Le fanfic di X-Files

Prove

Autore: Irati
Pubblicata il: 24/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: PG-13, vietata ai minori di 13 anni
Genere: MRS/RSM
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Lavora da tredici ore e sembra che si sia appena vestito. Camicia con le maniche rimboccate fino ai gomiti. Cravatta con il nodo allentato. Una leggera ombra di barba ed è un miracolo quello che fa. Non sembra un uomo stanco che ha bisogno di dormire e di una doccia. Sembra la pubblicità di un giornale, deliberatamente disordinato, fingendo si essere stanco e con le occhiaie, solo per risultare più attraente. Piove svogliatamente, come se piovesse tanto per piovere e nella monotonia della sua voce Scully ha appreso ad interpretare flessioni ed inflessioni. Mulder parla del caso. "Il voodoo non è una diceria, Scully, è una delle credenze più diffuse nel mondo e ci sono casi documentati in Africa, nei Carabi e perfino negli Stati Uniti che lo testimoniano…" e a questo punto smette di ascoltarlo perché è lo stesso ballo di sempre ed il suo lavoro è non credere ed a volte è pura messa in scena. Quello che fanno, come si sfidano e la loro routine di ragioni e spiegazioni.

- Mulder, dammi una, una sola buona ragione per chiedere al giudice un ordine di perquisizione di quella casa.

- In essa si pratica magia nera.

- Uccidere polli per ricevere messaggi dai parenti morti tre generazioni prima non è magia nera, Mulder. E’ solo uno spettacolo per turisti. Poco edificante ma non è un delitto a meno che una cattiva recita sia un delitto.

- E se realmente stanno invocando i morti?

Si alza in piedi, con pantaloni del completo ed entusiasmato malgrado la stanchezza fisica. Percorre la stanza dando spiegazioni. Dice "il potere dell’ouija per evocare i morti". Dice "accettare che le persone lascino una scia psichica quando muoiono, Scully". E tutto quello che dice sarebbe una follia se Scully stesse ascoltando ma non può. Sta ascoltando le sue mani, il modo in cui si appoggiano alla vita, il modo in cui reggono le carte. Sta ascoltando i suoi capelli che mormorano "toccami" quando Mulder li separa con le dita. Sta ascoltando la sua stanchezza, quanto piccoli siano i suoi occhi, lo scintillio dello sguardo, come si strofina il setto nasale quando si toglie gli occhiali. Sta ascoltando quello che non dice e nel silenzio, Mulder parla perfino con i gomiti. Emana energia nervosa. Quando si arrabbia, quando si accalora con un indizio di un caso, quando sfida la logica perché si sottometta alla sua volontà. La logica, come Scully, si sente tentata.

- Hai visto come quell’uomo entrava in trance.

- In trance? Ho visto come roteava gli occhi e sudava. Ho visto come ti convinceva con un esibizione da poco e cambiava tono di voce.

Si alza, perché se sta seduta, la differenza d’altezza è troppo evidente e Mulder già approfitta di tutti i vantaggi quando si tratta di destabilizzarla. Non vuole dargli vantaggi facili. Si alza e non sa perché incominciano ad avere una discussione in una stanza dalla grandezza perfettamente normale e finiscono uno accanto all’altro. Dove tutto ciò che li separa si misura in millimetri. Lunghi, elettrici millimetri.

- Come sai che Leroy Destrange non si era messo in contatto veramente con i morti?

- Suppongo che "perché è impossibile" non ti convincerà. Così che, che ne pensi di perché non mi ha dato un solo buono e solido motivo per credere?

Mulder si china su di lei, dopobarba ed aroma delle ore insieme. La voce quasi addormentata, le labbra carnose. Quando usa il suo nome dice "Scully" e provoca brividi in tutte le sue difese.

- Se avessimo bisogno di un buono e solido motivo per credere, Scully - lì sta, quel brivido - non si chiamerebbe credere, si chiamerebbe "Scully ha sempre ragione". Cerca di convincerla con gli occhi, tenta sempre di attrarla nel suo terreno, non si arrende mai -Ti piacerebbe che si chiamasse così, vero?

Le piacerebbe?

- Mi piacerebbe che fosse ragionevole, Mulder.

Ma, accidenti, la sua stessa voce suona un poco rotta e soffocata, possibilmente. E non del tutto ragionevole.

- Questo ti piacerebbe, Scully?

La vita è lunghe attese in corridoi di ospedali, molte notti per strada e attese senza una meta fissa negli aeroporti. La vita è un seminterrato dove si digerisce il passare del tempo e cento motel che sembrano sempre lo stesso. La vita, in realtà, è quel momento in cui smetti di fare quello che hai sempre fatto e fai un passo alla cieca.

Meno di un passo, in realtà. Un movimento in avanti e le labbra di Mulder. Un atto riflesso e la sua lingua in bocca. Un poco di volontà e si mette in punta di piedi. Un secondo e non c’è distanza, stanno corpo contro corpo, perdendo l’equilibrio perché non arrivano le labbra a fare tutto. Ora che le porte si sono aperte, arriva l’inondazione e ballano fino a qualcosa che li sostenga. Scully lo negherebbe ma un osservatore imparziale - e in questa stanza non c’è nessuno - direbbe che è lei che lo spinge, ansiosa ed un poco frenetica contro il muro.

L’aveva sempre sospettato. E’ uno dei motivi per cui resisteva all’impulso di farlo. Credeva - senza prove buone, nemmeno solide, nemmeno ragionevoli - che un poco non sarebbe mai bastato, che Mulder non era qualcosa che si sarebbe potuto consumare a razioni. Sapeva cosa sarebbe stato un bacio e avrebbe dovuto essere tutto. Sapeva prima di provarlo come sarebbe stato un bacio di Mulder. Energico e ossessivo, come se volesse lasciarci la vita nel tentativo, quasi folle e febbrile. La bacia come indaga sui misteri della natura, senza un grammo di raziocinio e per questo continua a baciarlo, trascinata dalle cose che non hanno logica. Mordendo e leccando e la lingua di lui in bocca e la sua dentro e le dita nei capelli ed in piedi contro il muro si tolgono la giacca e scivolano. Continuano e continuano a scivolare.

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