicia da notte che gli avevano dato all’ospedale che ondeggiava intorno al suo corpo in modo osceno mentre metteva sotto sopra la piccola stanza semi-privata.

“Sta calmo, Mulder, sta calmo. Torna a letto! In questo momento si trova alla sede locale dell’FBI come prova. La tua scomparsa è trattata come rapimento per adesso.” Scully gli parlava dolcemente e tentava di rimetterlo a letto nonostante i suoi sforzi per il contrario.

“Devi riportarlo qui, Scully, devi riportarlo indietro!” le chiese supplicando, la voce soltanto un lamento stridulo. “Mi serve, mi serve, devi andare a prenderlo, Scully!” e mise le mani sulle sue spalle, stringendo con forza. “E’ la nostra arma contro di Loro. Gli Unseelie, i corrotti!” e piangeva nell’incavo del suo collo mentre lei lo riportava a letto.

“Come vuoi” gli disse per placarlo, risistemandogli le coperte intorno. “Il fatto è che, è stato rubato quasi subito.”

Il viso di Mulder allora si contorse in una smorfia, e le sue mani si alzarono per affondarsi tra i capelli di Scully. Sotto alle dita sentiva le soffici trecce scure della Fanciulla, quelle di sua sorella. “Oh no, il corno di Owein. Oh no, oh no” piangeva, e Scully lo attirò a sé nel tentativo di fermare i sussulti che percorrevano il suo corpo.

“Shhhh, Mulder, è tutto ok, tutto si sistemerà” Scully mormorava sommessamente al suo orecchio, senza troppi pensieri, ma egli non poteva crederle in quel momento, non ancora, seppur una parte di lui sapeva già che, prima o poi, ci sarebbe riuscito.

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Una Fine

 


[1] Lo scherzo a cui fa riferimento Tricky nasce dall’assonanza che esiste tra il nome Harry e la parola inglese ‘hairy’, che in italiano si rende facilmente con l’aggettivo ‘irsuto’.

[2] I nomi con i quali viene chiamato questo personaggio, ‘Tricky’ o ‘Trickster’, e che ne indicano un tratto importante della personalità, possono entrambi essere tradotti in italiano con i termini ‘furbacchione’, ‘briccone’ o ‘imbroglione’, che saranno utilizzati alternativamente più avanti nel testo.

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