Le fanfic di X-Files

Incubi

Mulder, Scully e la paura
Autore: Lylou
Pubblicata il: 25/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: NC-17, vietata ai minori di 17 anni
Genere: ANGST, MRS/RSM, CASE FILE
Sommario: Mulder, Scully e la paura
Note sulla fanfic:

Archiviazione:
Altre note:
Disclaimer: Gli scritti pubblicati in questo sito sono di esclusiva proprietà degli autori. Beyondthesea.it non è in alcun modo responsabile degli scritti suddetti e dei loro contenuti. Gli autori, pubblicando le loro opere, si assumono ogni responsabilità sulle stesse. Tutto il materiale presente sul sito non può essere riprodotto in mancanza del consenso del proprietario dello stesso. Questo sito non ha fini di lucro. I personaggi presenti nelle storie pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori e dei titolari del copyright.
Parte I

****

La pioggia batteva senza posa contro il vetro della finestra.
Le piccole gocce si schiantavano formando cammini liquidi e trasparenti sul vetro.

Erano quasi tre giorni che pioveva senza sosta su Washington e le previsioni avevano assicurato che avrebbe continuato così perlomeno per tutta la settimana successiva, malgrado le intense tempeste elettriche che scaricavano raggi argentei e tuoni che facevano tremare le fondamenta delle anime, e malgrado la pioggia persistente e calda, faceva più caldo di quello che era solito fare a Washington in piena estate, di fatti stavano battendo tutti i records di temperature alte, e senza dubbio questo calore umido ed appiccicoso era quasi peggio dell'interminabile e spessa pioggia, e la combinazione di tutte e due le cose non faceva dormire Mulder da quasi una settimana.
Lo avvertì come se fosse sulla sua stessa pelle, poteva vedere chiaramente Scully gettata a terra, che cercava di difendersi, il suo viso di cristallo bianco era pieno di colpi ed aveva un filo di sangue che le scivolava dalla bocca, lo sguardo spaventato come non l'aveva mai visto prima, osservò allora i suoi vestiti, erano strappati e macchiati di sangue, poté vedere i graffi e i tagli sul petto e le braccia, e quello sguardo di panico di nuovo...
Si svegliò improvvisamente sul letto, senza pigiama, sulle coperte e fece mezzo giro, si strofinò gli occhi come se questo gesto potesse fargli dimenticare l'incubo che aveva appena avuto, doveva cancellare dalla mente cosciente l'immagine di Scully con i vestiti strappati e sanguinante, anche se capì che ora aveva una nuova immagine che l'avrebbe torturato nei suoi incubi, si girò e guardò l'ora della veglia, le cinque meno venti, fantastico, lei stava dormendo da ore e non voleva disturbarla, ma ora doveva sentirla.

Così che si distese e prese il telefono.

Primo squillo, secondo squillo.

- Tu non dormi mai, Mulder?

Malgrado la voce suonava ancora confusa e assonnata, capì che non era arrabbiata.

- Come hai capito che ero io?

- Nessuno mi chiama alle cinque del mattino tutti i giorni, Mulder.

- Meglio. Ti ho svegliato Scully?

- No, a dire il vero stavo con il mio appuntamento di oggi…

- Scully…

- Non puoi dormire, Mulder?

- A dire il vero stavo con il mio appuntamento di oggi...

- Molto divertente Mulder, ma se non hai un buon motivo per avermi svegliata la tua vita è in pericolo.

- Stai bene,Scully?

- Perché me lo domandi?

- Per niente, buonanotte, Scully.

- A tra poco.

Non poté tornare a dormire, non poteva togliersi completamente quell'immagine dalla mente, inoltre incominciava a fargli male la testa, veramente erano due giorni che gli faceva male...e quel maledetto calore, asfissiante ed umido come non sapeva che fosse possibile a Washington, troppo caldo, e la pioggia non riusciva a rinfrescare l'aria, le gocce tiepide e appiccicose si rompevano contro l'asfalto caldo ed evaporavano rapidamente, creando un curioso effetto sulla pavimentazione, come fumo bianco che usciva dal suolo, come se la terra si stesse per aprire sotto la città per far sì che un mostro uscisse da sotto i suoi piedi.
E quel maledetto calore come fuoco sulla pelle…
Senza sapere bene perché sentì la necessità di parlare di nuovo con Scully, forse non avrebbe dovuto riattaccare così presto.

E se le accadeva qualcosa di brutto?
Doveva smettere di pensare a quelle cose, doveva fare uno sforzo per non lasciarsi prendere dalla paura, l'ultimo angolo lucido della sua mente lo sorprese ma non ci fece caso, comunque sapeva che doveva apprendere a controllare la paura, la paura accecava solamente e faceva commettere delle stupidaggini, bene, queste non solo la paura.
Si alzò dal letto, sapendo che non si sarebbe addormentato di nuovo e camminò fino alla doccia, apri l'acqua fredda e si mise sotto.
Malgrado l'intenso calore che li flagellava non un solo raggio di sole poteva attraversare l'asfissiante cappa di nuvoloni grigi e furiosi che coprivano gelosamente il cielo, e solo di tanto in tanto lo scintillio argenteo di un fulmine lontano si lasciava intravedere.
Come ogni giorno arrivò un poco prima in ufficio, accese il ventilatore che produceva una finzione di aria che si muoveva per la stanza e sedette sulla sua sedia, normalmente, mentre aspettava che lei entrasse raggiante dalla porta, era solito leggere vecchi files, invece non poteva smettere di pensare all'incubo che aveva avuto, sicuramente era la notte che stava dormendo meglio da quando era incominciato quel maledetto fronte caldo di tempeste elettriche e pioggia ed invece, senza poterlo evitare, aveva sentito freddo quando si era svegliato di soprassalto nel suo letto.
Alle otto e mezzo, puntuale come sempre Dana Scully entrò dalla porta.

- Buongiorno.

-Ciao Scully.

Lasciò il suo portadocumenti sul tavolo e si tolse la giacca del vestito blu, mettendola piano sull'attaccapanni, al ritmo della musica magica e silenziosa che accompagnava ognuno dei suoi passi, guardandola nascostamente per quanto era capace, lui poté vedere la camicia di lei che si incollava alla pelle salendo e scendendo al ritmo del suo respiro, poté vedere lo spazio di cielo che lasciava scoperto il raso della sua scolatura, la stoffa della gonna che segnava ossessivamente il limite tra l'aria e il corpo e stringendola dolcemente sulle gambe.
Senza alcun dubbio, la parte del fronte caldo che più piaceva a Mulder era questo.
Questo e il modo in cui lei si faceva vento piano con quello che aveva in mano, come sospirava di caldo e guardava verso l'alto quando lo faceva, il modo in cui le si inumidiva la pelle durante il giorno, come tirava fuori la lingua e la passava sulle labbra perfette.

- Qualche novità Mulder?

- Ehh..sì, il nostro giorno inizia bene Scully, Skinner ci ha suggerito d'interrogare un tipo che hanno arrestato.

- Perché?

- Dice che nella sua versione ci sono certe "anomalie inspiegabili". E chiaro Scully, noi siamo i migliori in questo campo.

- Che tipo di anomalie?

- Secondo lui è stato posseduto da qualcosa che lo ha spinto a farlo, ma afferma che è innocente e che non ha potuto evitarlo.

- Che cosa ha fatto?

- Ha violentato ed ucciso la moglie.

Scully guardò a terra per un secondo infinito e poi sollevò gli occhi verso Mulder, aveva già ripreso la sua professionalità quasi completamente, prese il rapporto dal tavolo e passò gli occhi assenti sulle lettere, vedendo come si formavano le parole e guardando le foto e le note dei forensi.

Malgrado tutte le cose orribili che aveva visto e che erano accadute a lei, e perfino sapendo le abituali teorie sugli assassini e i loro moventi, non avrebbe mai capito quale motivo oscuro poteva portare le persone a fare del male a qualcuno che amavano, una cosa era uccidere uno sconosciuto per derubarlo, su commissione, per problemi mentali o qualsiasi atro motivo, era abituata a vedere queste cose, poteva arrivare a comprenderlo, ma che qualcuno potesse uccidere la persona che amava no.

-Mulder, secondo quello che vedo è un caso chiaro, le sue impronte stanno sull'arma, la vittima aveva resti del suo DNA sotto le unghie e il marito ha confessato.

-Lui nega d'averlo fatto Scully, insite che era posseduto da qualcosa e non ha potuto evitarlo.

- Posseduto? Questa è una delle scuse più originali che ho mai sentito…

Mulder sorrise appena, soprattutto per ammorbidire un poco atmosfera, lei poteva mostrarsi professionale come voleva, lui sapeva perfettamente che quella cosa la colpiva, sapeva come era fatta e sapeva molto bene che le costava accettare il fatto che qualcuno potesse uccidere chi amava.

Questo la faceva diffidare un poco di più della gente e la faceva diventare più triste e silenziosa del solito, quando seguivano un caso simile, era solita andarsene prima a casa, sorrideva meno e a volte i suoi occhi diventavano vitrei quando lui non la guardava.

- Andiamo, Mulder?

-Sì...aspetta, non hai un'aspirina da qualche parte?

Scully aprì la piccola cassetta dei medicinali che stava dietro la porta dell'armadio.

Erano sette anni che stava lì e Mulder non l'aveva mai aperta di sua iniziativa.

- Sorprendentemente sono conservate con il resto dei medicinali che abbiamo qui.

- Grazie.

- Stai bene, Mulder?

- Mi fa solo un poco male la testa, veramente mi fa male da quando è arrivato questo strano fronte e le maledette tempeste.

- Ci sono persone che sono influenzate dal clima più degli altri. Stai dormendo bene?

- Come sempre.

Scully prese il rapporto, la sua giacca e s'incamminò verso la porta, sapeva che Mulder aveva mentito, che non dormiva bene, poteva vedere un'ombra nera sotto gli occhi e il suo aspetto stanco, ma sapeva che aveva mentito per l'unico motivo per cui lui mentiva,

Per proteggerla.

A volte da cose piccole come questa, perché non si preoccupasse per lui, e a volte per cose molto più importanti.

Per questo, anche se avesse voluto, non poteva essere arrabbiata con lui per molto tempo quando accadeva una cosa simile, malgrado il comportamento da fratello maggiore ficcanaso che lui aveva a volte, non poteva serbargli rancore.
La stazione di polizia del suo distretto era sempre sembrata a Scully un posto molto triste. Quando entrò il suono dei ventilatori a tutta velocità si mescolava con le voci che chiedevano un avvocato, ordinavano rapporti o prendevano dichiarazioni, c'era un lieve odore che fluttuava nell'aria e nemmeno dentro, si smetteva di sentire il vento del sud che parlava violento in idiomi e sussurri strani contro i vetri.
Camminarono tra sguardi curiosi e di altro genere fino alla sala degli interrogatori dove stava il detenuto.

- Signor Harrison? Siamo gli agenti Mulder e Scully. Vorremmo farle delle domande.

Quell'uomo non aveva ancora quarat'anni, ma l'espressione assente e triste nello sguardo cupo faceva pensare che si trattasse di un uomo più vecchio, come se avesse visto tutto quello che doveva da vedere, come se non volesse più continuare a guardare.

- Nella sua dichiarazione lei dice che non ha agito di sua iniziativa, afferma che era posseduto da qualcosa al momento dell'aggressione e che non ha potuto evitarlo. Signor Harrison?

Quell'uomo non li aveva nemmeno guardati da quando erano entrati nella stanza, non aveva parlato e fissava solo il vuoto come aspettando una risposta che non arrivava mai.

-Le conviene parlare con noi, signore.

Finalmente sollevò lo sguardo verso di loro e dopo un silenzio eterno le sue labbra si aprirono per la prima volta.

- perché?

- perché se ciò che afferma è vero allora lei non può essere colpevole.

- Io sono colpevole. L'ho visto davanti a me come se fosse vero.

Un lampo più intenso dei precedenti fece trasalire Scully quando illuminò con toni argentei quella stanza ed il resto del mondo, forse non era stato il fulmine, forse un brivido che era salito lungo la sua schiena provocato dalle parole confuse di quell'uomo.

Scully parlò per la prima volta da quando stavano lì e la sua domanda coincise con il tuono che fece si che i vetri tremassero.

La tempesta stava su di loro.

- Cosa significa questo?

- Che l'ho vista, come sto vedendo lei ora.

- Che cosa ha visto?

- La paura.

Scully si agitò sulla sedia un poco a disagio, le parole di quell'uomo, la tempesta fuori, il modo in cui odorava l'aria in quei giorni, il calore che si appiccicava alla pelle come una pesante e trasparente lastra, e improvvisamente ebbe un capogiro, come se stesse per svenire, cercò di respirare profondamente perché l'ossigeno tornasse al suo cervello, sentì l'aria viziata della stanza scenderle per la gola, il ronzio sinistro del ventilatore su di loro. La tempesta fuori e dentro.

- Aveva paura di sua moglie, signor Harrison?

- No.

- Allora non lo capisco. Perché le ha fatto quello?

- L'ho vista che fluttuava accanto a lei, sentii come sarebbe stato farlo, lasciare che lei lo facesse.

- Chi?

- La paura, ho visto che la paura entrava nella mia casa e mi obbligava a farlo.

Scully abbassò lo sguardo e sentì come Mulder si avvicinava dietro di lei, non aveva quasi parlato dall'inizio dell'interrogatorio, era stato in silenzio, senza perdersi un solo dettaglio della conversazione, si avvicinò all'uomo e dopo qualche secondo gli chiese.

- Ha visto la paura?

- E' così.

- L'ha vista come qualcosa di solido?

- Sì, l'ho vista prima con la coda dell'occhio e poi l'ho vista ondeggiare, guardandomi.

- E lei le disse di fare del male a sua moglie?

- No, lei non diceva niente, io sapevo da solo cosa dovevo fare.

- Doveva uccidere sua moglie?

Una lacrima cadde dagli occhi dello strano uomo, Scully non aveva nessun dubbio era in uno stato di alterazione, schizofrenia paranoica sarebbe stata la sua diagnosi, ma Mulder aveva uno sguardo strano sul viso.

Uno sguardo che lei aveva visto in molte occasioni, quando i pezzi apparentemente senza un nesso incominciavano ad incastrare nella sua mente, lui aveva scoperto qualcosa, che non rassomigliava per niente alla schizofrenia paranoica,

- Solo un'altra domanda signor Harrison. Perché crede che la paura glielo ha fatto fare?

- perché niente al mondo mi faceva più paura del fatto che potesse accadere qualcosa a Sharon.

Mulder guardò Harrison sentendo pena per lui, compassione per lo stato in cui si trovava ora, lo immalinconì una storia così triste, e sentì pietà per l'uomo dietro le lacrime e all'altro lato di quegl'occhi cupi ed annebbiati per sempre.
Ma c'era anche qualcos'altro, Scully lo sapeva, conosceva Mulder più di se stessa, sapeva che aveva fatto qualche connessione che ancora non le aveva raccontato e che la risposta del signor Harrison era giusto quella che si aspettava di sentire.

" Niente mi faceva tanta paura"
Uscirono da quella stanza e Scully potè sentire come cambiava l'aria nei suoi polmoni, come ora non aveva più quella strana sensazione che qualcosa stava succedendo, come se qualcosa fosse fuori controllo.
Odiava le cose che scappavano al suo controllo, aveva bisogno di sapere che poteva dominare qualsiasi situazione, per questo la paura era un lusso che non si poteva permettere, la paura accecava e faceva in modo che lei volesse nascondersi, perdere il controllo su quello che accadeva.
" Ho potuto vedere la paura"
La tempesta continuava su di loro e un altro tuono si senti nella stazione di polizia, mentre si allontanavano dalla sala degli interrogatori lungo il corridoio.

- Che ne pensi Scully?

- Credo...che non mi hai detto tutto ciò che sai, Mulder.

- Non posso avere segreti per te Scully.

Sorrise e le mise dolcemente la mano sulla spalla mentre camminavano, era un'altra parte del loro codice segreto e silenzioso, solo loro potevano capire le parole non dette ed i silenzi eterni.

Si avvicinò all'orecchio di lei e continuò a parlare:

- Ieri è arrivato nelle mie mani il caso di un uomo che si è infilato nel canile municipale, nella sezione dei cani pericolosi ed ha aperto la gabbia perché lo mordessero fino ad ucciderlo.

- Perché me lo stai raccontato, Mulder? Come caso patologico interessante…

- La famiglia afferma che aveva paura dei cani, dice che se ne vedeva uno rimaneva paralizzato dal panico. Era perfino in terapia per poterla controllare.

- Fobia canina. E' un disordine non troppo comune ma conosciuto. Anche così non vedo la relazione.

- Quest'uomo aveva paura dei cani, e tuttavia si è infilato nel canile, il signor Harrison aveva paura che succedesse qualcosa alla moglie e l'ha ammazzata.

- Mulder…

- E se in qualche modo ci fosse una specie di epidemia di paura, come se improvvisamente fossi tu stesso quello che fa le cose che non ti fanno dormire la notte.

- Muder, il fatto dell'uomo che è stato attaccato dai cani ha una spiegazione psicologica, aveva tanta paura che ha finito per vincerla e l'ha portato ad agire in quel modo, sicuramente era in stato di shock quando l'ha fatto...e sul signor Harrison, bene, è così turbato che credo che non sia nemmeno cosciente di quello che ha fatto.

- Non credi che la paura che succedesse qualcosa a sua moglie l'abbia potuto portare a farlo?

- Vuoi dire che ha ucciso la moglie perché non le succedesse niente?

- No, voglio dire che forse la sua ansia, l'ansia provoca una paura così intensa come quella di quest'uomo, come quella dell'uomo che aveva paura dei cani, questo tipo di paura, può influenzarti in qualche modo perché sia tu a farlo.

- Credi che loro stessi hanno trasformato in realtà i loro peggiori incubi?

- Giusto.

- E ...supponendo che questo possa succedere, Mulder, come è possibile?

- Vuoi dire perché ora, perché improvvisamente? Non lo so, ma se non mi sbaglio continuerà a succedere finchè non scopriamo che cosa la genera, che cos'è che porta la gente ad agire così.

- Gli uomini.

- Come dici?

- Tutti i colpiti sono uomini, anche le donne hanno incubi e paure. Perché non ce n'è nemmeno una colpita?

- Forse è ancora presto, forse è solo una coincidenza.

Ad un tratto un suono che entrambi conoscevano molto bene invase la stazione di polizia, e Scully poté sentire l'odore di polvere da sparo e delle grida prima che Mulder la gettasse a terra e cadesse su di lei dietro la scrivania.
Rifugiati dietro il tavolo non potevano vedere l'autore, solo poliziotti protetti in posti diversi mentre continuavano gli spari, allora Scully vide un uomo con l'uniforme di poliziotto, in piedi sul banco delle informazioni che faceva fuoco in tutte le direzioni.

Vide il suo sguardo di fuoco e paura che lo bruciava, e per la prima volta si domandò se veramente stava accadendo qualcosa che sfuggiva al loro controllo.

Si domandò se Mulder avesse ragione.
Uno sparò suonò sugli altri e il poliziotto che stava sparando cadde all'indietro. Tutti, incluso Mulder e Scully, uscirono dai loro rifugi facendo attenzione e si avvicinarono piano all'uomo.

Scully gli si accovacciò vicino e gli mise la mano sul colo, cercando il polso.

- E' ancora vivo, ma bisogna chiamare l'ambulanza, il polso è debole.

- E' Scott Wallece.

- Lo conosce? E' un poliziotto?

- Sì...lui ed io eravamo di pattuglia qualche giorno fa, due giorni fa lo tolsero dalla strada e l'hanno messo in ufficio.

- Perché?

- Era diventato un poco strano, aveva sempre avuto paura che qualcuno entrasse qui e sparasse contro di lui, ma ultimamente la sua paranoia era maggiore.

- Aveva paura che qualcuno lo sparasse?

- Sì, che qualcuno entrasse qui e lo pigliasse alla sprovvista e senza potersi difendere. E' strano aveva paura di questo ed è giusto quello che ha appena fatto.

- Molto strano.

Quando l'ambulanza andò via gli altri poliziotti rimasero a parlare di quello che era accaduto, nessuno capiva cosa aveva portato il loro compagno a farlo.

Dopo aver preso le loro dichiarazioni ed aiutato la polizia con le prove uscirono dalla stazione. Erano quasi le cinque della sera e non avevano ancora mangiato, erano accadute loro troppe cose in solo mezza giornata, perfino per le loro strane vite normali.
Il cielo era color grigio scuro, le strade e tutto ciò che c'era in esse brillavano per la pellicola trasparente d'acqua che le copriva, non aveva smesso di piovere per tutto il giorno e le gocce calde e appiccicose scivolavano su tutto quello che trovavano, un improvviso scintillio argentato l'informò che un tuono assordante stava per arrivare.

- Non avrai paura delle tempeste, vero Scully?

- Molto divertente, Mulder.

- Considerando la giornata trascorsa...inoltre questo maledetto dolore di testa...

- Ti fa ancora male?

- Sì, stranamente gli spari ed il caldo non hanno fatto in modo che mi passasse...

- Andiamo Mulder, invitami a mangiare.

Dopo mangiato erano tornati in ufficio, erano state denunciati altri fatti e morti strane, tutti uomini, tentativi d'omicidio, presunti suicidi, incidenti poco accidentali e un lunghissimo elenco di cose strane.

Tutti avevano qualcosa in comune, in un modo o in un altro avevano qualcosa a che vedere con la paura, la paura che sentivano quelli che erano coinvolti verso ciò che alla fine causava la loro morte o la morte di altri.

Il giorno dopo sarebbero andati in ospedale per parlare con alcuni sopravvissuti, per vedere se c'era qualcosa da fare perché tutto quello avesse un senso, o perlomeno si potesse fermare.

Per esempio, in ospedale c'era un uomo che era stato battuto brutalmente per aver passeggiato tranquillamente nel peggiore quartiere della città.

Un gruppo di delinquenti abituali gli avevano rubato il portafoglio e lo avevano battuto, secondo sua moglie, questa stessa cosa gli era successo quando era appena adolescente e d'allora era solito avere incubi.

Il modus operandi era sinistramente simile in tutti i casi.
Alle otto della sera Mulder guardò l'orologio e sollevò lo sguardo verso Scully.

- Ti fa ancora male la testa Mulder?

- Sì, ma sto incominciando ad abituarmi e tra poco nemmeno me ne renderò conto.

Scully sorrise al commento del suo compagno, erano andati per tutto il giorno da un posto all'altro e quella storia sembrava non avere una fine, inoltre il maledetto calore e le instancabili tempeste stavano incominciando a farle perdere il controllo, un paio di volte durante il pomeriggio si era sorpresa a guardare Mulder come se non l'avesse mai visto prima.

In maniera molto esaustiva e cercando di non lasciare un centimetro del suo compagno senza controllo.

Si scusò mentalmente dicendo che la sua mente scientifica analizzava tutto in quel modo.

- Ti porto a casa Scully?

- No…sono venuta in macchina.

- Mi accompagni tu alla mia?

-Certo.

Non smise di piovere nemmeno un secondo per tutto il viaggio in macchina, i pedoni avevano il viso stanco e ognuno si faceva vento come poteva, giornali, carta...tutto serviva, poiché alle otto e mezzo di sera c'erano quasi 39 gradi a Washington.

La maledetta pioggia che cadeva dal cielo oscurato dalle nuvole faceva solo più intossicante l'aria notturna, l'umidità dell'atmosfera faceva si che respirare fosse qualcosa di pesante e quella situazione sembrava che volesse finire.
Durante il percorso parlarono del caso, della teoria di Mulder sulla paura e di come avrebbero dovuto provarlo, se così fosse stato, Scully non capiva perché influenzava solo gli uomini, e sapeva che scoprendolo avrebbe avuto la chiave di cosa la stava causando.

Venti minuti dopo, Scully fermò la macchina davanti alla casa di Mulder.

- A domani Mulder.

- Buonanotte. E grazie.

- Di niente, Mulder.

Si tolse la giacca e la buttò sulla sedia, le scarpe le abbandonò lungo la strada per il divano.

Accese la televisione e sentì le notizie, normalmente non era solito vederle, lo deprimevano le cose che vedeva, ne aveva già abbastanza della sua vita.

E la vita di Scully.

Si allentò il nodo della cravatta, si stese sul divano e chiuse gli occhi.

Non riusciva a liberarsi di quel dolore di testa, sentiva come se il cranio si stesse rimpicciolendo e gli stesse schiacciando il cervello.

Pensò che forse una doccia e qualcosa da mangiare l'avrebbero aiutato.
Si liberò del resto dei vestiti e si mise sotto l'acqua fredda, non poteva smettere di pensare al caso, la sua mente continuava a dare salti e portandolo a fare le più strane connessioni.

Pensò a tutte le persone che avevano paura di qualcosa, in effetti, a tutti gli uomini. Per quello che aveva visto fin'ora non serviva avere paura dei fantasmi, del mostro che vive nell'armadio e cose simili.

Per iniziare doveva essere panico, paura che fa in modo che ti svegli in piena notte inzuppato di sudore freddo.

Paura delle cose che conosci, questo tipo di paura.
Inoltre tutte le vittime erano uomini con problemi precedenti, con personalità complesse, segnate per la maggior parte dalla paura e dalla tristezza.

Ci doveva essere qualche altra cosa, qualcosa per sapere cosa la causava.

Ricordò le parole del signor Harrison.

" Ho potuto vedere la paura"
Non ci aveva mai pensato, la paura si poteva vedere?

Aveva forma?

Se almeno non avesse fatto tanto caldo…
Uscì dalla doccia, si vestì e andò fino al divano, i suoi occhi incominciarono a chiudersi piano, quasi senza che lui se ne rendesse conto e prima che potesse evitarlo era addormentato sulla pelle verde.
La rivide di nuovo, quell'immagine incisa a fuoco sulla sua retina per sempre, Scully ferita e spaventata, come non l'aveva mai vista prima, con uno sguardo molto strano negli occhi annebbiati, in questa poté vedere altro, osservò che stava trascinandosi per terra, cercando di sfuggire a qualcosa.

Si trascinava sul pavimento di casa sua.
Si svegliò di soprassalto e per un secondo non capì quando si era addormentato, e guardò l'orologio, le dieci e mezzo, lei non stava ancora dormendo.
Si portò vicino il telefono e prese la cornetta, fece il numero di Scully con le dita che gli tremavano ancora.

Primo squillo, secondo, terzo…quarto, quinto...

Non rispondeva.

Era troppo presto perché si fosse addormentata e Scully non rispondeva.
Con l'esperienza che dà la certezza della conoscenza del male, si mise le scarpe, prese la sua arma ed uscì.
Quindici minuti dopo stava davanti alla porta dell'appartamento di Scully, decidendo se bussare, se doveva buttarla giù o se doveva usare la chiave, alla fine decise per la chiave.

L'introdusse nella serratura e girò piano, cercando di non far rumore per non essere scoperto.
Camminò cauto come un gatto fino al salotto e la vide, era coricata sul divano con uno dei suoi pigiami di raso bianco e la televisione accesa.

Stava dormendo.

Si fustigò mentalmente per essere così paranoico ed assurdo, perché aveva dedotto che non poteva essersi addormentata?

Si avvicinò al telefono e vide che era accesa la segreteria telefonica, per questo non l'aveva sentito suonare.

Non c'era da diventare paranoici, non c'erano motivi per aver paura.
Non potè evitare di guardarla, il modo in cui il suo corpo saliva e scendeva ad ogni respiro, le ciocche di fuoco che le cadevano sul viso, la pelle, troppo perfetta per essere umana, fatta di luna piena con il sapore di vainilla, sicuro che Scully aveva il sapore della vainilla, e le sue labbra...

Come sarebbe stato baciarla?

Non amichevoli ed ingannevoli baci, baci che si danno all'alba dopo aver fatto l'amore, baci che sanno di veleno caldo e lento per tutto il corpo.

Cosa sarebbe successo se l'avesse fatto?

Se si avvicinava a lei e la baciava?
Logicamente non l'avrebbe fatto, a parte per il motivo evidente, se lei si fosse svegliata e l'avesse scoperto sicuramente gli avrebbe sparato una seconda volta, solo che questa volta non avrebbe mirato alla spalla, ma un poco più giù…
Ciò nonostante non potè evitarlo, si avvicinò, fin quasi a toccarla.

La vide muoversi dolcemente sulla staffa a righe del divano, e sentì qualcosa simile ad una parola che usciva dalle sue labbra perfette.

Forse era una delle sue abituali paranoie, forse lo stava immaginando, in fin dei conti era solo un pervertito che stava spiando il sonno della sua compagna di lavoro, però avrebbe giurato che le lettere agitate e confuse che uscirono dalla bocca di lei. suonavano come qualcosa che rassomigliava a Mulder.

Fu scosso dal solo pensiero che Scully potesse star sognando lui, non importava il contesto, sicuramente si stava esercitando in sogno con il suo famosissimo inarcare il sopracciglio per usarlo nelle sue conversazioni, lei non sapeva come per lui fosse difficile continuare a discutere quando la faceva.
Senza che se ne rendesse conto il respiro di Scully cambiò ed apri i suoi begli occhi, svegliarsi ogni giorno vedendo come si aprivano quest'occhi doveva essere come stare in cielo.

O all'inferno.

- Mulder...Che ci fai qui?

- Eh…io...

- Stai bene, Mulder? Ti succede qualcosa?

- Sto bene, tranquilla. Mi dispiace, non volevo svegliarti.

- E che fai a casa mia?

- Tu stai bene?

- Non puoi dormire Mulder?

- Il problema è giusto il contrario.

- Incubi di nuovo?

Mulder annuì in silenzio mentre Scully si sedeva e gli faceva un gesto perché sedesse accanto a lei sul divano.

- Che cos'era questa volta?

- Non lo ricordo quasi più, Scully...

- Mulder…

- Va bene, mi arrendo. Ti stavo sognando.

Troppa sincerità per essere ancora addormentata.

Scully stette zitta un secondo e guardò la stoffa del divano come se fosse la cosa più interessante che avesse mai visto. Poi sollevò la testa per guardarlo, con un sorriso negli occhi.

- Hai avuto un incubo con me?

- No, era un sogno in cui ti succedeva qualcosa di brutto.

L'espressione e le parole tra tenere e vergognose di Mulder la commossero, non si sarebbe mai abituata a vedere quest'uomo alto e familiare, come un bambino spaventato di dodici anni, con paura e colpa che uscivano da tutti i pari, che poteva passare dall'essere un bambino emozionalmente indifeso ad essere capace d'aver cura di lei quando lei non poteva.

Gli si avvicinò e gli parlò piano, dicendo molte più cose di quello che le parole lasciavano intendere.

- Per questo sei venuto? Per vedere se sto bene?

- Sì

- Grazie per preoccuparti per me.

- Prego.

E pensò che non era possibile amarlo di più ma si sbagliava, Mulder poteva sempre essere un poco più Mulder perché lei non potesse scappare, c'era stato un tempo in cui pensava che un giorno avrebbe conosciuto un uomo e si sarebbe innamorata di lui, e sarebbe andata via, lontana da Mulder e da tutto il suo mondo.

Le costò un poco capire che la sua anima forse aveva già un padrone e che non avrebbe mai camminato senza averlo accanto. Gli si avvicinò un poco di più, si appoggiò sul suo petto con l'intenzione di continuare a dormire lì.
La tempesta continuava con più furia che mai all'altro lato del vetro, colpendo con un vento invisibile le finestre e le gocce di pioggia.
Dopo poco Mulder fu preso da uno dei suoi attacchi di morale e decise che non meritava che Scully dormisse appoggiata a lui, inoltre così non poteva smettere di guardarla per tutta la notte.

- Non volevo disturbarti, mi dispiace. Ora me ne vado.

- Non mi disturbi, Mulder. E non devi andare via.

Si sedette di nuovo sul divano e guardò Mulder, lui non sapeva cosa pensare e come interpretare quelle parole ed un brillio di qualcosa quasi sconosciuto attraversò per un secondo i suoi occhi cangianti.

- Scully...Sai che se me lo chiedi rimarrò.

- Rimani. Rimani, Mulder.

Due ore dopo i tuoni continuavano a trascinar via tutto dalle strade al loro passaggio, facendo rimbombare le stesse fondamenta della saggezza umana alle prime luci dell'alba, la pioggia cadeva di continuo da ore e le gocce calde morivano contro il vetro della finestra della stanza di Scully.

Il suono del ventilatore ed il loro respiro dolce riempiva la stanza e nell'ambiente galleggiava ancora il profumo meraviglioso del desiderio, l'amore e la passione mescolati nell'aria che agitava il ventilatore nell'angolo.
Mulder si sistemò un poco e si avvicinò a Scully, che continuava a dormire.

Sentiva perfettamente il suo corpo leggero su di lui, ogni curva, tutti i contorni magici che aveva scoperto in questa notte indimenticabile.

Con la tempesta ancora sulle loro teste.
L'abbracciò e non potè evitare di odorarne i capelli, malgrado questa notte l'avesse odorata, baciata e leccata fino ad iniziare a saziare la sua sete di lei.
La sentiva ancora con chiarezza.

Il sapore di Scully nella sua bocca, il suo odore sulle mani.

Si era sbagliato, aveva sempre pensato che lei avrebbe avuto il sapore di qualcosa di dolce, e in realtà aveva il sapore della passione contenuta e fuoco nella gola, che lo bruciava senza pietà per ogni centimetro di pelle nuova che lei scopriva, ogni angolo di lui benedetto eternamente dalla grazia umida della sua bocca.
Ricordò le sue mani, troppo grandi per quel corpo di fuoco liquido, che percorrevano la pelle calda e umida, chiamandolo senza riposo, apprendendo altri gesti segreti ed intimi di quelli che già avevano, cercando il contatto elettrico dell'altro tra i lampi.
Il calore assuefacente che veniva fuori da lei, realmente il ghiaccio poteva bruciare.

Un posto segreto e caldo, come un piccolo fiore tropicale con il sapore del cielo, bevendo veleno dolce e caldo.

Scoprendo, per esempio, che Scully soffriva il solletico all'interno delle cosce di panna perfette, sentendo il sapore della risata di Scully mentre lei rideva nella sua bocca, contro la pelle…come il solleticare che fanno le fate al correre sulla pelle, così era la risata di Scully contro il suo corpo.
E la sua bocca, come un pozzo di desiderio con il sapore di fragola estiva, caldo e umido, abbracciando tutto quello che trovava sul cammino, la sua piccola e deliziosa lingua in posti che poche volte aveva osato sognare.
Baciare Scully.

Come avrebbe smesso di farlo poi?

Come si sarebbe abituato a non sentire i suoi gemiti contro il collo?
Il sapore della sua morbida pelle che ora avrebbe potuto riconoscere in qualsiasi posto del mondo, il suo odore e il suo sudore attaccati su di lui.

Divorare le sue dolci curve che promettevano mattini di primavera, il tocco troppo assuefacente del suo corpo, come la cosa più morbida e pericolosa che aveva mai toccato, il tatto della pelle sotto la sua grande mano.
I capelli di fuoco un poco ondulati che gli cadevano addosso mentre si muoveva come una dea su di lui, un poco più profondamente...sapendo che mai più avrebbe potuto essere libero da quel posto. Girare piano con lei sul letto e sentirla sotto di lui, come qualcosa di meraviglioso e perfetto, il suo calore e il suo fuoco ovunque.
Fare l'amore con Scully era come essere libero da sé stesso, faceva sì che il resto delle cose valessero la pena.

Poterla amare lo rendeva libero.
Si era addormenta quasi subito dopo, troppo bella tra lenzuola per essere vera.

Non aveva la benché minima idea di cosa sarebbe successo domani, se lei si sarebbe pentita e non avrebbe potuto averla di nuovo.
Ma questo non aveva importanza ora, ora lei dormiva nuda su di lui e gli aveva sussurrato "ti amo" tra baci umidi contro il collo.

Il resto del mondo poteva aspettare che lui non fosse così felice, e che non stesse nel letto di Scully mentre questa dormiva abbracciata a lui.

Non potè evitarlo e la baciò di nuovo, piano, stringendola di più contro di lui e pensando come era possibile che fosse vissuto fin' ora senza questo, senza baciare Scully.
Improvvisamente i suoi begli occhi si aprirono e sorrisero prima che potesse farlo la bocca...

Era un buon inizio, lei non lo cacciava a calci dal suo letto, ma si accoccolò come un gattino contro di lui…

- Hai dormito un poco, Mulder?

- Come?

Scully sorrise nell'oscurità della stanza che era solo illuminata da qualche lampo occasionale.

Avrebbe potuto abituarsi a dormire accanto al suo calore, con le sue pesanti braccia intorno a lei.

- Domani ci dobbiamo svegliare presto...

- Mi lasci dormire qui, Scully?

- Non dovrei?

- Dipende da quanto sonno hai tu…

Incominciò a baciarla in tutti i posti che le lenzuola lasciavano scoperte, e tornò a sentire la sua risata che volava per la stanza e posandosi su di lui come una farfalla capricciosa.

Improvvisamente la sua espressione cambiò e divenne più seria.

- Ti preoccupa qualcosa vero, Mulder?

- Dottoressa Scully, lei è troppo sveglia…

- Su ciò che è successo? Hai dei dubbi su di noi?

- Non pensarlo mai. D'accordo? Non ho mai fatto niente di così buono come averti.

Tornò a baciarla e l'abbracciò. Sapendo che lei non l'avrebbe lasciato in pace finchè non avesse risposto alle sue domande, ed ora non aveva scappatoie, tutto ciò che era in lui era suo da sempre.

- Qualcosa sul caso?

- Sì.

- Credi che ciò che dici sia possibile? Che ci sono uomini che possono far diventare realtà i loro incubi. E' questo che ti preoccupa?

- …qualcosa di simile.

- Hai paura che succeda a te, vero?

- Sì, io sono un candidato abbastanza possibile.

- Ma secondo la tua versione non serve avere paura dell'ignoto, non serve avere paura dei mostri, deve essere una paura reale, qualcosa che da panico. Deve essere un panico che ti..

-…dà incubi?

- Forse, ma non lo sappiamo con certezza Mulder, è solo una teoria...

- E se ho ragione?

- Dovrai dirmelo, Mulder. Se accadesse a te...quale tuo incubo faresti diventare realtà? Che cos'è quello che più ti spaventa al mondo?

Mulder sospirò e strinse Scully, stavano parlando quasi sussurrando, ma aveva bisogno di averla un poco più vicino.

- Quello che mi spaventa di più al mondo? Che ti accada qualcosa di brutto.

Parte II

- Quello che mi fa più paura al mondo? Che ti succeda qualcosa di brutto.



Sicuramente non aveva smesso di piovere tutta la notte, sicuramente i tuoni avevano colpito la città e i fulmini avevano illuminato sinistramente l'ambiente mentre il calore soffocava i sensi.

Sicuramente questo era successo, lui lo sapeva, ma quella mattina, dal letto di Scully, non si poteva sentire niente.
Quella mattina sognata esisteva solo una cosa al mondo per Mulder.
Per anni si era torturato notti intere, di veglia, pensando come sarebbe stato svegliarsi accanto a lei, come sarebbe stato vedere come apriva gli occhi acquamarina e lo guardava ancora assonnata, lasciare che facesse per prima la doccia, prepararle la colazione…

Forse queste cose non erano destinate a loro, forse per loro c'erano solo la pena condivisa e i silenzi, ma quella mattina, sul letto esistevano solo loro.

-Buongiorno.

-Ciao.

La voce di Scully ancora assonnata e il suo mezzo sorriso tra le lenzuola rassomigliavano troppo ad una vita che non poteva essere la sua.

- Hai fame?

- Mi prepari la colazione Mulder?

- No, ma posso invitarti.

Risate e baci al mattino nel letto di Scully, in un momento che non sembrava appartenere a loro, sembrava il LORO momento per la prima volta, forse il giro che avevano dato quella notte alla ruota del destino gli dava l'opportunità di essere persone diverse, di poter avere meno paura.

Insieme.
L'espressione di Mulder cambiò e i suoi occhi diventarono più scuri e tristi, si separò dolorosamente dalle mani di Scully e si alzò dal letto.

- Che ti succede?

- Niente...è solo che devo andare nel mio appartamento per cambiarmi i vestiti. Ti vedo in ospedale tra un'ora d'accordo?

Prima che Scully potesse replicare lui si era già vestito e andava verso la porta della stanza, mentre lei rimaneva ancora nel nido delle lenzuola, senza voler capire quello che succedeva.

Quando lo vide sparire dalla porta della camera, rimase in silenzio per un secondo.

Lui stava ancora lì, fece mezzo giro e rientrò nella stanza, camminò piano verso il letto, dove Scully era seduta, si abbassò fino a rimanere alla sua altezza, e la baciò di nuovo come se fosse la prima volta che lo faceva.
O come se fosse l'ultima.
Il tempo non era cambiato, bene, forse un poco.

Ora faceva più caldo.

Scully posteggiò nel parcheggio dell'ospedale e salì in ascensore, mentre il display che indicava i piani continuava a salire, lei poteva pensare solo a Mulder, come era stata sempre complessa la loro relazione, come si avvicinavano e si allontanavano nel giro di secondi, come ne davano la colpa a fattori esterni, una cospirazione, un mutante, un'ex-fidanzata...sapendo sempre che la responsabilità era tutta loro.

Sempre le era sembrato tristemente divertente il modo in cui potevano autoconvincersi che non succedeva niente, come erano capaci di leggere nell'anima dell'altro e fare come se non se ne rendessero conto.

Forse questo era servito loro per anni, forse giocare a nascondino con i sentimenti per quasi sette anni era finito.

Avrebbero dovuto pensare ad un nuovo gioco ora.

Dopo quello che era successo quella notte.

O forse no?
Forse questa era una di quelle cose che passavano tra loro ed entrambi avevano la dubbiosa capacità di dimenticare...abbracciarla quasi per anni, sapere che "Scully" significa "amore" e ciò nonostante poterlo dimenticare.

Avere la certezza che lui sarebbe tornato mille volte in Antartico a cercarla e agire come se non lo ricordasse.
Veramente quello che era accaduto non cambiava molto le cose tra loro, non c'era nessuna differenza rilevante nella loro relazione, si erano impegnati l'uno con l'altro prima di dire "ti amo" con la tempesta su di loro.
Questa cosa non aveva un valore diverso per loro di un quasi bacio nel corridoio del palazzo di Mulder, o una notte insieme perduti in un bosco.

Avrebbero dovuto decidere se qualcosa sarebbe cambiato, che le piccole cose fossero diverse.

Forse la paura era più forte di loro questa volta.
Funzionavano sempre con un loro linguaggio, con le loro norme segrete e tacite, sempre come estranei che si toccavano facendo finta di niente.

Le cose che avrebbero separato le persone, le grandi tragedie che a volte li colpivano, avevano la strana virtù di avvicinarli ancora di più, fino a che non si poteva distinguere dove stava il limite tra loro.

Facendo a turno a sostenere l'altro quando uno dei due era sull'orlo del precipizio.
Nonostante questa relazione esclusiva e complessa che li univa, sempre uno andava avanti all'atro, sempre uno cercava di allontanarsi quando l'altro si avvicinava, come se un prezioso orologio antico e rotto muovesse il tempo in maniera equidistante e diversa per entrambi.

Sempre inopportunamente.

- Incominciavo a pensare che non saresti venuta Scully...

- C'era un poco di traffico.

- La nostra vittima sta nella sua stanza.

- Come sta?

- Dicono che si riprenderà.

Stettero zitti per qualche secondo e si guardarono, l'aria condizionata dell'ospedale non era sufficiente per nascondere l'odore di disinfettante industriale ed il calore asfissiante, nessuna cosa poteva annullare il caldo.

Sicuramente se qualcuno li avesse visti in quel momento, senza conoscerli, avrebbe pensato che erano una coppia normale di agenti federali, con i loro vestiti troppo pesanti e cupi per quel calore, che stavano decidendo come redigere i rapporti, anche se niente era più lontano dalla verità.
Solo uno sguardo bastò a Mulder, per sapere che Scully voleva parlare con lui, e a lei bastò un secondo di fuoco verde per indovinare che non le sarebbe piaciuto quello che stava per dire.

- Mulder...

- Dopo, Scully.

Il signor Mathews era disteso nel suo letto, aveva diverse ferite e colpi e una gamba ingessata, ma sembrava in condizioni di poter parlare.

- Signor Mathewa? Siamo gli agenti Mulder e Scully, del FBI. Vorremmo farle delle domande.

- Certo.

- Che cosa ricorda?

- Ricordo il caldo, non il calore di questo maledetto fronte caldo, ricordo il calore dell'adrenalina nel mio cervello, come se avessi avuto l'attacco di panico più intenso della mia vita, solo che non era stato così.

- Non aveva paura?

- No, ricordo come passeggiavo per quella zona senza avere paura che mi assalissero o peggio, non potevo pensare, passeggiavo solamente.

-Ma lei sapeva dove stava?

- Sì.

- E …se lo sapeva, e aveva pura...perché non tornò indietro?

- Perché non potevo.

- Non poteva?

- Non ero padrone di me stesso. Potevo solo sentire l'impulso di farlo…inoltre erano quattro giorni che avevo mal di testa e non potevo pensare con chiarezza.

Silenzio.

Mulder e Scully si guardarono per un attimo, come se il signor Mathews non fosse lì, come se nessun' altro fosse lì.

E tutti e due sapevano molto bene cosa significasse quello.

- Le faceva male la testa?

- Sì, niente mi toglieva questa sensazione, non era come un mal di testa normale, era come…

- …se dita invisibili stessero rimestando dentro?

- Esatto. Lei come lo sa?

Mulder non rispose, sentì il bisogno di uscire da quella stanza, doveva respirare aria fresca, ma il maledetto calore...già nel corridoio sentì il tuono lontano e sulla finestra in fondo vide la pioggia grigia scivolare sul vetro.

Capì.

Qualsiasi cosa fosse stava succedendo a lui.

E sapeva molto bene come sarebbe finita.
Chiuse gli occhi con forza aspettando che il mal di testa sparisse, non sapeva quando tempo aveva, non sapeva come fermarlo o quello che lo causava.

Poteva solo fare una cosa.

Doveva allontanarsi da lei.
Scully stava ancora nella stanza, sapeva molto bene perché Mulder era uscito, perché se n'era andato in quel modo dal suo letto quella mattina.

Aveva paura.

Aveva paura della paura.

- Agente Scully, ho sentito che ci sono stati altri casi. E' vero?

- Non c'è ancora niente di definitivo…

- E perché colpisce solo gli uomini?

- Non posso rispondere nemmeno a questo, mi dispiace. Signor Mathews, ricorda qualche altra cosa che ci posso servire d'aiuto?

- Ricordo com'era.

- Come era?

- La paura. L'ho visto fermo davanti a me, come un'ombra, come se tutti i miei timori mi avessero abbandonato.

- Ha visto la paura?

- Solo in questo modo ho potuto farlo, anche se credo che fu dovuto a qualche strana connessione nella mio cervello, forse il caldo mi ha colpito più di quanto io credessi…

- Dio! Molte grazie, signor Mathews.

Scully uscì rapidamente nel corridoio, lo sapeva, aveva una spiegazione e doveva dirlo a...

Dove stava Mulder?
Guardò un poco perplessa ai due lati del corridoio e si senti un poco stupida, come se si stesse ingannando, perché lei sapeva perfettamente che Mulder se n'era andato.
Cercò il suo cellulare senza speranza d'avere molto successo lo chiamò.

La voce registrata e poco umana dell'operatrice le confermò quello che già sapeva.
Se n'era andato, si era spaventato ed era andato via.
Mulder camminava senza meta per le strade di Washington, non poteva quasi respirare a causa del maledetto ed opprimente calore ma continuava ad andare.

Neanche le prime gocce d'acqua lo tirarono fuori dal suo stato, in poche ore erano accadute troppe cose, come se tutte le stelle si fossero messe d'accordo per brillare allo stesso tempo, perché non potesse guardare solo una cosa.

Primo aveva avuto conferma di quello che già sapeva, lui era contagiato, qualsiasi cosa fosse c'era qualcosa dentro di lui che avrebbe tentato di far del male a Scully.

Non poteva incominciare ad immaginarsi come sarebbe stato una cosa simile, un conto era che per colpa sua le accadessero cose terribili, c'era abituato, aveva anni di colpevolezza accumulati e si sarebbe sentito sempre come una bestia immonda vicino a lei, ma entrare in casa di Scully e sbatterla contro il muro era una cosa molto diversa.
Perché aveva pensato questa cosa?
Forse già stava incominciando, forse la prima fase era pensare le cose orribili che le avrebbe fatto...no, lui non avrebbe fatto male a Scully.

Continuò a camminare sotto la pioggia mentre si rifiutava in silenzio e cercava di pensare, ma non poteva pensare.

Forse sarebbe passato da solo, forse sarebbe bastato non avvicinarsi a lei finchè non tornava a sentirsi come sempre.

Ma questo non sarebbe successo, lui lo sapeva.

Sapeva che era un uomo debole e che alla fine sarebbe andata a cercarla, non si era mai potuto tenere lontano da lei e ora non sarebbe stata un'eccezione, soprattutto dopo averla baciata…
E se lui non andava a cercarla, era solo questione di tempo che lei l'avrebbe trovato.
Decise che avrebbe continuato a passeggiare, forse avrebbe avuto fortuna e forse sarebbe caduto fulminato per il caldo sul marciapiedi e quando si sarebbe svegliato non avrebbe voluto far del male a Scully.
Malgrado l'intenso calore sentì un brivido arrampicarsi lungo la spina dorsale fino al collo, ricordò il sogno, come lei si trascinava ferita per terra nel suo appartamento, con i vestiti macchiati di sangue e lo sguardo più strano e spaventato che lui avesse mai visto.

La parte del suo sogno che non era mai riuscito a vedere, era che era lui quello che l'inseguiva.
Perché l'inseguiva?
Si guardò le mani un momento, le mani che ieri sembravano troppo ruvide per accarezzarla, che tremavano ancora al ricordare come si muovevano sul corpo minuto…Era possibile che quelle stesse mani l'avrebbero colpita una notte dopo aver fatto l'amore?
Scully guidò fino all'appartamento di Mulder, sicuramente non sarebbe stato nemmeno lì, forse stava in ufficio, o aveva dovuto andar via...
Ma lei lo sapeva molto bene, aveva paura di farle del male.

Non sapeva cosa temeva di più che lui si arrendesse e facesse qualcosa di stupido, o che fosse più forte della sua paura.

Quale sarebbe stato il momento in cui tutto sarebbe finito?

Sarebbe molto tipico di loro due che tutto finisse prima ancora d'iniziare.
A prima vista l'idea che Mulder potesse farle del male le produceva un misto di risate e repulsione, non importava quale fosse la situazione, lui non le avrebbe mai fatto male.

O sì?
Forse era qualcosa che no era sotto il suo controllo...forse lui era vittima di qualcosa.

E lei lo sapeva, aveva trovato la maledetta spiegazione, perché infettava solo gli uomini, perché aveva a che fare con l'intenso calore…la tempesta.
Apri la porta dell'appartamento piano, come se per la prima volta lei avesse paura di quello che poteva trovare.

Non c'era.
L'odore caldo e fermo di lui aleggiava nell'aria ma lui non c'era, aveva pensato che sarebbe stato il primo posto dove lei sarebbe andata a cercarlo.

Il letto era sottosopra e c'erano vestiti buttati a terra, quella stessa mattina si era allontanato per andarsi a nascondere da lei lì, e si vedeva che era preoccupato, Mulder non era precisamente la persona più ordinata del mondo, ma non era solito essere come un uragano in una baraccopoli, il suo tipico disordine aveva senza altro un certo ordine.

Quello no.

Tutte le sue cose erano state buttate a terra e qualcosa simile alla disperazione fluttuava per la casa.
Doveva trovarlo, doveva dirgli che finalmente aveva una spiegazione per quello che stava succedendo e che forse poteva invertirsi.
Si rese conto che così non l'avrebbe mai trovato, lui si stava nascondendo da lei, avrebbe cercato di fare in modo che lei non potesse trovarlo, uscì dall'appartamento e chiuse la porta, tirò fuori il suo telefono ed entrò nell'ascensore...lui continuava a non rispondere.
Ogni minuto gli risultava più difficile, era quasi tutto il giorno che andava da un posto all'altro, camminando sotto la pioggia, sperando che il caldo umido ed appiccicoso portasse via tutto il male che sembrava vivere in lui.

Erano le otto di sera ed il cielo aveva un colore grigio verde, come se fosse mare sottosopra pieno di nuvole furiose, la temperatura non aveva fatto altro che salire ed ogni cellula della sua pelle si stava arrendendo.

Non sapeva che essere coraggioso facesse così male.
Passeggiare sotto la pioggia calda per i marciapiedi bagnati per ore era servito solo a far sì che la sua testa non smettesse di pensare, ogni volta faceva meno male, questo senza dubbio era un sintomo inequivocabile che la fine era vicina, doveva allontanarsi il più possibile da lei mentre ancora poteva…questa sensazione era come vivere sempre un secondo prima di sapere che sta per cadere un fulmine, come i peli della nuca che si rizzano per l''elettricità statica, come un secondo prima di perdere il controllo.

Così risentiva ora.
Improvvisamente non seppe più quanto di lui gli rimaneva dentro, quando dell'uomo che avrebbe fatto qualsiasi cosa al mondo per Scully, quanto dell'uomo che non l'avrebbe mai colpita mentre lei si trascinava per terra.

Ebbe paura, più paura di quanto avesse mai avuto in vita sua, e niente gli faceva più paura che qualcosa di brutto potesse accadere a lei.

Ebbe paura di quello che avrebbe potuto farle, e decise che c'era solo una soluzione al problema.
Questo era il minimo che potesse fare per lei, doveva spararsi un colpo in testa per non poter andare a casa sua e farla a pezzi, guardò per un secondo il cielo, con l'acqua che gli cadeva sul viso, domandandosi in silenzio se tutto questo era qualcosa che dovesse succedergli, se la sua triste vita sarebbe finita così, se era sempre stato destinato ad averla nei sogni e quando tutto era diventato realtà, era finito, solo una notte, sono alcune ore di pace nella sua vita, anche se capì che quando l'ultimo neurone del suo cervello avesse perduto gli impulsi elettrici che lo tenevano in vita, lui avrebbe continuato a pensare com'era.

Come era stato amarla.
Come era stato essere libero dalla paura.
Le lacrime salate che gli uscivano dagli occhi incominciarono a mischiarsi con la pioggia che cadeva su di lui da ore, cercò la sua pistola ed allora accadde.
La vide.
Prima come un'ombra grigia in mezzo alla tempesta e la notte, poi con più chiarezza, mentre si muoveva davanti a lui, la paura.

La sua paura
Sentì caldo, molto più di quanto avesse mai sentito, come non credeva fosse impossibile sentire, che lo riempiva, bruciando ogni brandello di lucidità della sua anima, riconobbe l'impulso ed il sapore dell'adrenalina che gli saliva per la gola, come liquore amaro e scuro, avvelenando i suoi sensi.
E si sentì meglio di quanto non si fosse sentito da giorni, improvvisamente la testa non gli faceva più male, non aveva sonno, la tempesta non gli dava fastidio e sopratutto, non sentiva per niente paura.

Si sentì pericolosamente libero e tranquillo, come se si fosse svegliato da un brutto sogno.
Lo squillo del telefono che non smetteva di suonare gli diede fastidio e rispose.

- Sì.

- Mulder? Dio. Stai bene?

- Sì...si sto bene, mi sento meglio. E tu, stai bene Scully?

- Sì, ascolta, devo parlare con te, ora so quello che sta succedendo.

- Dimmi.

- Vedi le nostre cellule, il nostro intero corpo, funziona grazie ad impulsi elettrici, specialmente i nostri neuroni, sono le cellule che impiegano più elettricità.

Da più di una settimana che ci sono intense tempeste elettriche, intorno a noi ci sono milioni di elettroni che volano da tute le parti, gli elettroni sono anche particelle elettrificate, forse, le due cose stanno interagendo nel cervello.

- Questo ha un senso. Ma perché influenza solo gli uomini?

- Ha che vedere con il testosterone, è l'ormone maschile ed è altamente elettrificato, invece gli estrogeni, che sono gli ormoni femminili sono grandi inibitori della corrente elettrica, per questo colpisce gli uomini.

- Ossia, la combinazione dell'elettricità statica delle tempeste, gli impulsi elettrici del cervello e gli ormoni maschili...

-...quando ci sono tutti questi fattori in un individuo…

-… come me?

- Questo ora non ha importanza Mulder, devi venire con me perché ti porti in ospedale, credo di sapere come controllarlo...Inoltre non si manifesta nello stesso modo in tutti i casi. Non tutti sono influenzati nella stessa maniera dal clima.

- Sei a casa , Scully?

- Sono in ufficio, ma ora vado.

- Ti aspetto lì.

E riattaccò, e Scully non volle sentire che qualcosa di strano stava accadendo, che lui non era solito comportarsi così, prese la giacca. Uscì dall'ufficio e chiuse la porta.
Guidò veloce fino al suo appartamento, l'aria condizionata della macchina non migliorava la sensazione di umidità e oppressione, e per completare, non aveva smesso di piovere per tutto il giorno.
Aprì la porta di casa sua piano, pensando che forse Mulder era addormentato sul divano, non era la prima volta che accadeva, chiuse la porta dietro di lei e mise la sicura.

Ad una prima occhiata non vide Mulder, non era nel salotto, così che camminò fino a metà della stanza, fin dove potè vedere l'entrata della sua camera, improvvisamente un'ombra più grande di lei si mise alle sue spalle e si girò spaventata.

- Mulder!!! Dio, non farlo...

E allora lo capì.
Gli vide gli abiti inzuppati ed un rivolo di gocce che cadeva dal vestito, i capelli bagnati, un mezzo sorriso e qualcosa di strano negli occhi.

Qualcosa che non aveva mai visto prima.
In quel momento, malgrado che il suo cervello le dicesse che era Mulder, il suo istinto di sopravvivenza scattò e la fece retrocedere due passi verso la porta….la porta che aveva appena chiuso con la sicura.

Non ci riuscì.

- Mulder...perché non andiamo in ospedale affinchè...?

- Tranquilla, Scully…ci andiamo in ospedale...

E quel tono di velata minaccia non era quello che Mulder usava con lei, mai, e fece due lunghi passi fin dove stava lei, e senza poterlo evitare Scully retrocesse ancora un poco verso la porta senza uscita.
Questi non era Mulder, lui non le aveva mai fatto paura ed ora aveva paura.

A lui non si scurivano gli occhi come se fossero pozzi di odio e di catrame, Mulder non guardava come se gli piacesse perdere il controllo.
Con un movimento rapido le tolse la pistola dalla fondina e la buttò verso la camera da letto, il suono del metallo per terra fu la conferma di qualcosa a cui lei non voleva credere, le aveva tolto la pistola ed era prigioniera nella sua stessa casa.
Si sentì piccola ed indifesa improvvisamente e fece ancora un passo, sentì il legno della porta chiusa contro la schiena e lui senza mai smettere di sorridere, fece un altro passo, finchè il suo alito si confuse con quello di lei.

- Avevi ragione su una cosa Scully...Non tutti sono influenzati dal clima allo stesso modo.

Parte III

- Avevi ragione su una cosa Scully... Non tutti sono influenzati dal clima allo stesso modo.

****
E senza voler pensare perché, Scully si sentì improvvisamente come se fosse di nuovo nell'armadio di Donnie Pfaster cercando di capire in quale momento aveva perso il controllo sulla sua vita, quale era l'istante preciso in cui un'altra persona aveva deciso cosa fare di lei, questa era la cosa che temeva di più della paura.
Solo che ora non era un pazzo che voleva mangiarle le dita con piselli, ora era Mulder.
Era Mulder.
Il solo pensarlo le dava i brividi, vedere quante sfumature di Mulder non conosceva, non sapeva fino ad allora come suonava una minaccia nella sua voce, o come era il suo sguardo liquido quando lui non c'era dietro l'iride verde.
Un angolo cieco della sua mente si rifiutava di credere che fosse lo stesso uomo, lo stesso uomo che sarebbe tornato mille volte in Antartico per riportarla indietro, lo stesso uomo che poteva piangere come un bambino di dodici anni nel suo grembo, lo stesso uomo che le aveva sussurrato" ti ho amato sempre" prima che lei si addormentasse la notte precedente.
E improvvisamente la sua voce non suonava cadenzata al suo orecchio, e improvvisamente il tocco del suo respiro non era elettrico e capì che quest'uomo non era Mulder.
Non era Mulder.
E tutti questi pensieri e ricordi passarono per la sua mente in quelli che sembrarono secondi eterni che si perdevano sotto la pioggia calda nella tempesta.
Per questo il primo colpo la fece crollare.

Per questo non vide come la mano di lui si chiudeva e si scagliava contro il suo viso lanciandola contro la porta.
Non fu il dolore del colpo alla guancia, nemmeno che bruciasse come fuoco sulla sua pelle, fu scoprire come si stava all'altro lato, dove Mulder non l'amava.

- Non sai le notti che ho passato insonne temendo che ti potesse accadere qualcosa di brutto, Scully.

Lei si alzò appoggiata alla parete e fece alcuni passi verso la sua camera, lui la seguiva molto da vicino, parlando e guardandola, come se stesse osservando una sconosciuta, come se non potesse ricordarla.

La sua voce uscì come un sussurrò soffocato e non potè evitare di sentire pena e vergogna di se stessa, non sapeva che la sua voce potesse suonare così spaventata.

-Mulder…ascoltami...

- Certo, dimmi Scully.

E si avvicinò di più a lei, che continuava a rimanere appoggiata al muro, cercando le parole giuste per farsi capire ora che non era lui, tentando di trovare nel suo sguardo qualcosa dell'uomo che conosceva, ma non c'era più niente di Mulder, solo una nebbia verde che galleggiava come una sottile pellicola di paura.
Per questo la sorprese e la spaventò in parti uguali quando lui si avvicinò e la baciò.
Odorava come Mulder, sapeva come Mulder, ma non era Mulder, lui non baciava come se fosse la fine del mondo, come se stesse per divorarla, stringendo e mordendo le sue labbra come se lei non stesse lì, come se non gli importasse farle del male mentre la baciava.

Ogni volta in modo più urgente, come se non avesse più potuto farlo, come se avesse diritto a morderla e stringerla contro il muro.

Senti una passione oscura e pericolosa che bruciava ogni centimetro di quest'uomo che NON conosceva.
E dovette riconoscere che non aveva mai sentito tanta paura, non aveva mai sentito così poco controllo sulla sua vita come in quel momento contro il muro della sua casa.
E si sentì più piccola e fragile di quanto le piacesse pensare, come se fosse rimpicciolita al chiudere la porta di casa sua.

Nello stesso modo in cui lui non era Mulder, lei non era Scully.

Ma lui aveva una giustificazione però…

Quale era la sua?
Semplicemente non ne aveva, ogni volta che un pazzo cercava di farle del male lei non rimaneva quieta contro un muro, lei non perdeva il tempo cercando di farsi capire, non cercava di capire il suo assalitore.

Ed ora era una cosina spaventata, con gli occhi vitrei e con il primo colpo di molti altri sulla guancia.
E quest'uomo non era Mulder.
Con tutta la forza di cui era capace, lo spinse lontano da lei, Mulder perse l'equilibrio più per la sorpresa che per la forza e cadde a terra.
Scully non perse un attimo e mentre lui stava ancora a terra corse verso la porta e riuscì a togliere la catena con la mano tremante, potè quasi sentire com'era tornare ad essere liberi, finchè una mano molto più grande della sua le si posò sulla spalla e chiuse di nuovo la porta, finchè sentì l'alito contro la nuca, ed in un attimo che le sembrò eterno, come se tutto fosse un orribile incubo in cui moriva per poi svegliarsi, come se si stesse muovendo a rallentatore mentre il resto del mondo correva come ricordi che scivolavano per lo scarico, mulinelli di movimenti vividi e mescolati che si perdevano nella nebbia eterna.

- Scully...non devi aprire la porta. Immagina che ci sia qualcosa di brutto all'altro lato…

Senza potersi girare a guardare questo sconosciuto negli occhi, con il corpo, molto più grande del suo, contro di lei, senza potersi voltare e smettere di guardare quella stupida porta, sentendola vicina, ascoltando le parole di lui all'orecchio, la voce era quella di Mulder, ma c'era un tono diverso e perduto in essa, come se non stesse parlando di sua spontanea volontà, come se ci fosse qulcun'altro dentro di lui.

- Mulder...devi lasciarmi andar via.

Le sue mani forti la fecero girare senza esitazioni e alla fine potè guardarlo di nuovo negli occhi, la sua voce smise di suonare debole contro il legno della porta.

- perché Scully? Io voglio solo che tu stia bene.

- Vuoi che io stia bene? Lascia che vada via, Mulder.

Per un momento qualcosa simile alla confusione gli passò negli occhi, come se quello che stava facendo avesse una specie di logica sinistra che lei aveva appena distrutto, come se lui per un secondo avesse avuto dei dubbi che quello che stava facendo fosse giusto.
Solo un secondo.
Poi il suo sguardo perse di nuovo il controllo e quello strano sorriso senza un accenno di umorismo gli tornò sul viso.

- Non stai bene Scully?

- No.

- Accidenti Scully come sei cambiata, tu non mi dici mai che hai paura o che stai male. Devi sentirti veramente male per avermelo detto.
Senza ombra di dubbio quello che più fece male a Scully fu la sincerità pungente e ferita di quelle parole, come se fossero cristalli rotti che aprivano cento tagli nella sua pelle.
Sapeva che questo non gli era mai piaciuto, che si sentiva male quando lei lo metteva da parte, ma non sapeva come questa cosa suonasse ad alta voce, come si sentiva triste Mulder quando lei lo faceva, e come si sentiva egoista lei ora che l'aveva sentito.

C'era più odio in queste parole che in nessuno dei colpi e delle minacce.

- Questo è un progresso Scully. Mi hai detto che hai paura.

- Sì

- Anche ...se mi è venuto in mente che dirlo forse non serve. Forse devi gridare di paura.

Il tavolino su cui stava il telefono si ruppe sotto il suo peso quando lui la colpi di nuovo e la lanciò sopra.
Aveva una leggera nausea e qualcosa di caldo e dal sapore metallico in bocca.
Sangue.
Inoltre sentiva come le pulsava l'orecchio destro e capì che il giorno successivo avrebbe avuto un livido che non avrebbe potuto nascondere con niente.
Se fosse arrivata al giorno seguente.

- Come va così, Scully? Vuoi già gridare di paura?

Mulder si abbassò accanto a lei e la guardò mentre chiudeva gli occhi e si toccava la ferita aperta che aveva sul labbro, i resti del vetro e del legno del tavolino erano sparsi in tutte le direzioni e sotto di lei, sentì qualcosa di freddo ed affilato nelle costole e cercò di alzarsi, ma riuscì ad emettere solo un piccolo gemito quando lui la spinse di nuovo contro il suolo.

- Non dovresti alzarti da terra, Scully, io non sono medico ma credo che quando qualcuno ha un incidente non bisogna lasciarlo muovere. Vero?

Senza potersi muovere e con Mulder che la guardava da vicino, aspettando risposte come se fossero qualcosa d'importante, come se ora non ne stessero succedendo molte altre di cose importanti.
Scully tossì e riprese il controllo del respiro, piano, perché non facesse tanto male, e non solo i colpi.

La sua voce suonò debole, ma decisa, più di quanto era suonata poco prima.

- Mulder...sto bene, lasciami andare via.

-Scully...ma se vai via ti potrebbe accadere qualcosa di brutto...Inoltre...non sembra che tu stia bene, Scully. Non mi starai mentendo, vero?

- Mulder…ti conosco e so che non potrai mai perdonarti questo.

-Questo non lo sai Scully. Io sono un esperto nel perdonare le cose, per esempio…Ricordi la volta che ti sei fatta un tatuaggio ed andasti a letto con un altro? Bene io l'ho già dimenticato.

Il suo tono era falsamente cordiale, mentre si burlava di lei, senza permetterle di alzarsi da terra, guardandola come se non l'avesse mai vista prima.

-Sei spaventata Scully?

-No.

-Dovresti esserlo.

Scully si trascinò come poté, cercando di sfuggirgli, ogni piccolo centimetro che percorreva strisciando sul pavimento della sua casa, lui la colpiva, solo piccole scosse con il piede, come se voleva assicurarsi che non dimenticasse che lui era lì.
E sorrise senza allegria quando si rese conto di una cosa.

-Su, Scully, non ci crederai...ma da una settimana che sogno questa stessa immagine. Ma tu non credi a niente di questo, vero?

Lei continuava a trascinarsi sul legno, lasciando piccole gocce di sangue e lacrime d'impotenza al suo passaggio, come una traccia sinistra di ciò che stava accadendo.
Ora Scully non poteva pensare con chiarezza, sentiva solo i passi grandi e pesanti dell'uomo alle sue spalle, mentre cercava di scappare non importava dove, non solo per lei, non solo per la paura che aveva, doveva scappare per lui, perché quando tutto sarebbe tornato alla normalità lui non facesse niente di stupido, ironicamente, malgrado la sua situazione, ora lei era l'unica che poteva aiutare l'altro, e doveva afferrarlo prima che cadesse nell'abisso.

Quando riuscì ad arrivare nella sua stanza, la vide, la sua pistola sotto il letto, dove Mulder l'aveva lanciata, continuò a trascinarsi come potè fino a toccarla quasi, aveva il braccio sotto il letto e poteva quasi sentire il contatto freddo del metallo con le dita.

- Ti succede qualcosa Scully? Stai bene?

La girò per terra, come se fosse qualcosa di sporco ed inutile, senza nessuna considerazione, mentre la teneva ferma contro il suolo.

Scully cercava di girarsi come poteva, tentando di raggiungere la pistola sotto il letto, avvicinandosi di più mentre sentiva il peso dell'uomo su di lei.
La baciò di nuovo, con più violenza di prima, stringendo le sue labbra finchè non emise un piccolo gemito di dolore, come se ci fosse solo fuoco ed odio dentro di lui, come se la paura gli avesse strappato tutto quello che lei conosceva.
Ma lei non smetteva di muoversi e tentare di scivolare sotto il letto.

-Non puoi stare ferma Scully? Io voglio solo aiutarti.

Lei continuava a muoversi contro il pavimento e ad allungare il braccio per raggiungere la pistola, ce l'aveva quasi, ma lui sembrava estraneo a tutto questo, non ricordava che aveva buttato lì l'arma, non gli era venuto in mente che era quello che poteva stare cercando lì.
La colpì contro il suolo ancora una volta ed arrivò a sentire qualcosa di simile ad un gemito che le usciva dalla bocca, insieme ad un filo brillante di sangue.
In un movimento molto doloroso per Scully, riuscì ad afferrare la pistola da sotto il letto, tirò fuori l'arma, prese la mira e sparò a Mulder.
E mentre il suono dello sparo moriva tra le pareti della sua stanza, e l'odore della polvere da sparo svaniva, lei poteva solamente pensare che era la seconda volta che gli sparava per salvarlo da se stesso.

Parte IV

E mentre il suono dello sparo moriva tra le pareti della sua stanza, e l'odore della polvere da sparo svaniva, lei poteva solamente pensare che era la seconda volta che gli sparava per salvarlo da se stesso.

****

Senza sapere bene come, la sua mente andò indietro di sette anni, fino alla prima volta che lei aveva traversato la soglia del suo ufficio, come una piccola spia saccente ed onesta.

Troppa luce all'altro lato della porta.

Forse fu in quel momento, forse fino ad allora la sua vita non aveva significato niente, forse quel giorno, in quel preciso istante, si decise cosa sarebbe stato di lui per il resto dei suoi giorni, camminare immeritatamente per mano con questa donna fragile e forte allo stesso tempo, questa donna che l'aveva sostenuto sull'orlo dell'abisso senza sfiorarlo.
Questa fu la prima cosa che pensò Mulder due giorni dopo quando si svegliò in ospedale.
Sentiva un dolore da qualche parte remota del corpo, forse la spalla, forse il braccio...l'anestesia ed il resto degli analgesici avevano fatto bene il loro lavoro.
Si sentiva confuso, come se non dovesse stare lì, chiuse gli occhi per un attimo, come se stesse cercando di ricordare qualcosa, come se avesse qualcosa d'importante che gli fluttuava in mente ma qualcuno aveva spento la luce.

Sapeva che c'era qualcosa.
E, dove stava Scully?
Non credeva nemmeno lontanamente di essere meritevole di vedere il suo sorriso accanto al letto ogni volta che ritornava dai morti, ma era qualcosa a cui si era abituato.

Abituato o ne aveva avuto bisogno, dipendeva da quanto fosse in sé quel giorno.
Per la prima volta si domandò come era arrivato in ospedale, girò piano la testa e si guardò la spalla destra, bendata e dolorante, aveva l'aspetto di essere uno sparo.

Gli avevano sparato, bene, ma...

Chi?

E soprattutto dove stava Scully?
E improvvisamente qualcosa si fece strada nel suo cervello drogato, vide l'immagine che l'aveva tenuto sveglio per tutta la settimana precedente, Scully ferita che si trascinava per terra nel suo appartamento...ma c'era qualcosa di strano, come se qualcosa non stesse al suo posto, chiuse gli occhi, cercando di dare più nitidezza al suo ricordo, prima che la bruma del sonno lo prendesse di nuovo.

Era questo, ora non stava sognando, non stava ricordando un orribile sogno, lo stava vivendo.
Questo era un suo ricordo.

Senti vagamente come si accelerava il ritmo della macchina che lo monitorava, come se gli stesse per uscire il cuore dal petto.
Dove stava Scully?
Le era successo qualcosa di brutto?
Questa sarebbe stata una buona spiegazione al perché lei non stava lì, si sedette sul letto, pensò addirittura di alzarsi ma il dolore e la confusione lo dissuasero, si guardò intorno, cercando il telefono, doveva parlare con lei, doveva assicurarsi che stava bene.
Cosa era successo?
Chiuse forte gli occhi e ci passò la mano sopra, massaggiando dove il naso si univa alla fronte, c'era qualcosa, stava dimenticando qualcosa d'importante.

Tornò a cercare nei suoi ricordi, la paura lo stava aiutando a snebbiarsi completamente dall'effetto delle droghe…ricordò Scully che si trascinava per terra, Scully ferita che si trascinava per terra ed allora lo vide.
Si vide.
Anche lui stava lì, stava in piedi senza fare niente, guardava solamente.

Perché non faceva niente?

Perché non l'aiutava?
E lo vide perfettamente, più perfettamente di quanto non l'avrebbe mai voluto vedere, in verità lui aveva sempre pensato che sarebbe morto prima di vedere una cosa simile.
Vide come si lanciava su di lei e la colpiva, una volta, due volte...

La vedeva muoversi tra le sue mani mentre cercava di difendersi.

Difendersi da lui.
Questo non poteva essere vero, lui non avrebbe mai fatto una cosa simile.

O sì?
Improvvisamente ebbe paura.
La paura...

Chissà perché la ricordò, sapeva che aveva qualcosa a che vedere con quello che era successo, con quello che aveva fatto.
Si spaventò veramente, più di quanto ricordava di essere mai stato.

Tutto si riduceva ad una domanda.

Aveva fatto del male a Scully?
Se qualcuno gli aveva sparato forse era stata lei, forse gli aveva sparato ed era riuscita a scappare da lui.

Senti un brivido scorrergli lungo la schiena, e qualcosa molto simile alla nausea, e sapeva molto bene che non era per l'anestesia.
Che cos'era quello che aveva fatto?
Ora sì, malgrado il dolore e la nausea si alzò dal letto ed incominciò a vestirsi, quando si stava mettendo i pantaloni sentì una voce familiare all'altro lato della porta della stanza.

- Sì, la chiamerò appena saprò qualcosa. Si curi.

La porta si aprì e Skinner entrò.

Si sorprese visibilmente al vedere Mulder in piedi e mezzo vestito.

-Agente Mulder...Come sta?

-Non molto bene. Dove sta Scully?

Skinner si sedette sulla sedia mentre Mulder si abbottonava la camicia, era serio, Skinner era sempre serio, era un uomo che si era visto immischiato in qualcosa di più grande di lui senza averlo voluto, senza averlo scelto, era sempre stato un capo comprensivo ed un amico fedele, nei suoi limiti.

Malgrado che per anni avesse dubitato di Mulder e delle sue teorie li aveva sempre aiutati, lui e Scully, c'era sempre un accenno d'appoggio per lui in quest'uomo, quest'uomo di cui sapeva appena qualcosa dopo sette anni. Skinner aveva sempre capito le sue ossessioni e lo guardava sempre con un miscuglio di rimprovero paterno ed ammirazione.

Meno in questo momento.
Ora Skinner aspettava in silenzio che Mulder finisse di vestirsi mentre puliva le lenti dei suoi occhiali controluce, Mulder non ci aveva fatto caso fin'ora, ma attraverso i vetri della finestra entrava una luce molto diversa di quella degli ultimi giorni, ora non faceva caldo, non pioveva, il cielo era di un minaccioso color grigio piombo, come se fosse novembre, poteva vedere nella strada la gente con pesanti cappotti scuri, faceva freddo, e faceva molto freddo in questa stanza anche se Skinner non aveva detto niente.

- Dove sta Scully?  

- perché non si siede agente Mulder?

- Lei sta bene? Sta bene????

La voce di Mulder suonava angosciata e spaventata, per meglio dire, perché era morto di paura, guardò verso il tetto un secondo e respirò profondamente, grazie al suo grido gli sembrò che qualcosa si fosse rotto nella spalla, sentì un dolore pungente e alcune lacrime bagnargli gli occhi, non solo per il dolore.

- Sta bene Mulder?

- No.

Mulder sedette sulla sedia che stava di fronte a Skinner e lo guardò in silenzio, aspettando una spiegazione del peggior giorno della sua vita.

- Lei sta bene?

- Che cosa ricorda Mulder?

- Ricordo d'aver parlato con quell'uomo che aveva ucciso sua moglie, ricordo la pioggia e il caldo...ricordo d'aver parlato con Scully al telefono...e poi...non so se quello che sto ricordando è vero.

- E' orribile?

- Peggio.

- Allora è vero.

- Me lo racconti lei , signore.

Nonostante che per la maggior parte del tempo tenne gli occhi aperti Mulder non stava lì, sentiva qualcosa di pesante e amaro dentro di lui, qualcosa che gli saliva dalla bocca dello stomaco alla gola, come se qualche acido gli stesse rodendo l'anima, la sensazione che c'era stato un momento in cui la sua vita era diventata qualcosa di simile all'inferno. Come se questo fosse l'ultimo secondo prima della fine del mondo.
Skinner parlava lentamente e di tanto in tanto si fermava a guardarlo, per assicurarsi che lui stesse capendo, pensando forse che stava ancora stordito dagli analgesici, cercando le parole precise, parole che tentavano di essere imparziali senza riuscirci, c'era un lieve accento mal dissimulato di colpa in ogni sillaba.

Come non poteva esserci?

In quale lingua "…tre punti al labbro..." suonava imparziale?
Forse il rimprovero silenzioso di Skinner era questo, forse non erano le sue parole né i suoi silenzi, forse non insultarlo direttamente, non colpirlo, non mettere le dita nella ferita della spalla e rigirare, forse la distanza e la mancanza di un'accusa erano peggio di qualsiasi cosa al mondo.

-Vuole aggiungere qualcosa, agente Mulder?

Mulder alzò la vista e guardò Skinner attraverso l'assenza verde dei suoi occhi, improvvisamente non poteva ricordare altro della sua vita, fino a solo quindici minuti prima non riusciva a ricordarlo, e ora sembrava che tutti i ricordi della sua vita erano solo questi, poteva vedere ogni nuovo colpo, ogni minaccia…ma non poteva ricordare qual'era il suo secondo nome o come arrivare a casa sua.
La voce gli uscì dalla gola senza che lui se ne rendesse conto, come se solo una parte del suo cervello funzionasse, solo la parte che si occupava della parola.

- No...niente, signore.

- Vuole che l'accompagni a casa?

- Cosa succederà ora?

- Non ha sporto denuncia. Lei è libero.

" Libero"

Da una scura e confusa notte di novembre ventitrè anni prima, lui non era libero. Era colpevole di sentire colpa, paura, vergogna e tristezza quasi in parti uguali.

Libero…

Sapeva molto bene quando era stata l'unica volta che si era sentito libero...libero dalla paura, libero da se stesso, l'unica volta in cui tutto gli era sembrato perfetto, in cui non gli aveva fatto male l'anima ed il corpo da tanto essere triste e oscuro, da tanto aver paura.

Tre notti prima nel letto di Scully.

Scoprendo magicamente come suona il suo nome tra sussurri complici, come "ti amo" sono molto più che parole, come era il sapore della sua pelle….com'era non aver paura.

"…Tre punti sul labbro…"

Era all'estremo opposto di un universo lontano dall'essere libero.

- Cosa succederà ora?

- Le ho detto che...

- Non per questo.

- Andiamo, la porterò a casa e parleremo.


* * *

Scully stava chiudendo il rubinetto dell'acqua calda in quel momento, il vapore del bagno ed il calore la facevano sentire meglio, erano passati due giorni da quella notte e le cose non avevano un aspetto che sarebbero migliorate.

Al contrario.
Mulder si era svegliato finalmente, non è che non volesse che si svegliasse, non è che ora lo odiava o che avesse paura di lui.

Si mise l'accappatoio caldo e familiare e pulì con la mano il vapore sullo specchio, forse se avesse un poco di paura di lui…
Di quello che avrebbe fatto quando l'avesse vista, quando Mulder avesse visto cose le aveva fatto.
Lei si era sempre considerata una persona razionale, calma anche se appassionata e dedita al suo lavoro, e malgrado avesse avuto paura molte volte, mai aveva pensato che avrebbe sentito com'era aver paura di Mulder.

Si guardò allo specchio e vide il suo riflesso, o della donna che le rassomigliava molto, forse lei in un'altra vita non avrebbe avuto un occhio pesto, forse il suo occhio destro non sarebbe stato un ammasso di carne irriconoscibile, forse la sua schiena non sarebbe disseminata di piccoli tagli e graffi...ma questa era la sua vita, e doveva incominciare a prendere delle decisioni.
Skinner l'aveva chiamata poco prima, Mulder si era svegliato dopo due giorni, due giorni in cui le tempeste ed il fronte caldo erano passati, ora faceva solo freddo, freddo e pioggia fina ed affilata che cadeva dal cielo grigio, le gocce tiepide ed appiccicose dei giorni precedenti, avevano fatto posto al tempo normale che faceva a Washington a quell'epoca, come se le nuvole ed i tuoni avessero ormai fatto ciò che si erano proposte, come se avessero colpito edifici ed uomini per un motivo.

Ora, due giorni dopo, rimanevano solo macerie di ciò che erano stati, solo focolai fumanti e tristezza grigia di novembre.
Mentre aveva parlato con Skinner non aveva potuto evitare di rallegrarsi, sentire un pò meno tristezza alle parole"...Si è svegliato...". anche se il tono di Skinner era professionale e confuso, no, non era confuso, era deluso, Skinner era così deluso che non aveva potuto nemmeno farle visita, l'aveva chiamata tutti i giorni ma non poteva andare a casa sua ed affrontare ciò che Mulder le aveva fatto, era deluso di lui.

E sicuramente Skinner non l'avrebbe mai detto, sicuramente non glielo avrebbe mai rinfacciato, ma Scully aveva la sensazione che qualcosa si era rotto in quell'uomo, forse non aveva mai pensato che Mulder fosse capace di una cosa simile, lei nemmeno pensò, ma Skinner era sempre stato estraneo alla relazione ed al linguaggio che loro due avevano, Scully non era arrabbiata, non odiava Mulder.
Tornò a vedersi per terra nel suo appartamento, strisciando mentre lui la colpiva, strisciando perché tutti e due potessero salvarsi.
Skinner ed il resto del mondo non avrebbero potuto capirlo, lei non aveva paura di Mulder, aveva paura di ciò che sarebbe successo ora, di come sarebbero state le loro vite dopo quello che era successo.
Non furono i colpi, non era mai stato una questione di botte, questo non faceva quasi più male, sapeva che il tempo avrebbe fatto in modo che i tagli cicatrizzassero e le i lividi sparissero, erano le parole...quello che lui aveva detto.

Veramente sentiva le cose che le aveva detto?

La odiava quando lei si chiudeva in se stessa, e che non avrebbe mai dimenticato la volta che si era tatuata il corpo e l'anima per dimostrargli che non era sua.
Sapeva ora Mulder cosa aveva fatto?
Forse non ricordava niente, forse si stava domandando chi l'aveva sparato e come era arrivato in ospedale, forse si stava chiedendo dove stava lei.

O se stava bene.
Guardò attraverso la finestra, la maggior parte degli alberi non avevano foglie da mesi, il vento giocava con esse ballando una danza magica in mulinelli sui marciapiedi, niente di quello che aveva conosciuto era uguale a prima, ogni cosa sembrava piccola e distante paragonata a ciò che era accaduto loro.
Forse si erano perduti per sempre, quando si erano appena incontrati.
Forse era stata solo quella notte, forse quello che c'era dopo, quello che avrebbero avuto a partire da ora, erano solo ricordi e sussurri tra le mura della sua casa, come l'eco che si spegne ogni minuto, forse tutto era finito ormai.

Il suono del telefono la tirò fuori dalle sue riflessioni, non pensava di rispondere, non sapeva chi era e non era pronta a parlare di nuovo con lui.

La segreteria telefonica si mise in funzione facendo il suo lavoro.
Non ebbe bisogno nemmeno di un secondo per rendersi conto di chi era, solo il silenzio all'altro lato della linea era sufficiente per lei, Scully aveva sempre capito i suoi silenzi e si rallegrò di non aver risposto.

Che cosa gli avrebbe detto?

" Non succede niente Mulder, non mi fanno male i colpi ma le parole, non ho paura di te, ho paura per noi"

Senza dire una sola parola, senza fare nessun rumore Mulder riattaccò e la linea rimase muta, lo immaginò in casa sua, seduto sul divano stringendo la cornetta del telefono.

Cosa stava pensando lui ora?
Forse stava guardando dalla finestra come lei, vedendo come lei lo stesso vento invisibile e gelato che li stava catturando, pensando come lei che forse era tutto finito.


* * *

Mulder stava seduto sul divano di casa sua, avrebbe scommesso un braccio che Scully stava in casa ma non aveva voluto rispondere.

Come poteva volerlo?
Nascose il viso tra le mani e chiuse gli occhi, come se in questo modo avesse potuto cancellare quello che era accaduto, quello che aveva fatto.

Cosa sarebbe successo ora?
Secondo quanto gli aveva raccontato Skinner lei non era arrabbiata, non lo odiava, forse aveva bisogno di tempo per stare sola, forse in quello stesso momento stava facendo le valigie per allontanarsi senza dirgli dove.

Era questo, sicuramente ora lei sarebbe scomparsa dalla sua vita nello stesso modo in cui era entrata, solo che ora invece di aprire la porta e lasciar entrare la luce come sette anni prima, l'avrebbe chiusa definitivamente dietro di lei, avrebbe lasciato solo ombre e ricordi all'altro lato, nel lato in cui lui sarebbe rimasto per sempre.

Se lo meritava, si meritava questo e molto di più.
Scully sarebbe andata a vivere in un bel paese di mare, lontano da lui, avrebbe fatto l'insegnante di scienze in una bella e perfetta scuola, avrebbe avuto una bella e perfetta casa con un giardino e un cancello bianco all'entrata e un giorno si sarebbe sposata con un uomo perfetto che non l'avrebbe mai colpita contro il muro della sua casa.
Non sapeva quando aveva incominciato a piangere, forse quando Skinner era andato via, forse quando lei non aveva voluto prendere il telefono, forse mentre pensava cosa ne sarebbe stato della sua vita ora, anche se era stato sicuramente quando aveva ricordato come l'aveva sbattuta sul tavolino del telefono, sicuramente era stato quando aveva sentito continuamente nella sua mente il suono dei vetri che si rompevano, il gemito di Scully quando non l'aveva lasciata alzare, il suo sguardo spaventato e vitreo che lo guardava come se non sapesse chi era.

-Sei spaventata, Scully?

- No.

- Dovresti"

Veramente l'aveva detto?

E le altre cose...si stese sul divano e guardò il tetto.

Doveva fare qualcosa, non poteva lasciare che lei pensasse che non gliene importava, che per lui non aveva importanza che se fosse andata via ed avesse sposato un altro…ma come poteva guardarla?

Non avrebbe potuto.

Sapeva che non avrebbe potuto affrontare quello che aveva fatto, questo avrebbe fatto solo in modo che lui si sparasse un colpo dopo, si fustigò mentalmente per essere così stupido e per essere Mulder.
Come accidenti aveva deciso che sarebbe andato a trovarla?

Non aveva diritto di parlarle, di vederla un'altra volta, di stare nella sua stessa stanza, e invece gli importava solo che lei non andasse lontano per poter continuare ad essere suo.

Bene….questo lo sarebbe sempre stato, mai nessuno, in tutta la sua vita, avrebbe potuto spegnere tutta la luce che lei gli aveva dato.

Nemmeno lui.
E non solo in quella notte troppo meravigliosa per essere vera, non solo mentre poteva baciarla ed avere un poco meno paura, non solo mentre la sentiva sorridere contro la sua pelle, mentre faceva l'amore e si sentiva libero di essere chi era, non solo quella notte.
Ogni giorno accanto a questa donna era stato qualcosa di troppo perfetto per essere accaduto a lui, a lui non succedevano mai cose buone, aveva avuto questa compagna per sette anni, c'era stato un momento in cui aveva incominciato a dubitare che non era stata lì, che lei non fosse esistita sempre, che c'era stato un tempo in cui non pensava a lei appena sveglio, un tempo in cui non sapeva come si vedeva il mondo attraverso il cristallo blu chiaro, com'era non essere così tristi.
Doveva fare qualcosa, decise che non era capace di andare da lei, non gli importava che lei gli sparasse un milione di altre volte, ma sapeva che non aveva diritto di chiederle perdono.

Ma di tutti e due lui era sempre stato la metà oscura.
Cercò un foglio di carta, una penna e scrisse.

* * *

Scully era stesa sul divano, la televisione accesa riusciva solo a riempire la stanza di una luce azzurra e grigia, un attimo prima aveva deciso che doveva parlare con lui, doveva sapere cosa sarebbe successo ora.
Dana Scully odiava non sapere cosa fare.
Doveva mettersi in piedi e tornare a non aver paura, non poteva lasciare che li vincessero un'altra volta, era sicura che temeva Mulder ora, sicuramente lui avrebbe pensato che lei non gli avrebbe parlato di nuovo e non l'avrebbe più visto, che si sarebbe allontanata fino a che fosse rimasto solo il suo ricordo.
Fox Mulder era uno specialista nell'incolparsi.
Ma lei non sarebbe scappata, non avrebbe lasciato che tutto finisse tra loro, quello che avevano, quello che erano stati, si rese conto di quanto facesse male essere coraggiosa, di come era difficile non aver paura restando sola.

Aveva bisogno di lui.
Ne aveva bisogno come prima, come sempre, aveva bisogno che la salvasse da se stessa ancora un poco, che l'aiutasse ad essere coraggiosa, a tornare ad essere lei.
Nessuno dei colpi, nessuna delle minacce avevano importanza, questo non faceva male.

Il solo pensare che si erano perduti per sempre stava uccidendola.

Non era stato mai un segreto per Scully il fatto che niente e nessuno poteva far loro del male come loro stessi, nessun mutante, nessuna malattia o cospirazione, potevano farli a pezzi come avrebbero fatto loro due.

Lo sapeva, lo sapeva molto bene.

Quello che le faceva più paura al mondo, quello che l'avrebbe tenuta sveglia per il resto dei suoi giorni, sarebbe stato l'essere stata vigliacca ed aver lasciato che la paura li vincesse.

Niente al mondo faceva così male come stare l'uno senza l'altro.
Niente.
Senti un rumore fuori della porta di casa e cercò la pistola con lo sguardo, improvvisamente qualcosa di bianco scivolò sotto il battente, una lettera.

Forse lui stava ancora all'altro lato, forse doveva solo aprire la porta perché tutto tornasse alla normalità.
Invece, prima che avesse il tempo di alzarsi dal divano senti le porte dell'ascensore che si chiudevano, era andato via, se n'era andato forse per sempre e forse senza salutarla.
Si alzò dal divano e camminò fino alla porta, si appoggiò contro di essa, guardando dallo spioncino, sperando che lui fosse ancora lì, ma non c'era, lui non stava lì e a Scully la porta non era sembrata mai così pesante e triste.

Raccolse la carta da terra e tornò al divano, si nascose di nuovo sotto la coperta a quadri ed incominciò a leggere.

Forse era il freddo, forse perché sentiva com'era non averlo lì con lei, ma i suoi occhi diventarono vitrei ed umidi prima di leggere una sola parola.

" Non so come mi sia venuto in mente di scriverti, non so se ora starai leggendo questo, ma avevo bisogno di credere, avevo bisogno di credere che non mi odi tanto quanto mi odio io.
Tutto è grazie a te, e anche se metterai un mondo di distanza morta fra noi io sarò sempre un uomo migliore grazie a te, l'unica luce che mi guiderà sarà sempre quella che hai lasciato accesa prima di andare via, tutto quello che c'è di buono in me ti appartiene e ti aspetterà sempre.

Forse non ti vedrò mai più, sicuramente mi rimarranno vaghi ricordi tuoi e pioggia d'autunno, forse non doveva succedere, forse non ho mai meritato di comminare stretto alla tua mano sull'orlo dell'abisso.
Non pensare nemmeno per un momento che io ti odio, che tutto è stato colpa dell'odio e della rabbia, non c'è un secondo in cui io non ti abbia amato e tutte le macerie che restano continuano ad essere nostre ed ho bisogno di sapere cosa farne.
Anche se mi odierai ogni secondo della tua vita non posso lasciarti pensare che non me ne importi, che non m'importi che mi odi, che non m'importi che tu non voglia vedermi più, non posso lasciarti pensare che non ti amo, che ogni momento orribile accanto a te è stato migliore di un buon momento vissuto senza te.

Poiché sono un idiota ho la speranza che un giorno lontano tu busserai alla mia porta e mi perdonerai, che lascerai che torni ad essere una persona migliore solo per averti.
So che questo non serve a niente, che niente può cambiare quello che ti ho fatto, quello che ci ho fatto, ma non ho mai avuto paura stando accanto a te, non sono mai stato così libero se non appartenendoti e che mai potrò dimenticare che non ho mai fatto niente di meglio che amarti.

Ti amo

M"

Qualcosa simile alle parole era rimasto di traverso nella gola di Scully, tornò a leggerla come se avesse voluto impararla a memoria, come se tutte le parole di quella lettera avessero lanciato un ponte tra due mondi distanti in cui loro vivevano ora, come se potesse di nuovo andare a dormire accanto a lui quando avesse avuto paura.
Nello stesso momento Mulder stava guidando verso casa sua.

Con la pioggia fredda e sottile sul parabrezza della macchina, pensando a cosa sarebbe accaduto se si fosse fermato, se avesse bussato alla porta.

Ora poteva solo abituarsi all'idea di come sarebbe stata la sua vita a partire da quel momento, di come sarebbe stato non averla, non appartenersi.
Arrivò al suo appartamento e sedette sul divano, non si rese conto in quale momento si era addormentato o quanto tempo era stato così, al principio penso solo che stava sognando.
Alcuni colpi leggeri sulla porta di casa.
Guardò un attimo dalla finestra e vide che era notte, il suo orologio segnava quasi le dieci e la macchina di Scully non era parcheggiata nella strada.

Perché automaticamente aveva cercato la sua macchina?
Camminò fino alla porta e aprì senza guardare attraverso lo spioncino, non gli importava sapere chi fosse e cosa volesse, lui voleva solo che se ne andasse presto per tornare a punirsi mentalmente per ancora un milione di volte.
Ma non era preparato per ciò che vide aprendo la porta.

Scully.
Era completamente bagnata e non portava nemmeno il cappotto, con i capelli arruffati che le cadevano sul viso.
Non sapeva se stava sorridendo come uno sciocco, se stava respirando, se gli si era fermato il cuore o tutte queste cose nello stesso tempo.
Ed un secondo dopo la guardò bene, con il labbro perfetto spaccato, l'occhio destro chiuso sotto una pelle livida e dolorante ed il resto dei piccoli colpi e segni che poteva vedere, e questi erano solo quelli che poteva vedere.
E Mulder non sorrideva più ma ora sì che gli si era fermato il cuore.
Pensò che la sua pistola era vicina e che vedere il suo cervello per terra sarebbe stato meglio di quello che stava sentendo ora.

Ma lui meritava di soffrire, meritava sentire come Scully gli diceva " è finita", come faceva un portachiavi con qualcuno dei suoi organi e come poi se ne andava via.
Lui si meritava di vedere quello che le aveva fatto.

-Posso passare?

Si scostò su un lato della porta, perché lei potesse entrare e sparargli al cuore, ma continuava a non poter dire niente, e lei stava lì, in piedi nel suo salotto, con l'acqua che le scivolava sul corpo e cadeva a terra, aspettando che lui facesse qualcosa.

-Vado a cercare un asciugamano.

S'insultò in tutte le lingue che conosceva, "vado a cercare un asciugamano" non suona esattamente come " perdonami amore mio, non volevo farlo, non lasciarmi mai".

No, non suonava uguale.
Tornò nel salotto e lei stava ancora in piedi, di spalle guardando attraverso la finestra della stanza, si avvicinò, cercando di farla girare perché non si spaventasse, ma lei non si scompose, lasciò che lui le mettesse l'asciugamano asciutto sulle spalle senza spaventarsi.

Qualcosa di strano stava succedendo.
perché non aveva paura di lui?

La cosa normale sarebbe stata non potergli nemmeno girare le spalle.

Ma era da molto che le loro vite avevano perso "la normalità"

- Vuoi qualcosa? Un caffè, tè...

- No, grazie. Mulder io…

Ci siamo, pensò Mulder, ora gli avrebbe detto che aveva dimenticato qualcosa in casa sua e che andasse all'inferno.

-...volevo sapere se stavi bene.

- Cosa?

- Non so se Skinner te l'ha raccontato, ma io ti ho sparato.

- Lo so.

- Ti fa male?

- Volesse il cielo.

Mulder fece qualcosa di molto simile ad un sorriso, il primo da molto tempo, ma Scully continuava ad essere seria e a guardare per terra, finchè parlò di nuovo, come se lo stesse facendo per la prima volta, come se fosse di nuovo la prima volta che lei attraversava la porta dell'ufficio.

- Mi dispiace.

- Ti dispiace non avermi sparato in testa?

- Mi dispiace che tu abbia pensato che non ti amo.

- Scully..

- Io non ti odio Mulder, non sono arrabbiata con te.

- Cosa?! Ma io, io…guardati Scully.

- Non è stata colpa tua.

- Io ti ho fatto questo Scully, non comprendo nemmeno come puoi stare nella stessa stanza con me.

- Non vuoi?

- Cosa!? Dio …come non voglio, è che non ho pensato che fosse possibile.

Senza sapere quando erano arrivate, le lacrime inondarono gli occhi di Mulder, non poteva nemmeno guardarla in viso e lei voleva perdonarlo, qualcosa non quadrava, stava sognando e si sarebbe svegliato solo e triste sul divano.

Invece Scully gli si avvicinò ed allungò piano una mano fino a toccargli il braccio, sembrava troppo crudele per essere un sogno, perfino per essere uno dei suoi, il tocco era caldo e leggero, come lo era stato in tutti questi anni.

E la sua voce che arrivava fino a lui suonava dolce e familiare, come lei.

- Mulder...

- Io non lo merito Scully.

- No, non è solo una cosa tua Mulder. Io ne ho bisogno.

Mulder l’abbracciò come se non esistesse niente altro al mondo, come se tutto dipendesse da quel momento esatto, nel salotto della sua casa, abbracciato a Scully e sentendo come i suoi vestiti bagnati si attaccavano al suo corpo, come le odoravano i capelli umidi.

E sicuramente per lui non sarebbe mai esistito un istante come questo, il momento esatto in cui lei lo perdonava, in cui rimaneva accanto a lui malgrado tutto, in cui non voleva nascondersi da lui o svuotare il caricatore.

Lei lo amava.

Scully sentiva le lacrime tiepide sul collo, i sussurri spezzati dal pianto, le mani familiari e grandi che l’avvicinavano, come se avessero paura che potesse scappar via correndo.

Ma lei non sarebbe scappata, era stanca di nascondersi e di aver paura, inoltre, sapeva molto bene di non poter opporsi a lui, a quello che loro erano.

Questo era qualcosa che era parte di lei.

E in quel momento capì che niente più importava, il resto delle cose che erano accadute nelle loro vite erano solo momenti fino a quel momento, come un rifugio in mezzo ad una tempesta di fuoco, capì, in quel momento, con Mulder abbracciato a lei e piangendo sul suo collo, che era sempre stato così, che erano sempre stati loro e che quel momento era esistito sempre.

E non aveva più paura.

Non poteva nemmeno ricordare com’era aver paura.

- Mi dispiace, so che questo non cambia niente. Ma mi dispiace molto.

Scully sentiva le sue parole che le scivolavano con le lacrime sulla pelle, cercando ogni colpo per fermarsi lì, sentendo come tutto faceva meno male.

- Mulder...non è stata colpa tua, e non voglio che tu non lo pensi mai. D'accordo?

- Come è sicuro che mi sveglierò da un momento all'altro...Grazie.

- Perché grazie?

- Per salvarmi.

-Di niente, Mulder.

Scostò la testa dalla curva del collo per guardarla, come se non l'avesse mai vista, come se per la prima volta in vita sua la luce non lo stesse accecando e pensò che a tutti i giorni che sarebbero venuti ora, a tutte le notti accanto a lei, a tutte le mattine di sabato in autunno, e si rese conto che ad un certo punto, in un certo istante della sua vita lui aveva fatto qualcosa di buono, aveva detto le parole giuste e non ne aveva detto nessuna, perché ad un certo momento il destino aveva deciso che lui avrebbe avuto accanto a sé Scully e lui non era nessuno per contraddire la ruota della fortuna e sicuramente questa era la prima volta nella sua vita che girava a suo favore.

Si avvicinò a lei piano, come se non sapesse cosa fare, come se non potesse pensare, sicuramente da un pò che non poteva.

Si avvicinò con delicatezza e la baciò, la baciò perché non gli veniva in mete nessun altro modo per dirle grazie, perché non sapeva cos'altro avrebbe potuto fare per il resto dei suoi giorni, perché sicuramente nessuna parola poteva spiegare loro meglio ciò che erano.
Scully aveva un sapore migliore di quello che lui ricordava, come se fosse luce alla fine del tunnel, la sua pelle morbida e calda, che sapeva solo di Scully, sapeva di perdono infinito in piedi in mezzo al salotto.
Non si rese conto in quale momento aveva smesso di baciarla, quando la guardò di nuovo negli occhi liquidi, sorridendo, come se fosse la prima volta che la vedeva, come se non fosse mai stato più felice di quel momento.

Senza sapere quando la sua bocca aveva lasciato le labbra piccole e dolci, ed le era scivolata sul collo, cercando i posti segreti a cui aveva dato un nome tre notti prima, poterle parlare molto vicino all'orecchio, averne il sapore in bocca, abbracciandola, più vicino ed ogni volta più forte percorrendo alla cieca la distanza che li separava dalla camerata letto.
Sicuramente non ci sarebbe stata un'altra notte come questa per loro, forse non aver paura rendeva tutto migliore, molto migliore.

Poter sentire i sussurri di lei contro la sua pelle, sentire come gli tremava il corpo sotto le piccole mani, come odoravano i capelli di fuoco sparsi sul cuscino, come era percorrere con le sue mani, troppo grandi, un deserto di sabbia bianca calda, troppo morbida e delicata per lui e sentire come il suo calore lo bruciava più in là del corpo.
E definitivamente le cose non sarebbero state uguali per loro, ora avrebbero potuto nascondersi l'uno nell'altro ogni volta che avessero avuto paura, avrebbero potuto allontanare le ombre stando insieme, solo amandosi.
E Mulder non avrebbe mai potuto dimenticare come era il fuoco quando la tormenta dolce passava, come il respiro di lei tornava alla normalità e la voce suonava meno agitata quando tutto rimaneva di nuovo in penombra, sapendo che, anche dopo aver fatto l'amore, non avrebbe potuto lasciarla andare, sapendo che ora, come prima, non avrebbe potuto lasciare che si allontanasse molto da lui, dall'uomo che era ora grazie a lei.
E capi che anche se fuori stava ancora piovendo, anche se lui non avrebbe mai potuto dimenticare i piccoli tagli nella schiena mentre lei dormiva...capì che non importava quanto forte li scuotessero i fulmini dentro e fuori, doveva solo abbracciarla per non aver paura.

- Hai paura ora Mulder?

- Non posso più ricordare com'era aver paura.

Torna all'inizio Sfoglia l'archivio