Le fanfic di X-Files

Martedi

Il giorno dopo i fatti di All Things
Autore: Starbuck_Z
Pubblicata il: 26/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: PG, da leggere con i genitori
Genere: MRS/RSM
Sommario: Il giorno dopo i fatti di All Things
Note sulla fanfic: E' "il giorno dopo" all things, quando Mulder si sveglia e si rende conto che Scully si è allontanata. Si può vedere come la continuazione della ff che ho scritto tempo fa "There's a rason for all things", ma non è assolutamente necessario leggerla per poter seguire questa.

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Altre note:
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All'inizio non mi meraviglio. Nemmeno lo ricordo. Tutto è perfettamente normale.

Anche il fatto che mi sono addormentato, nel mio letto, invece che sul divano. Non è la prima volta che decido di tentare di cercare il sonno sul materasso ad acqua.

E quando i miei occhi finiscono con l'aprirsi completamente e la mia mano si fa strada tra le lenzuola con il primo sbadiglio, non mi sorprendo nemmeno di non trovare niente di più del vuoto. E' l'abitudine. Troppi anni dormendo da solo.

E' allora quando incominciano ad arrivare i primi ricordi. Nitidi, tangibili. Vicini.

Per i primi decimi di secondo sono convinto che si tratti di un altro dei miei sogni, un'altra fantasia notturna frustrata. Ma le immagini sono troppo vivide. Troppo reali.

Non l'hai sognato, Mulder.

Lei è stata qui.

Tardo vari secondi ad accettarlo. Non è che non voglia crederlo. Voglio credere con tutte le mie forze ma sono state tante le volte che mi sono svegliato con la stessa sensazione, che al principio mi costa autoconvincermi che questa volta è reale. E' successo.

Chiudo gli occhi e posso vederla. Raggiante, bella, serena. Più accecante di quanto abbia mai immaginato in tutte le mie fantasie. Dandomi la sua anima. Guardandomi, abbracciandomi, distruggendomi la pelle, sussurrandomi all'orecchio parole che non poteva nemmeno capire.

Scully è stata nel mio letto.

Qui. Nel mio letto. Scully. Con me. Nel mio letto.

Scully.

Le immagini mi colpiscono con un bombardamento di flashes lontani e torno ad averla su di me, come una scultura di marmo e alabastro, come una venere dolce e sognante. E tutto quello che vedo sono i suoi occhi azzurri perforandomi, e tutto quello che posso sentire è il tatto della sua pelle di porcellana sotto le mie dita tremanti. E tutto quello che posso udire sono i suoi mormorii soffocati e i suoi gemiti .

Non ho mai creduto in Dio ma lo supplico, se esiste, che non permetta che tutto questo sia un altro sogno.

Quanto tempo è stato? Sei anni? Sette? In realtà credo non ho desiderato questo da quanto l'ho conosciuta ma che l'ho desiderato per tutta la mia vita. Da prima, anche. In qualche modo l'ho desiderato prima che esistessimo. Ed oggi, troppo tempo dopo quel sei marzo, l'unica cosa a cui posso pensare è a ciò che è accaduto stanotte.

Sono andato a letto con Scully.

L'idea è così asfissiante che mi sembra d'essere ancora drogato, come se il cuore si fosse messo in gola e io potessi sentire il suo battito nelle tempie. E' accaduto. E' accaduto! Per un momento prendo in considerazione il fatto di saltare a terra e incominciare a girare per l'appartamento gridando. Ho voglia di aprire la finestra, affacciarmi e svegliare l'intero vicinato urlando a pieni polmoni: "Scully ed io siamo stati a letto insieme!". Mi sento infantile. Mi sento stupido. Mi sento rapito e trasportato in un'altra galassia.

Sono così stupito per la mia stessa felicità che per due o tre secondi non do la minima importanza al fatto che nel letto non c'è nessun altro tranne me. Non è che non sono cosciente che sto solo nella stanza; è che non ho avuto il tempo nemmeno di fermarmi a pensare che diavolo significhi questo.

Scully non c'è. Se n'è andata.
E anche se potessi cercarla nel salotto, in cucina o in bagno con la speranza che sia ancora qui, so per certo che è andata via. Semplicemente, lo so.

Resto vari minuti senza muovermi dalla mia posizione, seduto nudo sul letto e osservando alla mia destra ogni ruga, ogni prova che il corpo di Scully ha lasciato stanotte sulle lenzuola e sul cuscino. Cerco d'immaginarla mentre dorme. Cerco di capire cosa le sia passato per la testa e che cosa l'abbia obbligata ad andar via.

Sono le sette e mezzo. Questo significa che è andata via presto, quando aveva ancora tutto il tempo del mondo per andare a lavorare.

Improvvisamente la felicità accumulata si trasforma in una sferzata di paura che mi percorre dalla testa ai piedi. Si è pentita?

Che cosa è successo, Scully? L'ultima cosa che ricordo è che tutti e due siamo rimasti stesi l'uno di fronte all'altro, guardandoci senza dire niente e dicendo tutto fino ad addormentarci. Non mi è sembrato vedere segni di dubbio o pentimento nei suoi occhi.

Mi domando se semplicemente ha bisogno di tempo per farsi un'idea del cambio radicale che questo implica. Ma mi chiedo anche che cosa l'ha fatta preoccupare fino al punto di evitare di svegliarsi con me.

Mi alzo poco a poco mentre sento un tremito leggero lungo le gambe. Paura. Io, Fox Mulder, ho vissuto attanagliato dal pericolo e dall'angoscia per innumerevoli anni ma mai avevo sentito la paura così vicina.

E se questo cambia tutto? E se dopo stanotte non torna più a guardarmi come prima?

E se quello che abbiamo fatto è stato un tremendo, irreparabile errore? Io l'ho voluto da tanto tempo che non ricordo nemmeno da quando, e lei?

Guardo di nuovo l'orologio con nervosismo come se non mi fossi reso conto bene dell'ora ed avessi bisogno di assicurarmene. Le sette e mezzo. Ho giusto il tempo per vestirmi e correre in ufficio prima che Skinner ci obblighi ad immergerci in un nuovo caso e non posso parlare più di questo con Scully.

Andando verso il bagno per fare la doccia calpesto senza volere qualcosa di setoso e morbido, e mi calo per raccoglierla da terra. Sono le calze di Scully. Improvvisamente guardo intorno con una vaga speranza cercando il resto dei suoi vestiti, ma non ci sono. Le calze sono tutto ciò che ha lasciato. Con un movimento istintivo, avvicino al viso il tessuto e m'immergo in esso. E' incredibilmente morbido e odora di Scully. Un miscuglio di fragole, pesca sciroppata e un profumo femminile inesplicabile. Rimango così per un bel po’ di tempo, intossicandomi con lei, finchè decido di sollevarmi e andarla a cercare.

Uscire per strada ed incontrarla.

Se vedete una donna dai capelli rossi senza calze, fermatela. E' la mia Cenerentola.

Faccio la doccia mi rado ad una velocità supersonica e scelgo il vestito che metto senza fermarmi a fare considerazioni. La prima camicia che vedo, la prima cravatta che ho a portata di mano. Chiudo bottoni il più rapidamente possibile e mi faccio il nodo senza nemmeno mettermi davanti allo specchio. Normalmente sono solito fare questo rituale mentre penso a quale XFiles nuovo troverò quando arriverò in ufficio, ma oggi no. Oggi ho la mente da un'altra parte.

Quando finalmente sono pronto, prendo il telefono e la Smith&Weson e attraverso la porta d'ingresso. Chiudendo a chiave mi rendo conto che le mie dita tremano come un budino. Sono nervoso. Sono morto di paura perché non voglio perderla. Non posso perderla. Ora che l'ho avuta per una breve notte, non posso permettermi di perderla.

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Palazzo J.Edgard Hoover
Washington,D.C.
8:26 a.m.

Il cammino dal garage all'ascensore mi si presenta infinito. Credo di non aver avuto mai tanta fretta da arrivare al mio ufficio, nemmeno quando sapevo che avevo un caso importante tra le mani. Per qualche motivo, so che lei sarà lì. Se l'ha invasa la decima parte della stessa mia ansia, non avrà potuto rimanere in casa ed avrà dovuto correre qui prima del previsto. E se la conosco bene, sarà interessata ad un nuovo caso che ora starà studiando nei dettagli per iniziare a spiegarmelo ed evitare di dover parlare di altre cose.

L'unico problema è che io voglio solo parlare di altre cose.

L'ascensore è pieno della stessa gente di tutti i giorni e le conversazioni sono le stesse di tutti i giorni, ma posso appena sentirli parlare tra loro. Sento solo un ronzio insistente e gemiti soffocati di Scully mentre la tocco.

E mi rendo conto che se non smetto di pensare a lei e ai suoi piccoli suoni avrò un problema serio proprio qui, ora, e trovarmela davanti in ufficio in queste condizioni sarà abbastanza imbarazzante.

Non devo nemmeno cercare di concentrarmi perché improvvisamente mi ricordo di nuovo che lei è andata via dalla mia casa come se stesse fuggendo da me, e l'onda di paura che mi scuote è sufficiente per gelarmi dentro.

Quando l'ascensore si ferma al seminterrato 1, sono l'unico che esce. Tutti gli altri continuano a salire ai piani alti del palazzo.

Mi dispiace, qui stanno solo i più indesiderati dell'FBI.

Inspiro profondamente mentre cammino attraverso il corridoio verso la porta e una vocina interna mi avvelena. Non mandare tutto all'aria ora, Mulder.

Non rovinare tutto, non lo rovinare, non lo rovinare.

Quando mi pianto davanti alla porta ci devo pensare quasi due volte prima d'aprire. Sulla porta di legno c'è scritto "Agente Speciale Fox W. Mulder". Dovrebbe esserci scritto anche "Agente Speciale Dana K. Scully". Questo è anche il suo ufficio, è anche la sua scrivania.

E' sudore quello che sta bagnando in questo momento le mie mani?

Prima do alcuni colpi piccoli sulla porta e poi giro il pomo lentamente. E' aperta. Scully è dentro. Cosa le dirò?

La porta si apre molto piano ed io trattengo il respiro per alcuni interminabili secondi che mi sembrano un autentico supplizio. Cerco di tranquillizzarmi ma non posso. Sono un fascio di nervi, maledizione.

La prima cosa che vedo sono le palpebre di Scully che si alzano dalla cartella che ha davanti. Poi mi fermo a guardare il resto.

E' seduta alla scrivania. La mia scrivania, la sua scrivania, la scrivania di tutti e due se lei vuole. Chissà per quale motivo vederla sfogliare un XFiles con la silhouette che su staglia sul mio poster e messa dietro alla targa argentata con il mio nome mi risulta tremendamente erotico. Non so perché. Ma mi risulta.

Mi lancia una di quell'occhiate scientifiche capaci di sciogliermi ogni mattina e i suoi occhi cristallini distillano una tranquillità stupefacente.Se solo potessi mostrare la sua stessa serenità.

- Buongiorno - mi saluta con qualcosa che si potrebbe interpretare come un ambiguo sorriso.

- Buongiorno - rispondo.

C'è un teso momento di silenzio. E' tutto molto strano e non solo perché sono io che normalmente arrivo per primo in ufficio; l'aria è carica di elettricità e giurerei che posso vedere come crepitino le scintille. In un martedì qualsiasi di un mese qualsiasi, uno di noi due avrebbe incominciato a parlare a ruota libera e la conversazione sarebbe nata da sola prima di rendercene conto. Questo martedì, nessuno dei due sa cosa dire.

Mi sento confuso. La cosa divertente, se c'è qualcosa che possa esserlo, è che ho 38 anni e non so come affrontare apertamente davanti alla mia compagna che tra noi c'è stato qualcosa più delle parole. Per tutti i santi. Mi meraviglio della mia maturità.

Cosa dovrei dirle? "Ciao Scully, cosa ne pensi se decidiamo che nuova svolta daremo a questa relazione?" O forse "Ti piacerebbe ripetere quello che è successo questa notte, Scully?"

Dio. Siamo amici da così tanto che qualsiasi cosa io possa dirle ora mi sembra ridicola. Il problema è che sette anni sono troppi.

Credo che tutto sarebbe stato più facile se si fosse svegliata con me, quando i ricordi erano ancora recenti. Averla vicino a me tra le lenzuola sarebbe stato abbastanza più tranquillo che averla qui, nell'ufficio, con una cartellina e un fascio di carte tra le mani. Tutte le fantasie che ho avuto in questi anni sull'idea di passare una notte con lei finivano sempre con un mattino assolato, una doccia insieme e un sorriso assonnato sulle sue labbra mentre le preparavo la colazione. Mai, nemmeno nelle mie fantasticherie più surreali, c'incontravamo nell'ufficio dopo che lei se n'era andata lasciandomi nel letto.

Così che semplicemente non so come affrontarlo. Non sono preparato.

E' lei che parla per prima. Solo a sentire i primi suoni armoniosi sella sua voce sento che mi si stringe lo stomaco e che ho il cuore in un pugno.

- Ci hanno mandato un video - dice indicandomi una piccola cassa di plastica - e' arrivato ieri nel pomeriggio.

Chiudo la porta dietro di me e faccio due o tre passi verso il tavolo cercando di mostrare sicurezza. Parlare di un caso mi conforta. Mi da un certo aplombe. Non è che l'avevo pianificato e senz'altro non è quello che voglio in questo momento, ma le mie intenzioni d'abbordare Scully direttamente e metterla alle strette sono cadute quando l'ho vista di nuovo. Non ne sono capace. Così semplicemente.

- Chi l'ha mandata? - domando.

Scully prende uno dei fogli tra le mani e incomincia a recitare.

- Norman Bishop - legge - un videoamatore di Gainesville, Florida.

Si alza dalla scrivania per prendere la cassetta e incomincia a camminare verso il videoregistratore. Allora posso vederla completamente. Indossa un tailler, giacca e gonna grigio scuro e un paio di scarpe nero dal tacco impossibile. Mette il video nell'apparecchio e al girarsi verso di me mi offre una sorprendente visione frontale del suo viso d'avorio, delle labbra rosa e della sua figura fragile. La giacca, completamente aderente, è tutta abbottonata e finisce con una scollatura a forma di V ma è la più vertiginosa che io le abbia mai visto, è allora, Dio santo, che tutti i miei muscoli finiscono per strozzarsi perché giurerei che sotto non ha nient'altro che la biancheria. Vedo solo la croce dorata che pende dal suo collo marmoreo e improvvisamente devo appoggiarmi alla scrivania perché le gambe non mi sostengono. Perché ha scelto proprio questo giorno per vestirsi così? Vuole sedurmi? Vuole torturarmi? Un istante dopo aver introdotto il video, Scully gira la testa da un lato all'altro cercando il telecomando e si rende conto che sta (e dove altrimenti) sulla scrivania, giusto accanto alla mia mano. Si avvicina verso di me per prenderlo e in questo preciso momento, guardando in basso dalla mia altezza, vedo abbastanza e inoltre lo vedo chiaramente. Solo un reggiseno. Nero. Di pizzo.
Dio mio.
Vorrei mantenermi relativamente lucido ma là giù, nei pantaloni, sto incominciando a sentire effetti non desiderati. Specialmente quando ritornano in serie, una dopo l'altra come lampi, immagini di Scully così come si è mostrata a me questa notte. Nuda, coperta di sudore e disinibita. Senza reticenze, senza muri. Senza nessun "sono la tua collega, lavoro con te, guardami e non toccarmi". Questa notte l'ho guardata e l'ha toccata. L'ho toccata in ogni posto che avevo sognato e che lei aveva sognato, e anche di più. L'ho toccata in posti che non sospettavo nemmeno che esistevano o che fossero remotamente erogeni e lei ha risposto in maniera anche più appassionata di quanto ero arrivato ad immaginare che sarebbe stata Scully nelle mie fantasie. Con carezze, con movimenti da fare impazzire, con suoni e sussurri profondi che non erano di questo mondo. Con ogni parola e con ogni azione che non avrei mai sospettato in lei e che hanno finito per togliermi la lucidità al solo al pensare che ero io, Fox Mulder, che le stavo facendo quell'effetto. Io. Ed anche se ho avuto sempre paura che i nostri corpi non raggiungessero lo stesso genere di connessione mistica e soprannaturale che avevano raggiunto le nostre anime, o che non avrebbero risposto alle aspettative che mi ero creato per anni, la verità è che lo hanno fatto. Miracolosamente.
Due volte.
Spero solo che Scully mantenga lo sguardo fisso sul televisore e non le venga in mente di guardare nella direzione dei miei pantaloni. Sarebbe troppo imbarazzante.
Senza aspettare che io faccia altre domande, prende il telecomando e aziona "play". Sullo schermo appare una registrazione di cattiva qualità di uno stadio di football intasato di gente durante un concerto. Scully inizia il monologo ed io mi tranquillizzo di nuovo perché questa situazione inizia a sembrare quella di un martedì qualsiasi di un mese qualsiasi.

- La registrazione è di approssimativamente di una settimana fa ed è stata fatta nello stadio Ben Hill Griffin di Gainesville - racconta - Ottantamila persone scalmanavano nel campo di football. Per quello che si vede stanno facendo un concerto di un gruppo di heavy metal.

- Non è proibito introdurre telecamere ad un concerto?

- A quanto sembra, il nostro amico Bishop è riuscito a far passare una piccola telecamera digitale. Ma la cosa interessante è ciò che è riuscito a filmare. Osserva - ed indica lo schermo - Dunque, il complesso heavy si chiamava… - si gira verso di me per lanciarmi una sguardo di scetticismo completato da un inarcamento del sopraciglio destro prima d'aggiungere - "Figli di Nosferatu".

Anche se all'inizio cerco di farlo, non riesco a reprimere un mezzo sorriso divertito.

- Perché ho il presentimento che da un momento all'altro suggerirai l'ipotesi di "omicidio per un rituale satanico"?- mormoro guardando verso il tetto.

Scully sorride impercettibilmente ed io rabbrividisco a pensare che un commento senza nessuna pretesa sia riuscito a strapparle il primo gesto amabile da quello che è accaduto stanotte. Forse ho ancora qualche possibilità. Voglio credere. Concentrati sulla registrazione, Mulder. Sul caso. Se non è per te un grande sforzo, cerca di ricordare che sei un agente federale sul punto d'iniziare un'indagine e non un adolescente nervoso con gli ormoni pronti a scoppiare. Il fatto che lei sia tanto vicina da poter sentire l'odore di ogni sfumatura del suo profumo non dovrebbe essere assolutamente motivo di distrazione per quanto pronunciata sia quella scollatura. Dio, quella scollatura.
Lo schermo. Guarda, il maledetto schermo.
Il televisore mostra l'immagine di decine di migliaia d'isterici che soffocano con le loro grida i decibel della chitarra elettrica "sputati" dai quattro amplificatori del palco. Rapidamente analizzo la situazione. Sul lato inferiore a destra, color giallo luminoso, appare l'ora in cui si sta facendo la registrazione: in quel momento marca le 23:07. Sulle tavole del palcoscenico, quattro uomini che si dimenano da un lato all'altro mentre scuotono le corde degli strumenti, maltrattano la batteria e lanciano grida con voce d'oltretomba. L'individuo che sembra essere il cantante indossa un jeans troppo stretto, un'acconciatura che non lo aiuta per niente, vari piercings in tutto il corpo e un enorme tatuaggio che rappresenta il volto di un vampiro che si estende su tutto l'addome e parte del petto. In una mano un microfono e nell'altra, un sigaro trattato con chissà quale sostanza allucinogena.
Se ci penso bene, ma molto bene non finisce mai di essere confortante sapere che la nostra sezione di XFiles acquista fama in ogni genere d'ambiente. Sicuramente a Scully farà piacere investigare andando per posti strani e malfamati.
Improvvisamente i riflettori messi sulla parte superiore del palco esplodono in mille pezzi e s'incominciano a sentire delle grida. La cosa successiva che vedo è l'immagine fugace ed accecante di una luce che invade tutto, e poi la registrazione s'interrompe lasciando una nuvola di puntini luminosi sullo schermo.
Sono rimasto perplesso. Dopo una decina di secondi reagisco e quando sto per chiedere a Scully di riavvolgere per poterlo rivedere un'altra volta, lei m'indica con un gesto di continuare a guardare lo schermo. Improvvisamente, questo s'illumina di nuovo con l'immagine dello stadio da football. C'è una gigantesca nuvola di polvere sul palco per colpa del guasto dei riflettori e del sistema audio, e il suono stordente delle chitarre elettriche è cessato; ora si sente un suono anche più stridente, quello del pubblico che grida in preda al panico. Nelle prime file si percepisce un certo movimento collettivo come se varie centinaia di persone si fossero spaventate fino al punto di cercare di scappare da tutte le parti. L'onda del movimento si propaga rapidamente attraverso la folla ma perde di forza man mano che si estende alle file posteriori, in modo che la videocamera che sta registrando tutto e dietro la quale si trova quasi sicuramente lo stesso Bishop riesce a mantenersi in equilibrio malgrado gli spintoni. Mentre il palcoscenico continua a stare al buio sotto la nuvola di fumo.
La cosa più importante di tutte è che ora sto guardando l'angolo inferiore destro dello schermo.
L'orologio segna le 23:16.
Scully interrompe la riproduzione del video fermando l'immagine e si gira verso di me con il suo perenne inarcamento di sopraciglia.

- Sembra che non ci sono stati danni tra il pubblico che ha assistito al concerto - annota - salvo che qualche shock e vari casi di individui che mostravano i sintomi di vari tipi di stress postraumatico. Invece i membri del complesso avevano diverse bolle prodotte dalla scottature di secondo grado dopo l'esposizione a…bene, a qualsiasi cosa che sia accaduta.

Per un momento rivolge lo sguardo a terra per poi guardarmi di nuovo prima di aggiungere:

- Il cantante era sparito.

Inarco un sopracciglio e sorrido appena. Mi aspettavo questa frase. Non so perché me l'aspettavo.

- Non mi dire - sottolineo.

- Le autorità locali non trovano nessuna spiegazione per l'incidente e quando hanno visto il video di Norman Bishop hanno deciso di rivolgersi all'FBI.

Mi porto una mano al setto nasale per massaggiarlo mentre chiudo gli occhi e sospiro.

- E' incredibile fin dove arriva la nostra fama, eh, Scully?

Lei mi regala un gesto serio che contrasta con il sorriso ballerino dei suoi occhi azzurri. So che gode di questo rituale che si ripete meccanicamente ogni volta che affrontiamo un nuovo caso. E so che cerca di mostrare la maggior serietà possibile ma che trova divertente vedermi elucubrare e lamentarmi amaramente sulla nostra cattiva reputazione; il suo gesto misurato cerca di nasconderlo ma i suoi occhi non m'ingannano. Non dopo sette anni. Non dopo averli avuti a due millimetri dai miei.

Ti ho detto qualche volta che sei meravigliosa, Scully?

Mi appoggio leggermente alla scrivania incrociando i piedi e le braccia e la guardo direttamente con un'espressine di sfida. Se non vuole parlare di lei e di me, parleremo del caso.

- Ebbene…hai una teoria? - le domando.

Scully sorride appena mentre prende il telecomando del video e ci gioca dandosi piccoli colpi ripetitivi nel palmo dell'altra mano.

- No, - risponde finalmente - Ma so che stai per dirla tu.

Cerco di tirar fuori la mia migliore espressione d'ingenua innocenza e mi stringo nelle spalle.

- Che cos'è che dirò? - prima di darle il tempo di rispondermi, mi piego verso di lei e le sussurro in un tono che pretenderebbe di essere enigmatico e che credo sia tutto meno che questo - Suppongo che hai osservato l'ora della registrazione prima e dopo.

Scully batte le palpebre lentamente e mantiene gi occhi chiusi per un istante di riflessione, come se stesse per mollarmi una lagna filosofica.

- L'ho osservata, Mulder…

- Nove minuti , Scully.

- Si. Lo so. Potrebbe essere stato un difetto della telecamera.

Un difetto della telecamera. Mi domando se Scully è vagamente cosciente del fascino genuino che emana ogni volta che cerca di ribattere alle mie argomentazioni con frasi di questo calibro. Difetto dell'orologio della telecamera, Mulder. Sì, sicuramente è stato questo. L'adoro. L'adoro per farmi rimanere lucido, per restituirmi alla realtà di questo mondo quando le mie teorie sono troppo paranoiche e per contraddirmi semplicemente anche quando i primi indizi del caso sono così ovvi che indicano che ho tutti i motivi per avere ragione. Mi affascina come si sforzi di cercare una spiegazione scientifica, per debole che sia la sua validità, per cercare di controbattere . Anche quando sa che per il novanta per cento delle occasioni io avrò ragione. E' la parte razionale del mio cervello. E' la mia metà logica. Maledettamente logica. E' il mio angelo custode. Mi domando come ho potuto sopravvivere tanto tempo senza di lei. E cosa sarebbe ora di me se quelli che oggi sono i nostri nemici non avessero avuto la generosità di mandarmela. La tengo qui, di fronte a me, cercando di farsi scudo di un' ipotesi vagamente ragionevole per spiegare la scomparsa di nove minuti. Come fa tutti i giorni. Solo che oggi è diverso. E' un martedì diverso da tutti gli altri martedì della mia vita e della sua vita.

- Voglio dire che ha potuto essere una coincidenza come un'altra - continua a dire - Sono stati nove minuti come avrebbero potuto essere otto o dieci. Mulder, e se…e se l'avaria elettrica ha portato come conseguenza che si sia liberata energia…- decisamente credo che non sappia come uscirsene - …sufficiente per interagire con …con qualsiasi dispositivo elettronico?

La guardo attonito. Non so se prendere sul serio quest'ultima cosa o lasciar perdere la frase pronunciata da una laureata in Fisica.

- " Energia liberata per interagire", Scully? Spiegamelo da un punto di vista scientifico - scherzo.

Sembra che inizi a darsi per vinta.

- Bene, non ha significato parlando in senso stretto ma questo non sarebbe più strano di un rapimento - ribatte - Quello che voglio dire è che non deve essere per forza un rapimento.

- Ed invece lo è…o almeno ha tutte le caratteristiche per esserlo.

Scully sospira rassegnata. Immagino che siamo arrivati al punto in cui lei decide che abbiamo discusso abbastanza per oggi e che i primi indizi sono più che esaurienti per concedermi il beneficio del dubbio. E anche se so che in questo momento dovrei esporre le mie prime congetture su quello che è accaduto, perché questo è stato sempre il passo successivo da fare in queste situazioni, i miei occhi si posano di nuovo sulla piccola croce che sta sul petto d'avorio di Scully e decido che semplicemente non posso concentrarmi in qualcos'altro che non sia lei. Come fa a mostrare tanta tranquillità sapendo quello che è successo, se io sono così nervoso come un quindicenne?

- Ed io che ho cercato UFO per due giorni e mezzo in un campo di Avebury - e tutto quello che riesco a dire ricordando la mia frustata esperienza in Inghilterra - Sembra che sono andato nel posto sbagliato.
Scully si lascia sfuggire un mezzo sorriso così indecifrabile e ambiguo come quello della Gioconda e allora accade.

Solo e semplicemente, accade.

- Ma sei tornato al momento giusto - mormora.

L'ho sentito perfettamente. Giuro su Dio che l'ho sentito.

E anche se per caso fosse un cattivo scherzo che mi ha appena fatto il mio subcosciente, fa lo stesso in tutti i modi. E' il segnale. Se avrò a disposizione un momento per parlare con Scully di tutto quello che è accaduto nelle ultime ora, il momento è questo. Non sono passati nemmeno due secondi e Scully è arrossita fino alla punta dei capelli. Si sente insicura perché ha abbassato la guardia per un istante e ora sa che non può tornare indietro, che non può proteggersi da me. La qual cosa mi fa tremare dalla testa ai piedi e mi eccita ancora di più. Vorrei dirle tante cose che mi bruciano sulle labbra. Voglio farle tante domande e darle al tempo stesso tante risposte che non so da dove iniziare. La vocina dentro di me continua ad ossessionarmi, seccante ed insistente.

Diglielo ora, Mulder. Dille tutto.
Al diavolo il caso in Florida. Al diavolo il rapimento. Se solo sapessi come riassumere in due o tre frasi tutto quello che mi si sta accumulando nel petto, tutto quello che i ricordi di stanotte mi sta provocando. Se sapessi come iniziare.

Non so chi è più spaventato, se lei o io. La guardo con una disperazione che posso appena dissimulare e cerco di balbettare qualcosa.

- Non c'eri.

Due parole. Se quello che cercavo era la capacità di condensare per parlare, non posso lamentarmi. E' incredibile come la mia abilità per dire esattamente quello che sento a Scully non smette di sorprendermi ogni giorno. Credo che sia suonato anche come se mi sentissi ferito.
Cerco di aggiungere altro ma non posso. Un'ora fa ero così deciso che le avrei aperto il cuore completamente e le avrei fatto mille confessioni in un discorso chilometrico. L'avrei obbligata a guardarmi e l'avrei stordita con parole come feci quella sera calda nel corridoio del mio appartamento, quando l'impotenza, e il polso accelerato e la paura improvvisa di perderla mi scossero in tal modo che parlai senza fermarmi a pensare alle conseguenze. Ora, nell'ufficio e di fronte a lei, le cose sono diverse. Mi trovo così strozzato dal mio nervosismo che queste due parole sono uscite fuori come due fiotti di sangue e non so se sarò capace di emettere un altro suono dopo una rivelazione come questa.

Scully mi guarda con occhi che non so se esprimono dubbio o colpa, e improvvisamente mi sento meschino e stupido per averle fatto capire con due parole che sono dispiaciuto per il suo comportamento. Non ti sto rinfacciando che non stavi lì, Scully. Non volevo dire questo. E' solo che sei andata via e non so perché.

- No, non c'ero - risponde improvvisamente, con un filo di voce - ma sono qui, ora.

Che diavolo vuol dire questo? Che ora ci ha pensato meglio? Che si pente per essere andata via? O che preferisce vedermi come il collega che si presenta in ufficio al posto di vedermi come l'amante che si corica nel suo letto?
Vorrei che le cose fossero come sono state fin'ora. Vorrei poterla abbracciare in ogni mia notte e al mattino dopo continuare ad avere la dottoressa razionale e fredda che apporta il suo punto di vista obiettivo e che mi guarda come se fossi pazzo. Vorrei che una cosa non interferisse con l'altra. Suppongo che questo è il problema, in fondo.
Il cambiamento. Il cambiamento è il problema.
Potresti fingere che la professionalità del nostro rapporto non sia cambiata, Scully? E se non è chiedere molto, potresti accettare che continuiamo ad andare a letto insieme? Mi domando se quello che voglio non sia altro che un enorme e schiacciante contraddizione.
Scully è rimasta zitta come se credesse che con questa frase fosse riuscita a farmi capire i suoi motivi, ma la cosa sicura è che sono ancora più confuso di quando sono arrivato in ufficio ed il mio nervosismo è aumentato perché non so se tutto questo significa che mi ama o che sto più vicino a perderla che ad averla. Non so che dire. Non so dove guardare. Come pretendendo fingere un gesto rilassato, mi metto a giocare con i bottoni della manica della giacca mentre i miei occhi vanno alternativamente da sopra le dita e la stoffa per finire a spiare negli occhi di scully.
Di qualcosa. Qualsiasi cosa. perché cavolo è così difficile?

- Scully…so che questo potrebbe… - tentenno un momento mentre cerco disperatamente di trovare le parole adatte - supporre un cambiamento abbastanza importante nel…nel genere di rapporto che abbiamo tenuto per tutti questi anni, e… bene, io…non vorrei che questo fosse un problema.

Bene, è tutto. Quello che non so è se mi sono spiegato con un minimo di chiarezza o se ho finito di confonderla.

- Lo so, Mulder. Io nemmeno.

Non so perché, ma intuisco che lei già si aspettava la frase che ho appena detto con tanto sforzo. Sa quello che c'è tra noi, lo ha sempre saputo. E l'abbiamo recitato per sette anni, come una rappresentazione teatrale, fingendo che non succedeva niente quando lei prendeva la mia mano o io le accarezzavo la vita. Fingendo che non tardavamo ore per addormentarci pensando che l'altro dormiva nello stesso motel e in una stanza vicina. Credendo che il muro era troppo alto per saltare dall'altro lato. Dubitando, pensando troppo alle conseguenze e ai rischi, aspettando, aspettando sempre. Ci siamo permessi così poche confessioni che ora ci costa troppo farle. Se questo fosse accaduto prima, forse tutto sarebbe passato in una maniera più spontanea. Più naturale.
Sono così tanto sette anni?
Scully ha abbassato la vista per inchiodarla sul pavimento e ho la sensazione che le risulti complicato dirmi qualsiasi cosa sia che sta per dirmi. Dio, ho un nodo in gola.

- Me ne sono andata…Bene, non lo so. Ero confusa. Vedi, ci ho pensato molto, e….

Sta per dirmi che è stato tutto un errore. Un gigantesco errore. Crede che mai avrebbe dovuto succedere niente di simile, lo so. Ne ho il presentimento. Solo che non voglio ascoltarlo dalla sua bocca. Qualsiasi cosa al posto di dover sentire come mi annuncia l'apocalisse. Così che mi anticipo:

- Sei pentita?

E' suonato molto disperato? Credo di sì, ma è che lo sono. Scully mi guarda sorpresa, anche se non posso determinare se lo è perché l'ho capita male o perché le ho appena facilitato l'incredibile compito di comunicarmi il suo rifiuto.
Per favore, Scully non dirmi che è stato uno sbaglio. Non dirmelo perché è la cosa più umana, sincera e meravigliosa che ho fatto in tutta la mia vita, perché non sarei capace di capire, per quanto ci provassi, che una cosa così possa essere un errore; perché averti avuto per alcune ore è l'unica cosa di cui Fox Mulder possa sentirsi orgoglioso.
Il tempo si allunga all'infinito ed io ingoio saliva pesantemente mentre cerco di non pensare a quale sarà la sua risposta.
Sei pentita? Lo so, è suonato triste e patetico e anche lei lo sa. Non ha bisogno di fare altro che guardarmi, inchiodato al suolo con tutti i muscoli del corpo contratti e una smorfia d'ansia, come se fossi un condannato in attesa di sentire la sua sentenza. Lo cosa divertente, per così dire, è che se lei avesse la minima idea di ciò che le conviene mi manderebbe all'inferno, perché in fin dei conti, per quale motivo mi dovrebbe fare partecipe del resto della sua vita tenendo conto della sofferenza che le è costato avermi come compagno. Come se non le avessi procurato abbastanza disgrazie. Mi conosci, Scully. Sai ciò che ti aspetta con me. Sai quello che sono. Un uomo disperato che sta davanti a te aspettando che lo trasformi nella persona più sola del mondo. So che lo sai, ma questa è la realtà.

Sei pentita?
Ed è allora quando sento che le gambe mi vengono meno e l'adrenalina mi circola per tutto il corpo, e lo stomaco mi si riempie bolle al sentire la sua voce come se fosse caduta dal cielo:

- No.

Lo dice con una sicurezza stupefacente, con una fermezza inusitata. Ed io rimango senza risposte.
Scully non è pentita. Scully non è pentita. Scully non è pentita.

- Io volevo che questo accadesse - aggiunge. Abbastanza per lasciarmi senza la capacità di reagire, trasportarmi in una dimensione nuova e farmi morire di felicità.

Non è che stanotte non mi avesse dato prove più che evidenti che aveva desiderato questo quanto me; ma una cosa è quello che ho creduto d'indovinare in quel momento, in mezzo ad un'euforia antologica, e un'altra molto differente quello che ho iniziato a temere qualche ora dopo svegliandomi solo e comprendere le conseguenze di qualcosa di così drastico. Se Scully era andata via perché si sentiva insicura o l'aveva fatto per qualche distorto ragionamento femminile che non riesco a concretizzare, non mi sembra che ora abbia la minima importanza. Chi diavolo vuole sapere perché se n'è andata. Ha detto che desiderava questo, ed una rivelazione così è più di quello che posso chiederle. Mi sento felice. Mi sento così schifosamente felice che potrei odiare me stesso.
Scully incomincia a mostrasi un poco agitata al vedere che sono rimasto zitto. Forse non si rende conto che la sua confessione insperata è riuscita a lasciarmi senza parole.

- E tu? - sussurra.

Io? Mi domanda se io volevo che accadesse?
Ancora non lo sa?
In realtà la domanda più precisa sarebbe da quanto tempo lo stavo desiderando. Ho la ridicola impressione che è meglio che non le confessi da quando esattamente sogno una notte come quella di ieri. Credo che potrebbe spaventarsi addirittura. E qualcosa mi dice che non è buono farle rendere conto fino a che punto ho bisogno di lei nella mia vita.
Con un gesto che pretende di mostrare una tranquillità che non sento, mi gratto leggermente la testa mentre cerco di trovare il modo di parlare senza che mi tremi la voce.

- Sai? La cosa strana…la cosa strana di tutto questo è che non sia accaduto prima - mormoro - Un paio d'anni prima, forse.

Scully sorride timidamente comprendendo la trascendenza di ciò che ho appena detto. Non sono state molte parole, ma abbastanza rivelatrici. E per l'espressione che si è disegnata sul suo volto, sembra lusingata. Dopo qualche secondo, il suo sorriso diventa così ampio e franco che mi dispiace d'aver detto "un paio di anni" invece di "sette anni".
Potrei rimanere un'eternità di fronte a lei, a contemplare il suo sorriso.

- Suppongo che sarà inevitabile che qualche cosa cambi - dico a mò di avvertimento. Come se credessi che sono io quello che deve proteggersi da lei, o che con un avvertimento del genere ci pensi su due volte. Si sbaglia. Voglio che la maggior parte delle cose tra lei e me rimangano come ora, ma voglio anche che altre cambino. Voglio poter dormire senza insicurezze, con la certezza che lei stia pensando a me; voglio riceverla a casa mia e che non vada via quando si fa tardi; voglio poter vedere con lei cento film orribili, serie nere e brutti programmi in televisione, e dopo analizzarli tra noi e ridere del nostro pessimo gusto; voglio giacere accanto a lei sul mio divano sotto la coperta indiana, circondarla con le braccia mentre lei poggia la testa d'angelo sul mi petto e sussurrarle all'orecchio senza aver paura di confessarle le mie intimità più nascoste; voglio svegliarmi accanto a lei sul materasso ad acqua che ci diventa piccolo; voglio avere con lei conversazioni filosofiche e non reprimere i miei istinti quando le sue chiacchiere sono riuscite a motivarmi tanto che ho voglia di prenderla per la vita e abbracciarla e finire con fare l'amore ancora per un'altra notte. Voglio cose che prima erano impensabili e che ora posso toccare con la punta delle dita.

- Ci sono cose che cambiano solo per andare a migliorare - sorrido.

Ed anche lei sorride.
Ed improvvisamente, tutto quello che riguardava lei e me ed un'ipotetica relazione affettiva tra noi due che mi è sempre sembrato complicatissimo, si presenta semplice e naturale. Mi rendo conto che questo mutuo compromesso è sempre esistito e che non implica nessun legame. Mi rendo conto che dividere con lei tutto questo non significa che dobbiamo vivere nella stessa casa o che io devo regalarle un anello o che lei deve comprarsi il vestito da sposa, perché questa non è mai stata una relazione convenzionale e nemmeno lo sarà ora. Sarà nuova e senz'altro la stessa di sempre; e semplicemente succederà quello che deve succedere, quando dovrà succedere e come dovrà succedere nel fluire naturale delle cose.

La cosa migliore è che solo guardandola posso sapere che Scully sta sentendo la stessa cosa.
Non devo fare altro che aprire le braccia per lei e lasciare che si rifuggi lì nascondendo il viso in qualche punto tra la mia spalla e il petto, così stretta contro di me che posso sentire ogni battito del suo cuore come se fosse il mio. Così vicina che prima che possa rendermene conto già mi trascina il genuino miscuglio di profumi che ho appreso a memorizzare dettagliatamente quando non eravamo altro che colleghi che si dividevano i turni di sorveglianza in una macchina a noleggio.
Sono passati tanti anni che posso ricordare appena le sensazioni che all'inizio mi causava lo stare accanto a lei, e mi risulta addirittura divertente pensare a questi primi tempi, anche se non me ne sono reso conto finchè non l'ho perduta in quel rapimento, io già ero pazzo di lei. E' strano. Nemmeno io l'avevo capito allora, ma l'ho amata tutta la vita.
Grazie, Scully. Per essere apparsa nel mio ufficio quella mattina e non essere scappata. Per non esserti lasciata intimorire dalla mia sfiducia o dai miei rancori iniziali. Per tutte le volte che meritavi una gratitudine infinita ed io ti ho restituito solo un atteggiamento schivo, freddo o egoista. Per tutto il dolore che hai dovuto soffrire per colpa mia e per capire, anche così, che sei l'unica tra 5 miliardi. Senza di te da tempo avrei incominciato a vagare alla deriva come un paranoico senza futuro.
Scully rabbrividisce contro il mio corpo ed improvvisamente sento come i miei pantaloni accusano di nuovo l'effetto provocato da questa scollatura da capogiro. Mi vengono in mente immagini e suoni da vertigine. E ringrazio per essere qui in questo ufficio e in quest'edificio, perché se fossi stato in qualsiasi altro posto non avrei dubitato ad infrangere le regole, ignorare tutti i protocolli, prendermi gioco di tutti gli impedimenti e ripetere una dopo l'altra le cose che sono accadute questa notte. Senza frenarmi. Senza negarmi l'opportunità di ricordare ancora una volta il sapore del sudore accumulato nel suo ombelico o quale sia la sua reazione quando faccio scivolare la mano attraverso la parte interna delle sue cosce. Senza reprimere la curiosità che non ha smesso di rodermi per tre lunghi anni quando di notte passavo le ore morte immaginando l'esatto disegno del suo serpente tatuato.
Senza dire niente porto la mano verso il suo mento per alzarlo con tutta la tenerezza di cui sono capace e obbligarla a guardarmi. E lei lo fa. Con così tanta intensità che solo un secondo a contemplare i suoi occhi di ghiaccio e fuoco varrebbe tutte le conquiste del mondo e tutte le crociate dell'universo. Dieci centimetri scarsi separano la sua bocca dalla mia. Dieci centimetri che percorro con lentezza angosciosa per finire a baciarla senza fretta.
Il suo bacio è una dolce tortura che sa di frutta di bosco e che risulta essere come una droga molto più dei semi di girasole. Incomincia innocentemente e poi continua a crescere con tensione e profondità per scoppiare finalmente in un cumulo di necessità affannose che non finiscono mai. Potrei continuare a baciarla all'infinito e anche così continuare a sentire ogni volta di più la voglia di lei fino ad arrivare all'inevitabile conclusione: se esiste una definizione fedele e precisa per il concetto di droga, questa è un bacio di Scully.
Quando si separa brevemente da me, le mie labbra continuano a cercarla. Sentendone il bisogno.
Dio, come ho bisogno di te, Scully.
Mi regala un sorriso carico di allusioni e di speranze nuove e subito dopo tira fuori un tono di voce sfacciatamente provocatorio:

- E allora…da ora in poi, due stanze o una? - sussurra.

Non so se la risata che riesco appena a contenere sia dovuta al commento in sé o al fatto che non avrei mai immaginato Scully dire qualcosa di simile. La verità è che risulta insinuante, femminile, molto oscura. E' un lato della sua personalità che non ho avuto mai l'opportunità di conoscere e alla quale a partire da ora mi piacerà moltissimo fare l'abitudine.

Ho tutto il tempo del mondo.

- Scommetto che ci aspetta un caso interessante a Gaiesville - le dico con un sorriso.

Tutto il tempo del mondo. Da oggi, martedì.

Per una volta nella sua vita, Fox Mulder sente che la vita gli sorride. Se esiste un Dio lassù, ha appena guadagnato un adepto.

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