Le fanfic di X-Files

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Cosa succede dopo che Scully si addormenta sul divano di Mulder nell'episodio All Things? Cosa immaginiamo possa essere accaduto prima di vedere Scully dileguarsi dall'appartamento di Mulder? E cosa può essere successo il giorno dopo tra Mulder e Scully?
Autore: GiorgiaXPhile
Pubblicata il: 30/09/2009
Rating: NC-17, vietata ai minori di 17 anni
Genere: RST, MRS/RSM
Sommario: Cosa succede dopo che Scully si addormenta sul divano di Mulder nell'episodio All Things? Cosa immaginiamo possa essere accaduto prima di vedere Scully dileguarsi dall'appartamento di Mulder? E cosa può essere successo il giorno dopo tra Mulder e Scully?
Note sulla fanfic: Questa storia si colloca verso la fine della stagione 7 e contiene scene a carattere erotico.

Archiviazione: Do il permesso alla pubblicazione della mia fanfiction su altri siti, ma vi sarei grata se prima me lo comunicaste. Grazie mille.
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Riflessioni

SCULLY POV

Appartamento di Fox Mulder

Ore 00.53

Il fastidioso suono di un allarme per auto, proveniente dalla strada, si insinuò prepotentemente nella densa nebbia dei miei sogni, riportandomi lentamente alla realtà.

Aprii gli occhi, e mi ritrovai a fissare un soffitto chiaro.

Per un momento non capii dove mi trovavo, poi la consapevolezza dissipò gli ultimi residui dell’intorpidimento da sonno e i ricordi della serata appena trascorsa scivolarono cauti nella mia mente.

Ero a casa di Mulder, mi ero scioccamente addormentata sul suo divano.

A darmene conferma arrivarono lancinanti fitte di dolore alla base del collo. La scomoda posizione a cui lo avevo costretto per qualche ora stava dando i suoi frutti. Lo massaggiai piano con le dita, con una smorfia di dolore dipinta sul viso, mentre toglievo i piedi dal tavolino e mi mettevo a sedere.

Mi guardai attorno, ancora un po’ intontita.

La luce proveniente dall’acquario alla mia destra illuminava la familiare stanza in modo grottesco, formando inquietanti ombre su mobili e pareti. Dalle fessure dell’imposta arrivava l’illuminazione gialla di un lampione.

Appoggiai i gomiti sulle ginocchia e affondai il viso tra le mani. Sfregai delicatamente le palpebre, mentre soffocavo uno sbadiglio.

Tolsi la coperta di Mulder dalle mie gambe - era praticamente scivolata tutta a terra - e la appoggiai al bracciolo del divano, mentre mi tiravo in piedi, stiracchiandomi.

L’irritante suono dell’allarme cessò in quell’istante, lasciando le mie orecchie felicemente libere di assaporare il silenzio di una casa addormentata. Dalla porta aperta della stanza da letto proveniva il rassicurante suono del respiro, profondo e regolare, di Mulder.

Un sorriso si dipinse sulle mie labbra e l’idea che lui fosse incosciente, indifeso tra le braccia di Morfeo, mi fece provare una fitta di tenerezza allo stomaco.

Senza rendermene conto, allungai una mano ad accarezzare la coperta indiana che mi aveva tenuto caldo durante il mio sonno clandestino. Doveva avermela messa addosso lui, prima di ritirarsi nella sua stanza.

Mi sentii vagamente imbarazzata all’idea di essere scivolata nel sonno come una bambina, davanti a lui, mentre stavamo affrontando un argomento impegnativo, personale e alquanto spinoso.

I due giorni precedenti erano stati, per me, strani. Anche se chiamarli strani equivale ad avvicinarsi veramente poco a ciò che sono stati in realtà.

Dopo aver incontrato Daniel in quell’ospedale, una coincidenza piuttosto bizzarra, uno scambio di cartelle quasi sospetto, avevo vissuto quelle 48 ore come se non abitassi più il mio corpo. Mi vedevo muovermi avanti e indietro, tra casa e ospedale, dall’esterno. Ero un fantasma impiccione che fluttuava sopra il mio involucro vuoto.

Incontrare quel pezzo del mio passato mi aveva turbata e confusa, in un momento in cui già vivevo una specie di crisi esistenziale. Non c’era stato un motivo particolare a scatenarla, era solamente uno dei tanti momenti della vita, in cui ti svegli chiedendoti che ruolo ricopri nel mondo e, fondamentalmente, chi sei. Quei momenti che arrivano, seguono il loro corso, a volte fanno versare lacrime, altre fanno provare rabbia, ma che poi scompaiono e di loro resta solo un vago ricordo, sottoforma di una strana sensazione d’angoscia.

L’essermi ritrovata faccia a faccia con una mia importante decisione passata non aveva certo contribuito a risolvere velocemente la crisi, aveva, invece, concorso a rendere la mia vita ancora più confusa, ad interrogarmi se la strada che avevo intrapreso con ferma determinazione anni prima fosse, effettivamente, quella giusta per me.

Il fatto di essermi sentita staccata da me stessa, e la strana e surreale esperienza in quel tempio Buddista, avevano fatto in modo che i miei dubbi mettessero radici profonde, difficili da estirpare.

Ma ciò che mi aveva sconcertata di più, davanti a quell’ospedale, era stata l’incredibile percezione di essere nuovamente completa, di abitare nuovamente il mio corpo, che mi aveva colpita con forza nel momento in cui mi ero ritrovata a guardare il familiare viso di Mulder.

Quella era stata la più particolare, e insieme, la più desiderata, delle coincidenze.

Fino a quando non me lo ero ritrovata di fronte, non mi ero resa conto fino in fondo di quanto mi fosse mancata la sua presenza. Avevo sentito immediatamente l’incalzante desiderio di renderlo partecipe della strana piega che aveva preso la mia vita mentre lui era lontano, avevo sentito il disperato bisogno di ascoltare la sua profonda voce fare congetture sopra le mie parole. Avevo voluto vedere i suoi occhi indagare le espressioni sul mio volto, avevo voluto osservare le sue mani gesticolare e accompagnare le sue parole, avevo voluto sentire il dolce profumo che emanava avvolgermi in calde spire.

Avevo desiderato Mulder, il mio collega, il mio amico.

Sdraiata su quel logoro divano di pelle nera, avevo parlato per molto tempo, aprendomi a lui, senza timore di essere giudicata.

Per questo mi risultava incomprensibile l’idea di essermi addormentata mentre lui mi parlava. Stanchezza o meno, ciò che più volevo era sentire la sua voce esternare impressioni e pensieri.

E invece ero scivolata nel sonno, avevo ascoltato le sue parole come un suono ovattato lontano da me, con la sottile sensazione di stare per perdermi qualcosa di importante.

Mi premetti pollice e indice alla base del naso, cercando di concentrarmi, di ritrovare le parole precise che il mio cervello, seppur inconsciamente, aveva registrato.

Dopo qualche attimo la sua voce mi risuonò nelle orecchie, quasi mi stesse parlando in quel momento, ma la percepivo come se un ostacolo sulla bocca la attutisse.

In tal caso, qualsiasi scelta condurrebbe a questo preciso momento. Una svolta sbagliata e noi…”

Il resto era solo un borbottio confuso, misto alle prime immagini oniriche.

Sospirai. La sensazione di essermi persa qualcosa di importante continuava a permeare i miei pensieri e mi rendeva un po’ inquieta.

Presi a camminare silenziosamente attorno al tavolino, sfiorando con la punta delle dita la superficie leggermente polverosa dei mobili. Detti una rapida occhiata fuori dalla finestra, attraverso le fessure dell’imposta, poi mi sedetti davanti al computer.

Facendo meno rumore possibile, aprii il cassetto della scrivania e vi frugai dentro, spinta da un’infantile e innocente curiosità.

Le mie dita toccarono la morbida superficie di pelle di un album fotografico. Lo presi e me lo appoggiai sulle gambe, iniziando a sfogliarlo.

Conteneva vecchie foto di famiglia, alcune erano in bianco e nero e ritraevano Teena e Bill Mulder sorridenti, il braccio di lui dolcemente posato sulle spalle di lei. Immortalavano un’epoca felice, libera da pensieri terribili e da soffocanti rimpianti.

Le foto testimoniavano lo spietato scorrere del tempo. I lineamenti dei visi portavano i segni dell’età e degli affanni. Le espressioni non erano più gioiose, ma tese e impaurite.

Mentre guardavo velocemente il susseguirsi delle foto, mi resi conto che era lo stesso album che stava sfogliando Mulder quella volta che mi ero presentata a casa sua con l’intento di dirgli addio, dopo il mio trasferimento a Salt Lake City.

Senza volerlo realmente, tornai con la memoria a quel pomeriggio, alle sue parole che mi avevano colpita dritta al cuore, alle sue braccia strette attorno a me, al suo ampio petto che mi aveva accolta lacrimante e poi… poi quell’ape transgenica mi aveva punta, interrompendo qualcosa che avevo sognato mille notti, ma che non avevo mai osato cercare di tramutare in realtà.

Mi chiedevo spesso cosa sarebbe stato di noi se non fossimo stati interrotti, se le nostre labbra avessero trovato conforto le une nelle altre, lasciando che fossero i sensi a prendere il controllo.

Non ero mai riuscita a darmi una risposta.

Chissà se lui ci pensava mai…

Non ne avevamo mai parlato, come se la cosa non fosse mai accaduta. Io non avevo mai sollevato l’argomento, ero sinceramente terrorizzata dalle conseguenze che ne sarebbero potute scaturire. E in cuor mio, pur sperando che prima o poi lo facesse lui, ero felice che non ne avessimo mai parlato.

Era tutto troppo complicato.

Ma in quel momento, mentre ricambiavo lo sguardo sereno di un Mulder di circa 6 anni, qualcosa di potente cominciò ad agitarsi dentro di me. Qualcosa di così intenso da risultare quasi fastidioso.

Il bambino in quella foto era bello, un visetto dolce che fissava l’obbiettivo attraverso un sorprendentemente espressivo paio d’occhi verde mare. Le morbide labbra erano tese in un furbesco sorriso che scopriva la mancanza di un dentino.

Sorrisi dolcemente davanti a quella bellissima foto.

Una languida sensazione mi percorse lo stomaco e mi fece battere il cuore in maniera irregolare.

Capii perfettamente che cos’era. Era un’emozione che conoscevo fin troppo bene. L’avevo provata molte volte durante la mia permanenza agli X files, ma avevo sempre cercato di soffocarla, troppo spaventata per farla uscire alla luce del sole. Ma da due anni a quella parte era sempre più difficile reprimerla e quella sera c’era qualcosa nell’aria che mi rendeva debole, facile a soccombere ad essa.

Non mi lasciai pregare troppo. La lasciai scorrere liberamente in ogni fibra del mio corpo, mi lasciai pervadere completamente. E mi sentii completa, felice e leggera.

Una parte recondita della mia mente mi lanciava allarmati segnali, mi gridava debolmente di non lasciarmi andare, che me ne sarei, in seguito, pentita.

Ma non la ascoltai. Le avevo prestato attenzione per troppo tempo. Era ora di ragionare col cuore.

Riposi silenziosamente l’album nel cassetto e mi diressi, in punta di piedi, verso la stanza da letto di Mulder.

Mi fermai per qualche istante sulla porta ad osservare la sua sagoma immobile.

Era sdraiato supino, una gamba nuda scivolava fuori dalle coperte, il braccio destro era innaturalmente piegato sopra la testa, la bocca leggermente socchiusa. Indossava una semplice maglietta grigia a maniche corte.

Uno strano calore si impossessò di me, mi sfilai la giacca e la appoggiai al letto, mentre mi avvicinavo per osservarlo da vicino.

Era bellissimo.

L’espressione rilassata gli conferiva un aspetto dolce e un po’ bambino.

Mi inginocchiai in fianco al letto e, senza averlo realmente deciso, gli accarezzai lievemente la guancia coperta da un’ombra di barba, con la punta di un dito.

Mulder, al mio tocco, si mosse e, portando il braccio sul fianco, girò la testa verso di me, ma non si svegliò.

Il mio viso, ora , si trovava a pochi centimetri dal suo e potevo percepire il suo inebriante e caldo respiro sfiorarmi la pelle.

Sollevai nuovamente la mano e gli carezzai le palpebre chiuse, molto delicatamente, poi mi soffermai sulla guancia, percependo tutto il calore della sua pelle sul palmo aperto.

Lui aprì gli occhi. Batté le palpebre un paio di volte nel tentativo di mettermi a fuoco. Io gli sorrisi, togliendo la mano dal suo viso.

Mulder deglutì.

“Scully…” disse con voce incerta e assonnata “…tutto bene?”

Mi limitai a fare un cenno d’assenso.

Non sapevo bene cosa stavo facendo, né dove mi avrebbe condotta il mio comportamento, ma non mi importava più di tanto, mi stavo lasciando guidare dall’istinto, e tanto bastava a rendermi tranquilla e rilassata.

Mulder si mise a sedere, poggiando la schiena alla testiera del letto e si stiracchiò.

Lo imitai, sedendomi sulla sponda, alla sua sinistra, come avevo fatto tante volte, in tutti quegli anni, quando lo andavo a trovare in ospedale.

Mi guardò per qualche istante, evidentemente stupito per la mia presenza nella sua stanza, poi mi chiese se me ne stavo andando. Il suo lavorio di mente, probabilmente, era arrivato alla conclusione che l’avevo svegliato per dirgli che me ne tornavo a casa.

“No” risposi semplicemente, continuando a fissarlo negli occhi.

Lui aggrottò leggermente le sopracciglia, perplesso, ma non disse nulla.

Senza pensarci troppo, interruppi il silenzio.

“Mulder, che cosa mi stavi dicendo quando mi sono addormentata?”.

Lui si sistemò meglio con la schiena.

“Fino a dove mi hai sentito?”.

“Ricordo che mi stavi rassicurando, dicendomi che tutte le strade intraprese avrebbero condotto a quel momento, ma che sarebbe bastata una svolta e sbagliata e noi… poi c’è il nulla”.

Lui mi fissò intensamente nella penombra della stanza. La sua espressione mi parve estremamente seria e concentrata.

“… e noi non saremmo stati seduti vicini su quel divano”, tagliò corto.

Aggrottai la fronte “Tutto qui?!”

Mulder non rispose subito. Abbassò per un momento gli occhi, distogliendoli dai miei, e prese un respiro profondo.

“No. Stavo anche per affrontare un discorso un po’ più complicato, a proposito dell’io e te, seduti su quel divano, ma poi mi sono tirato indietro, dicendoti che forse era meglio non impegolarsi in certi discorsi a quell’ora di notte. Poi mi sono girato a guardarti e ti ho trovata addormentata”.

Lo guardai, in silenzio e immobile. Mi parve di scorgere nella sua espressione un imbarazzo misto ad una ferma determinazione.

La sensazione di essermi persa qualcosa, dunque, non si sbagliava. Se fossi stata sveglia non gli avrei certo permesso di interrompersi in quel modo, l’avrei esortato a iniziarlo, quel discorso.

Così, lo feci in quel momento.

“Che cosa avresti voluto dirmi?”.

La sua espressione si fece estremamente seria.

“Scully… non sono certo che…” esitò, abbassando la testa.

Dal canto mio non avevo alcuna intenzione di interrompere quel discorso, perché avevo capito dove voleva andare a parare e, quella notte, tutto in me gridava che ero pronta per affrontare quella inusuale situazione.

Stentavo effettivamente a riconoscermi, ma non mi importava.

Allungai una mano verso il suo viso e gli sollevai il mento, avvicinandomi a lui.

“Che?”

Trasse un altro profondo respiro.

“… che sarebbe giusto parlartene. Non è una cosa semplice, né tantomeno insignificante.

Se affrontiamo il discorso…” mi fissò dritto negli occhi, mentre prendeva la mia mano nella sua “…non possiamo più tornare indietro Scully”.

Strinsi più forte la sua mano. Era arrivato il momento di essere onesta verso me stessa e, conseguentemente, verso Mulder. Quella notte le mie barriere cedettero, non c’era più nulla a trattenere la verità.

“Non ho intenzione di farlo” gli dissi sussurrando, mentre mi sporgevo verso di lui e gli stampavo un tenero bacio sulla fronte.

Le sue braccia mi cinsero teneramente e i palmi delle sue mani mi accarezzarono lievi la schiena.

Staccai le labbra dalla sua pelle e appoggiai il capo sul suo petto, abbracciandolo tanto quanto mi permetteva la scomoda posizione.

Sentii le sue mani aumentare la pressione sulla mia schiena e la sua guancia posarsi dolcemente sui miei capelli. Sospirò.

Rimanemmo così per un lungo momento. Mi sentivo al sicuro, protetta, ma soprattutto mi sentivo bene, completa, finalmente sentivo di appartenere completamente alla vita. Quello era il mio posto.

“Scully…” iniziò Mulder con tono quasi supplichevole.

Sollevai la testa e guardandolo negli occhi, gli posai due dita sulle labbra “Shhh…”.

I suoi occhi ardevano. Erano due oceani verdi che parlavano, e mi stavano dicendo che mi desideravano, che erano bramosi di annegare nei miei, ma allo stesso tempo erano guardinghi, quasi si aspettassero la mia fuga da un momento all’altro. E forse le loro paure erano giuste, forse avrei dovuto veramente andarmene, ero ancora in tempo, ma non ne avevo l’intenzione, o meglio, non ne avevo la forza. Non avrei potuto fuggire da quegli occhi imploranti nemmeno se avessi usato tutta la mia forza di volontà.

La debole voce che mi prospettava un successivo, terribile, pentimento era una debole eco nella mia testa che non mi impedì di seguire i miei desideri.

Tolsi le dita dalle sue labbra, accarezzandogliele leggermente, e poggiai il palmo sulla sua guancia. Lui chiuse gli occhi al mio tocco e intensificò la stretta delle sue braccia, avvicinandomi impercettibilmente a sé.

Facendo leva sul braccio che avevo posato al materasso, mi sporsi verso lui.

I nostri nasi erano a pochissimi centimetri di distanza, quando lui riaprì gli occhi e mi fissò con uno sguardo talmente carico d’aspettative da apparirmi quasi tenebroso.

“Non si torna indietro…” sussurrò. Il suo fiato caldo mi accarezzò la pelle, provocandomi una serie di brividi lungo la spina dorsale.

“Lo so…” dissi, stupendo anche me stessa, mentre colmavo la breve distanza che ci separava e appoggiavo lentamente le mie labbra sulle sue.

L'inaspettato

MULDER POV

Appartamento di Fox Mulder

Ore 01.20 a.m.

Stentavo a credere di essere sveglio.

Ma la dolce pressione delle sue labbra sulle mie mi esortava a credere che quella fosse la realtà.

Mai avrei immaginato che la serata avrebbe preso questa piega, seppure ero stato io a pronunciare incautamente le parole che, se lei fosse stata sveglia, non mi avrebbe lasciato passare così facilmente.

Vederla così dolce e indifesa, persa nei meandri dei suoi sconosciuti sogni, mi aveva fatto provare un desiderio di lei così intenso da essere quasi doloroso.

Ma, come avevo fatto tante altre volte, l’avevo rinchiuso nella gabbia dei miei sentimenti inespressi, e l’avevo lasciata sola, a dormire sul divano.

Stranamente, non avevo tardato a prendere sonno, ma Scully arrivò, puntualmente, a farmi visita nei miei sogni.

Anche per questo la paura di essere ancora addormentato non se ne andava facilmente.

Ma Scully era intenzionata a stupirmi e la sua audacia dissipò completamente ogni dubbio.

Ero sveglio, quella era la realtà, una realtà tanto incredibile quanto meravigliosa.

Le sue morbide e calde labbra si schiusero e cominciarono a muoversi timidamente sulle mie. Non mi lasciai pregare e mi buttai, anima e corpo, in quel bacio così ardentemente desiderato.

Le sue labbra erano incredibilmente soffici e arrendevoli, combaciavano perfettamente con le mie, come fossero nate per fondersi assieme. La sua timidezza, forte della mia passionale risposta, si trasformò ben presto in una sensuale sicurezza.

Presi dolcemente il suo labbro inferiore tra i denti e le accarezzai con la lingua la tenera carne. La sentii sussultare leggermente.

Intensificai la presa sulla schiena e la strinsi forte al mio petto. Le sue mani arrivarono a circondarmi il viso e la nuca.

Sentii il sangue ribollirmi quando la sua lingua accarezzò eroticamente la mia.

Il bacio si fece profondo, intimo; la sua calda bocca accoglieva le pressanti carezze della mia con trasporto e passione, le lingue duellavano insieme, perse in un gioco antico e sensuale.

Le sue mani passarono voraci tra i miei capelli, mentre le mie accarezzavano possessivamente la sua schiena e le sue braccia.

Ero completamente ammaliato dalle sensazioni che quelle labbra e quelle mani mi stavano provocando. Questo bacio era qualcosa di unico. Mai, in tutta la mia vita, questo gesto così semplice mi aveva provocato tante emozioni. Non avevo mai capito come facessero alcune persone a considerare il bacio quasi meglio del sesso, ma ora le comprendevo fino in fondo.

Quella semplice fusione di labbra era qualcosa di incredibilmente intimo, sconcertante e bellissimo.

Potevo percepire tutta l’essenza e la passionalità di Scully solo attraverso la sua risposta ai miei baci.

Mi scostai da lei per guardarla negli occhi. I nostri respiri erano affannati.

I suoi occhi erano brillanti di desiderio. Il loro blu era un mare che prometteva meraviglie. Avrei potuto affondarvi e annegarvi per tutta la vita, senza mai stancarmi.

Con un movimento fluido mi misi in ginocchio, spostai le coperte verso il fondo del letto. Presi Scully per i fianchi e la feci sdraiare sotto di me.

Lei mi guardava rapita, le guance leggermente accaldate, le labbra rosse e un po’ gonfie, i capelli ramati disordinatamente sparsi sul cuscino.

Tese le braccia verso di me.

Mi lasciai stringere nella sua adorante presa, mentre riprendevo possesso del paradiso delle sue labbra.

La sentii insinuare, timidamente, le calde mani sotto la mia t-shirt. Il mio respiro si fece ancora più affannoso.

Mi staccai dalle sue labbra per baciarle dolcemente la linea della mascella e del mento, fino a scendere sul suo collo. Lì, la pelle era tenera e calda. La assaporai con la lingua, mordicchiandola leggermente. Sentii Scully respirare irregolarmente e un basso rantolo salirle dalla gola.

Tornai adorante al viso, depositai piccoli baci sulle palpebre, il naso, le gote, mentre tiravo lentamente l’orlo del suo maglioncino verde verso l’alto.

Mi rendevo perfettamente conto che ero con Scully, che era lei la meravigliosa e arrendevole creatura sdraiata sotto di me, ma il mio cervello non esisteva più. Tutto quello che vedevo, sentivo, toccavo, era percepito dai miei sensi. Avevano preso il controllo del mio essere e mi guidavano sicuri in tutti i miei gesti.

Lei alzò le braccia per facilitarmi il compito di sfilarle la maglia. Continuava a fissarmi con uno sguardo carico d’aspettativa, che mi faceva sciogliere.

Mi presi del tempo per osservarla.

La pelle candida quasi riluceva alla fioca luce proveniente dalla finestra, il ventre piatto convergeva verso il sensuale ombelico, il seno era costretto in uno splendido balconcino di pizzo nero, terribilmente sexy, ma per nulla volgare, le braccia erano rimaste stese sopra la testa ed erano come una calamita per la mia bocca a secco di baci.

Cominciai ad esplorarle lentamente con le labbra e con la lingua, partendo dal polso, soffermandomi sulla tenera piega del gomito, fino alla sensuale clavicola. Cercai di non staccare mai gli occhi dal viso di Scully.

Il suo volto, con gli occhi socchiusi e le labbra leggermente aperte, così rapita da ogni mio bacio e carezza, era una delle visioni più erotiche che avessi mai avuto la fortuna di osservare, e sapere che i suoi sospiri e i suoi tenui gemiti erano causati da me, mi faceva sentire incredibilmente orgoglioso, quasi potente.

Quando la mia bocca arrivò a posare teneri baci sul suo ventre, indugiando dolcemente sulla cicatrice del proiettile, Scully intrecciò le dita ai miei capelli, inarcandosi verso di me. La sua pelle era morbida, liscia come seta e bollente. Il suo sapore e il suo profumo erano invitanti, una tentazione alla quale era impossibile resistere.

Ripresi possesso delle sue labbra, mentre le sue mani sollevavano la mia maglietta.

Staccandomi, riluttante, da lei, me la sfilai e la lanciai sul pavimento.

Tornai velocemente dalla sua bocca, mentre le sue mani esploravano il mio corpo. Le sentivo scorrere lungo la mia schiena, accarezzare i miei fianchi e segnare leggere, con la punta delle dita, il contorno dei miei pettorali. Un gemito mi uscì dalle labbra e andò a morire nella sua bocca, quando i pollici sfiorarono i miei capezzoli.

Questo suono le diede la spinta per essere più sicura nei movimenti. La sentii accarezzare senza esitazioni gli addominali e insinuarmi un dito nell’ombelico. Il solletico che ne derivò mi fece ridacchiare. Sentii le sue labbra sorridere, ancora incollate alle mie.

Mi accarezzò con più forza e desiderio il petto, giocando maliziosamente con i capezzoli.

Il mio respiro era decisamente affannato. Per riuscire a prendere fiato mi staccai dalla sua bocca e andai a mordicchiarle il lobo dell’orecchio. Lei si lasciò andare ad una risatina sommessa, mista ad un ansimo. Fui io, stavolta, a sorridere soddisfatto.

Persino le sue orecchie erano erotiche. Tutto di lei trasudava femminilità e sensualità.

Cercai di non pensare troppo al suo caldo corpo completamente nudo, per non perdere quel filo di lucidità che ancora possedevo. Non volevo fare in fretta. Volevo che questo magico momento durasse il più possibile.

La guardai negli occhi, una muta domanda allarmata nello sguardo, quando sentii i suoi palmi spingere sul mio petto, come se volesse allontanarmi.

Ma lei mi sorrise, uno di quei suoi sorrisi speciali, dedicati solo a me.

“Sdraiati” mi disse.

Deglutii a fatica. La mia mente aveva già elaborato l’immagine di Scully a cavalcioni su di me.

Le sorrisi maliziosamente.

“Un attimo” le sussurrai, mentre facevo scivolare la mano sotto il suo fianco e abbassavo la lampo della gonna. Gliela sfilai, poi mi occupai delle calze, baciando, con brama, ogni lembo di gamba che liberavo dalla stretta guaina.

Quando gliele sfilai completamente, la stupii baciandole adorante, senza staccare gli occhi dai suoi, il collo di entrambi i piedi. Avrei voluto succhiare ogni singolo dito, ma capii dalla sua espressione che lo avrebbe considerato un gesto troppo intimo. Era imbarazzata.

Mi venne quasi da ridere all’idea che lei si sentisse in imbarazzo con me, ma ebbi il buon senso di non dare a vedere il mio divertimento. Le leggevo negli occhi che voleva tutto questo tanto quanto lo volevo io, ma ciò non toglieva che la situazione fosse inusuale. E se mi sentivo strano io, immaginavo lei dovesse sentirsi allo stesso modo.

Prima di stendermi sul letto, mi presi qualche istante per osservarla.

Le mutandine di pizzo nero, in coordinato col reggiseno, facevano risaltare il candido pallore della pelle. Le gambe, perfettamente lisce e diritte, erano leggermente piegate da un lato, a proteggere inconsciamente la sua femminilità. Lo sguardo era acceso di passione e guardarlo mi trascinava in un vortice di desiderio sempre più potente.

Dandole un rapido bacio sulle labbra, cambiai posizione e mi sdraiai su un fianco, gli occhi negli occhi, i nasi a sfiorarsi.

Lei si rifugiò nel mio abbraccio e intrecciò le gambe alle mie. I nostri corpi aderivano completamente e quell’intimo contatto mi provocò una serie di brividi d’eccitazione.

La danza delle lingue riprese, mentre le mani toccavano, bramose ed eccitate, la pelle. Mi persi in quelle sensuali carezze, non capendo se mi dava più piacere sentire la morbidezza dei suoi fianchi, delle sue natiche, la perfetta levigatezza delle cosce e della schiena, o sentire le sue dita e le sue unghie che tracciavano immaginari disegni sulla superficie del mio corpo. Non riuscii a trattenere un grugnito di soddisfazione quando le sue mani andarono a stringere le mie natiche, sopra il tessuto dei boxer.

Mi spinse, allora, giù e si mise a cavalcioni su di me.

Mi resi conto che l’immagine mentale che avevo sviluppato alcuni minuti prima non le rendeva giustizia. Nessuna parola era adatta a descrivere quella dea dai capelli di fuoco che mi sovrastava. La mia eccitazione era a livelli altissimi e mi gridava di strapparle di dosso la poca stoffa che ancora la celava ai miei occhi e di farla mia, subito, in quel momento.

Ma non era quello che volevo. Volevo assaporare ogni istante di quella notte senza premura, volevo toccare, osservare, gustare, adorare ogni millimetro del suo incantevole corpo. Volevo scolpirmi nella memoria ogni singolo gesto, ogni singolo ansimo, per non perdere, mai, nemmeno un minimo ricordo.

La vidi abbassare la testa sul mio petto e sentii i suoi capelli sfiorarmi la pelle.

Chiusi gli occhi e mi lasciai travolgere dall’onda di piacere che elettrizzò ogni fibra del mio corpo, gemendo e ansimando, mentre Scully esplorava con la lingua ogni angolo del mio torace. Sussultai di puro piacere quando sentii i suoi denti chiudersi dolcemente sul mio capezzolo. Erano sensazioni fortissime, i suoi gesti erano intrisi di una carica erotica tale da mandarmi in estasi.

Sentivo le sue gambe e il suo fondoschiena perfetto scivolare e muoversi sopra le mie cosce e gemetti forte quando il centro della sua femminilità sfiorò la mia eccitazione, mentre si allungava a riprendere possesso delle mie labbra.

Mi misi a sedere di scatto, le sue gambe ancora allacciate ai miei fianchi, e le strinsi a me forte, mentre le labbra si saziavano dalle sue. Percepivo con cristallina limpidezza la morbida curva del seno premermi contro il petto, il leggero velo di sudore che copriva i nostri corpi, il respiro bollente che si infrangeva sulla pelle.

Le slacciai il reggiseno e, senza interrompere il bacio, glielo sfilai dalle braccia. La strinsi nuovamente a me e gemetti quando sentii i suoi capezzoli turgidi premere contro il mio torace.

Insinuai una mano tra i suoi capelli, attirandola più vicina, e con l’altra mano le afferrai possessivamente il fondoschiena. La feci rotolare nuovamente sotto di me.

Mi inginocchiai fra le sue gambe e mi concessi altri attimi per osservarla.

“Sei bellissima” sussurrai dolcemente, mentre guardavo il suo seno pieno alzarsi ed abbassarsi velocemente, al ritmo spezzato dei suoi respiri. Il suo sorriso di risposta fu disarmante. Radioso, luminoso, ed era rivolto a me.

Mi abbassai contro il suo petto e mi occupai meticolosamente del seno, per un tempo che mi parve infinito. Accarezzando, stringendo, baciando e mordicchiando ogni punto di quelle inebrianti colline. La sinfonia dei suoi gemiti era il suono più dolce e più bello che le mie orecchie avessero mai ascoltato.

La sentii inarcare la schiena, preda della passione, per venirmi ancora più vicino, mentre le sue mani scompigliavano i miei capelli e le sue labbra pronunciavano il mio nome con un suono spezzato e incredibilmente erotico.

Sollevai la testa per guardarla. Sembrava frastornata. Gli occhi erano sbarrati e straordinariamente luminosi, nella penombra. Le guance erano arrossate e il labbro inferiore era stretto tra i suoi denti.

Mi avvicinai e lo presi tra le mie labbra.

Sulla lingua, il sapore della sua pelle era dolce come il miele.

Allungai le gambe e mi adagiai lentamente, per non pesarle addosso, su di lei.

Seppur ancora coperti dalla biancheria intima, i nostri sessi sfregarono l’uno sull’altro, provocando in entrambi gemiti eccitati e sorpresi, per l’intensità del piacere suscitato da quel minimo contatto.

Ci perdemmo per un altro tempo indefinito in quei baci così profondi ed esplorammo nuovamente l’uno il corpo dell’altra con mani ed occhi.

Non ne avrei avuto mai abbastanza.

Tutto in lei era per me come un’allettante invito al quale era impossibile dire di no.

Feci scorrere la mano sotto la sua coscia, facendole sollevare leggermente la gamba. Le accarezzai piano la tenera pelle all’interno, fino a spingermi, con movimenti lenti e leggeri, a toccare la sua femminilità, attraverso il tessuto delle mutandine.

Era bollente. La stoffa umida mi fece capire che voleva veramente tutto questo, e questa consapevolezza mi fece provare una tenerezza incredibile nei suoi confronti. Mi voleva. Voleva che toccassi e guardassi la sua meravigliosa nudità. Voleva che i nostri corpi si fondessero assieme. E voleva tutto questo da me!

Mossi le dita gentilmente con movimenti circolari su quella stoffa calda e umida, e mi godetti la sua espressione estasiata, mentre buttava indietro la testa, con gli occhi chiusi, e apriva le labbra in una muta esternazione di piacere.

Mi sollevai sulle ginocchia e presi tra le dita il pizzo elastico delle sue mutandine, tirandole lentamente verso il basso. Quando le sfilai dai piedi, alzai lo sguardo e mi accorsi che lei mi stava osservando con una mano premuta sul viso, gli occhi che sbirciavano tra le dita. Un sorriso imbarazzato aleggiava sulle sue labbra.

La tenerezza che provai in quel momento fu qualcosa di talmente forte e profondo da riuscire ad inumidirmi gli occhi.

Le presi la mano dal viso e me la portai alle labbra.

"Sei meravigliosa… splendida!" La rassicurai sinceramente, guardandola negli occhi.

Scully, in tutta risposta, si alzò e venne ad inginocchiarsi di fronte a me.

Posò le sue mani ai lati del mio viso, accarezzandomi piano. Non parlò, ma la dolcezza nel suo sguardo diceva molto di più di mille parole.

La abbracciai stretta, respirando avidamente tra i suoi capelli. Le sue labbra, premute sul mio petto, lasciavano una scia di piccoli e teneri baci.

Improvvisamente la sua mano si posò sulla mia parte risvegliata.

Trattenni per un momento il fiato, perché la sensazione scaturita dal suo tocco era stata travolgente. Una scarica elettrica che si era propagata in tutto il mio corpo.

Gemetti e ansimai di pura estasi, mentre la sua mano mi accarezzava sempre più intensamente e coraggiosamente.

Non sopportai quella dolce tortura a lungo.

La allontanai leggermente da me per sfilarmi i boxer con un movimento fluido e poi tornai rapidamente a posizionarmi di fronte a lei.

La sua mano incontrò nuovamente il mio sesso e la sensazione delle mani sulla pelle nuda fu qualcosa di sconvolgente.

Il mio corpo fu attraversato da una serie di brividi eccitati. Tremai di piacere e chiusi gli occhi, perso in quella dolce estasi. Gli ansimi, nella mia bocca, si susseguivano senza sosta.

Scully era disinibita e muoveva la mano con sicurezza. Sembrava sinceramente entusiasta. Le presi la nuca e avvicinai le nostre labbra, mentre i suoi movimenti si facevano sempre più veloci e pressanti.

Sentii che non avrei potuto reggere ancora per molto quella pressione e la pregai debolmente di smettere, le parole attutite dalla sua bocca.

Si scostò e mi osservò. Nel suo sguardo scorsi del compiacimento. La sua espressione mi fece letteralmente impazzire.

La spinsi, quasi rudemente, sul cuscino e ripresi a baciarla voracemente, mentre la mia mano le passava possessivamente sul seno e sul ventre, fino a raggiungere il fulcro della sua femminilità.

Era incredibilmente bagnata, e calda. La tenera carne prometteva il Paradiso. La accarezzai, la tormentai, esplorai le morbide e bollenti pieghe, godendomi le dolci sinfonie del suo piacere.

A sua schiena si incurvava, le sue gambe si muovevano senza sosta e le sue labbra lasciavano fuoriuscire suoni inarticolati, gemiti e dolci gridolini.

La tormentai fino al limite, fino a quando non sentii il mio nome pronunciato tra gli ansimi e sentii la sua schiena contrarsi e le sue mani aggrapparsi alla mia schiena.

Mi godetti la stupenda vista del suo viso alterato dal piacere, gli occhi sbarrati a guardare il soffitto, la bocca aperta che lanciava un erotico grido di estasi, le sue unghie conficcate nella mia carne.

Era sicuramente la creatura più passionale che avessi mai incontrato.

La strinsi forte a me e lasciai che il suo cuore riprendesse un ritmo regolare.

Lei mi fissò negli occhi. Il suo viso aveva un’espressione languida, quasi decadente, ed era bellissima.

Mi baciò dolcemente e si aprì completamente a me.

Affondare in lei fu qualcosa di talmente bello che pensai di star vivendo un sogno incantevole.

La sua femminilità, stretta e incredibilmente calda, mi avvolgeva teneramente e mi fece sperimentare sensazioni che non provavo da anni, e comunque mai così intense. Mi sentivo bene, felice, completo. Mi sentivo a casa.

La danza dell’amore ci travolse e ci portò con sé, sempre più in alto, sempre più dolcemente, sempre più uniti.

Persi completamente la percezione del tempo e dello spazio, sentivo solo lei e le emozioni che mi faceva provare. Le sue gambe allacciate alla schiena, le mani sulle spalle, il bacino a contatto col mio, i gemiti che si mescolavano ai miei e si perdevano in un vortice nell’aria, i suoi occhi, due luminosi fari blu che mi indicavano la via per la mia salvezza.

Percepii il suo corpo tendersi.

“Mulder !” gridò il mio nome mentre si lasciava travolgere dall’apice del piacere, quel piacere che io le avevo donato e che ora sentivo vicino, terribilmente vicino.

Con l’immagine del suo corpo scosso dagli spasmi stampata negli occhi, mi lasciai trascinare verso un paradiso che solo Scully avrebbe potuto farmi saggiare.

Fu un’esplosione che mi scosse il corpo, ma soprattutto l’anima.

Non erano stati solo i nostri corpi a fondersi, ben più importante, ad unirsi, erano state le nostre anime.

Amarci fu qualcosa di così incredibile e potente che non esistono parole per descriverlo.

Solo chi ha la fortuna di avere accanto a sé una persona speciale, veramente speciale, può comprendere ciò di cui parlo.

Mi sdraiai accanto a lei e la cullai tra le mie braccia, mentre aspettavo che i nostri respiri si calmassero e i nostri cuori smettessero di cercare di uscirci dal petto. Tirai le coperte sopra i nostri corpi nudi e sudati.

Scully si accoccolò, serena, nel mio abbraccio. La baciai più e più volte sulla fronte, il resto del viso era affondato nel mio petto.

La sentii premere lievemente le labbra sulla clavicola, prima di alzare il volto verso di me.

So di averlo già detto, ma era bellissima. Avevo sempre saputo che era una donna splendida e passionale, ma vederla in quel momento, accaldata, con i capelli scompigliati, rilassata dopo l’amore, fu una vista che mi lasciò senza fiato. Non avrei mai immaginato che avrei potuto stupirmi della sua bellezza, unica al mondo.

Mi baciò con estrema dolcezza le labbra e capii che avrei potuto passare ogni singolo istante della mia patetica vita ad adorarla.

Non parlammo, non c’era bisogno di parole vuote e deboli, a parlare bastavano i nostri occhi.

La coccolai teneramente, fino a che non la vidi soffocare uno sbadiglio.

Sorrisi e mi scostai leggermente da lei. Le accarezzai dolcemente una guancia.

“Dormi, Scully” le sussurrai dandole l’ennesimo casto bacio sulla fronte.

Scully mi fece un tenero e stanco sorriso e mi accarezzò la mascella, prima di chiudere, serena, gli occhi.

Mi persi nelle pieghe vellutate del suo respiro e lo ascoltai, rapito, farsi sempre più pesante e regolare.

Quando capii che era addormentata, permisi alla stanchezza di prendere possesso del mio corpo e mi cullai nella certezza che era stata la notte più bella che io avessi mai vissuto. Superava di gran lunga ogni lusinghiero sogno e ogni ardente speranza.

Mentre scivolavo tranquillamente in un sonno ristoratore, nella mia mente prese concretezza un pensiero. Un pensiero che non mi era nuovo, ma che avevo sempre relegato in un angolo, timoroso di renderlo reale.

Amavo quella donna.

Dubbi e rimorsi

SCULLY POV

Appartamento di Fox Mulder

Ore 03.42 a.m.

Quando cominciai a riprendere coscienza della realtà, una fastidiosa sensazione d’angoscia prese possesso di me.

Con gli occhi ancora chiusi, aggrottai la fronte, perplessa.

Ma d’improvviso il vivido ricordo di quello che era accaduto quella notte, mi colpì come una palla di cannone e sbarrai gli occhi. La stanza era in penombra, ma riuscivo a distinguere chiaramente, di fronte a me, la sagoma della schiena di un uomo che respirava regolarmente nel sonno.

Mi alzai piano dal letto, per non svegliarlo.

Rabbrividii quando la pelle nuda entrò in contatto con l’aria della stanza. Il mio corpo era surriscaldato grazie alla presenza di Mulder sotto le coperte.

A tentoni, raccolsi i miei vestiti dal pavimento e mi diressi in bagno. Accesi la luce e mi guardai allo specchio.

Che cosa avevo fatto?

Mi aggrappai pesantemente al bordo del lavandino, cercando di calmarmi e di bloccare l’attacco d’ansia che minacciava di travolgermi.

Quella voce flebile nella mia testa, che era stata un sussurro ignorato per tutta la notte, ora gridava. Mi urlava che avrei dovuto sapere che mi sarei pentita di essermi lasciata andare, di aver ceduto al pressante desiderio di stare con l’uomo che, ora, dormiva beatamente nell’altra stanza. Che avevo rovinato tutto.

Quella parte di me che aveva preso il soppravvento nelle precedenti ore, invece, era diventata il flebile sussurro che non riusciva a tranquillizzarmi. Mi diceva che non avevo fatto nulla di male, che amare Mulder non era stato uno sbaglio, perché non è mai uno sbaglio assecondare i propri sentimenti.

Ma non riusciva ad emergere e la inquietante sensazione di aver combinato un disastro non voleva saperne di lasciarmi respirare.

Cominciai a rivestirmi come un automa, mi detti una sistemata, poi tornai in camera.

Sentivo che dovevo andarmene di lì. Forse sarei riuscita a pensare più lucidamente lontana da lui.

Presi la mia giacca, che era ancora appoggiata ai piedi del letto, e mi diressi verso la porta, evitando di lanciare occhiate al corpo addormentato di Mulder.

Appartamento di Dana Scully

Poco dopo

Buttai le chiavi sopra il tavolino e mi lasciai sprofondare nel divano, tuffai il viso nelle mani e mi permisi di piangere.

Piansi di dolore e di rabbia, per l’ingiustizia della mia vita.

Avevo passato le ore più felici della mia vita con quell’uomo, e non mi riferivo solo a quella notte, mi riferivo a tutti gli impagabili momenti passati con lui da quando l’avevo conosciuto. Quella notte era stata solamente la giusta ricompensa di un’esistenza di rinunce. Avevo provato sensazioni dimenticate, mi ero sentita viva e completamente appagata tra le sue braccia, tutto aveva acquistato un senso.

E ora non riuscivo ad esserne felice, a ricordarla per quello che era, il momento più intenso e lieto che avessi provato negli ultimi anni. Non ero mai stata amata con tanta devozione e tanto trasporto, mai.

Ma tutto questo svaniva davanti al deserto infuocato che si prospettava nel mio futuro.

Perché? Perché non riuscivo a sentirmi serena? Perché la sensazione di aver rovinato il più bel rapporto della mia vita mi stava soffocando?

Piansi su quel divano fino a quando non vidi il chiarore dell’alba penetrare dalle finestre.

Non avevo trovato risposte alle mie domande, né un po’ di pace, ma ero riuscita almeno a ritrovare un minimo di contegno.

Asciugai sommariamente le lacrime col dorso delle mani e mi diressi verso il bagno. Avevo bisogno di un bagno caldo per rimettermi in sesto, almeno esteriormente.

A mollo nell’acqua calda e profumata ripensai a tutto quello che era successo e che avevo provato in quelle ultime ore, sforzandomi di non rimettermi a piangere.

La confusione regnava sovrana nella mia testa, nessun pensiero felice riusciva a lenire il dolore che mi portavo nel petto.

Non sapevo cosa fare, come affrontare Mulder.

Avrei voluto nascondermi e non uscire mai più.

Ero una codarda. Ero scappata e avrei voluto farlo di nuovo. Ma dovevo prendermi le mie responsabilità.

Io avevo fatto si che succedesse l’irreparabile, ora stava a me cercare di porvi rimedio, o almeno dovevo sforzarmi di provarci. Dovevo affrontare i miei problemi a testa alta. Lo dovevo almeno a lui.

Non si torna indietro… le sue parole mi rimbombarono dolorosamente in testa. Gli avevo risposto che lo sapevo, che lo accettavo… e ora stavo per fare marcia indietro.

Mi odiavo per questo, mi odiavo dal profondo.

Non potevo tornare indietro, questo no, quei ricordi non avrebbero mai potuto essere cancellati, ma dovevo spiegargli come mi sentivo. Forse avrebbe capito… forse…

Faticavo io a capire perché stessi così male, avrebbe potuto farlo lui?

Non sarebbe stato semplice, dopo la notte d’amore più bella della mia vita, dirgli che mi sentivo male, che avevo agito con troppa leggerezza, che avevo, probabilmente, compromesso irreparabilmente il nostro rapporto professionale.

Mi sentii quasi mancare all’idea di dover interrompere la nostra partnership per un mio stupido momento di debolezza. Sapevo che non sarei riuscita a sopportare il dolore di non vederlo più, di non averlo più accanto, anche se solamente come collega di lavoro.

Ma era proprio questo a farmi sentire male!

Io avevo bisogno di lui. Un bisogno vitale. Lui era l’aria che respiravo, il sole nella mia buia esistenza… e allora perché non riuscivo ad accettare il fatto che avevamo fatto l’amore ed era stato bellissimo?

Non potevo essere così falsa da dirmi che non lo desideravo, perché lo desideravo come non avevo mai desiderato nulla in vita mia, forse era paragonabile solo alla mia brama di avere un figlio. E da quel giorno, da quel bacio mancato, l’avevo desiderato ancora di più.

E l’esperienza era stata sicuramente superiore ad ogni più rosea aspettativa.

Forse era questo quello che si provava a stare con la persona che… NO!

No, no, no!

Mi presi la testa fra le mani, come se un suono terribile avesse colpito le mie orecchie.

Non volevo nemmeno pensarlo. Quella parole, anche se solo meditata, rischiava di farmi impazzire sul serio.

Dovevo parlare con lui, assolutamente.

Una parte di me, quella codarda, sperava che anche lui, nella lucidità del risveglio, provasse un sentimento di pentimento e che fosse il primo a dire che non avrebbe mai dovuto accadere. Ma la parte più sincera di me sanguinava al solo pensiero che lui la pensasse realmente così.

Ormai il sole era alto in cielo.

Tra un’ora avrei dovuto essere in ufficio.

Mi preparai, per arrivare prima di lui.

Mi aspettava un triste e arduo dovere e riposi tutte le mie speranze nella comprensione di Mulder… come sempre.

Ti aspetterò

MULDER POV

Appartamento di Fox Mulder

Ore 07.30 p.m.

Lentamente, misi a fuoco la porta della camera, e ripiombai nella realtà.

Il risveglio portò con sé un caldo languore in tutto il corpo, e dipinse un estasiato sorriso sulle mie labbra. Dolcissimi ricordi si affacciarono nella mia mente.

Mi girai lentamente, per non rischiare di svegliarla, verso Scully… ma lei non c’era.

Preoccupato, mi guardai intorno.

I suoi abiti non c’erano più e, né dal bagno, né dalla cucina, provenivano rumori che rivelassero la presenza di un’altra persona in casa.

Se n’era andata.

In un primo momento provai un moto di rabbia nei suoi confronti. Mi sentii usato, letteralmente sedotto e abbandonato, ma subito mi diedi dello stupido.

Se aveva deciso di andarsene doveva aver avuto qualche motivo.

Magari era andata a cambiarsi e non aveva voluto svegliami, forse si era ricordata che aveva una commissione da fare, forse…

La mia mente vagliò diverse ipotesi, una più flebile e ridicola dell’altra.

Sapevo perfettamente perché non era lì con me. Aveva avuto paura delle conseguenze che fare l’amore avrebbe comportato al nostro rapporto e si era spaventata svegliandosi al mio fianco.

Una morsa soffocante mi strinse il cuore.

Temevo che sarebbe andata così. Conoscevo troppo bene Scully per non sapere come funzionava la sua testa. Il pensiero di perderla, di sentirla allontanarsi da me dopo quella notte, mi aveva sfiorato debolmente mentre facevamo l’amore, ma ero troppo perso in quell’atto così dolce per lasciarmi sopraffare dalla paura delle conseguenze.

Maledizione!

Mi tirai in piedi di scatto e mi preparai per andare al lavoro in ufficio con movimenti bruschi e adirati.

Non ce l’avevo con lei, ce l’avevo con me stesso.

Avrei dovuto capire che lei, ieri sera, era preda di una specie di frenesia che l’avrebbe abbandonata alla prima luce del sole. Non avrei dovuto illudermi.

Ma era così seria e convinta quando mi aveva sussurrato che sapeva che non avremmo potuto tornare indietro…

Sperai, almeno, che ne avremmo parlato. Non avrei sopportato di lavorare accanto a lei facendo finta di nulla, facendo finta che questa notte meravigliosamente intensa non fosse mai esistita.

Il tragitto verso l’ufficio fu troppo lento e mi riempì di un’ansia soffocante.

Quando fui a pochi passi dalla porta degli X-files trassi un profondo respiro e mi imposi di calmarmi. Non volevo metterla ancora più in difficoltà.

Varcai la soglia e la trovai appoggiata alla scrivania, la testa bassa. Si stava tormentando le dita. Non si accorse del mio arrivo, era troppo immersa nei suoi pensieri.

“Buongiorno” dissi pacatamente e con un sorriso sulle labbra, un sorriso contenuto, non volevo spaventarla.

Lo sguardo che sollevò su di me bastò a ridurmi il cuore in mille pezzettini.

Era tormentata, dispiaciuta, lacerata nel profondo.

“Mulder” iniziò subito “io… io ti devo parlare”.

Eccola. La bomba arrivò e mi colpì in pieno petto, riducendo in polvere il mio cuore già dilaniato. Ma mi imposi di mantenere un’espressione neutra, non era giusto caricarla anche del peso del mio dolore, stava già soffrendo abbastanza. E la cosa mi faceva venire voglia di abbracciarla, stringerla a me, per sottrarla a tutti i suoi tristi pensieri.

Mi avvicinai a lei. “Di solito, quando si sente questa frase in un film, non è un buon segno” mi sforzai di sorridere.

I suoi occhi, lucidi e straziati, non lasciarono mai i miei, mentre, con parole tentennanti e intrise di dispiacere, tentava di spiegarmi come si era sentita quella mattina e come si sentiva ora.

Sentii una lama spietata affondare in svariati punti della mia anima, mentre le sue parole si insinuava prepotentemente nella mia dolorante testa.

Era come avevo immaginato.

Era terribilmente spaventata. I suoi occhi, sempre più luccicanti di lacrime, alle quali non permetteva di trasbordare, accompagnavano lo strazio di sentire la sua voce debole e gemente.

Ma non perse mai il controllo, né la dignità, mentre tentava di farmi capire quanto si reputasse crudele e codarda nei miei confronti, quanto si sentisse amareggiata nel profondo per essersi sentita come un pesce fuor d’acqua dopo essere stata con me.

Tentai più di una volta di parlare, di cercare di alleviare la sua pena, ma la sua confessione era un fiume in piena, che mi travolse, distrusse tutta la gioia che avevo provato con lei, e mi lasciò boccheggiante e mezzo morto sulla riva.

Ma non la odiai per questo. Se possibile, la amai di più in quel momento, di quanto non lo avessi mai fatto prima. E, ora che il sentimento aveva rotto gli argini, sapevo quanto grande era la mia devozione.

Immaginai quanta fatica le stesse costando pronunciare quelle parole e la tentazione di stringerla al petto e lasciarla piangere contro di me, non mi abbandonò un solo istante.

Ma non osai toccarla, neanche quando la sua voce si affievolì su di un dilaniante “mi dispiace “. I suoi occhi continuarono, però, a scrutare i miei e di questo le fui grato. Così avrebbe potuto capire tutto quello che non stavo dicendo a parole. Che ero ferito, ma che non avevo intenzione di incolparla di nulla, né tantomeno di scagliarmi verbalmente contro di lei. Ero lì, l’avevo ascoltata, e non me ne sarei andato.

Con un sorriso, che voleva essere rincuorante, ma che risultò, invece, amaro, le parlai.

“Avevo immaginato qualcosa del genere, quando stamattina non ti ho trovata a casa mia…”.

Fece un passo verso di me.

“Mulder… mi disp…”, alzai una mano verso la sua bocca, per bloccare le parole.

“No Scully. Non c’è niente di cui tu debba scusarti con me. Va bene così…Posso comprendere la tua confusione e la tua sofferenza e non ho intenzione di fartene una colpa. E’ successo qualcosa che non ci aspettavamo e questo può spiazzare, non c’è dubbio!” sorrisi di nuovo, stavolta con più convinzione.

Cercavo di tranquillizzarla per quanto mi era possibile, anche se non era facile trovare le parole adatte per spiegarle come mi sentivo. Rischiavo di apparire troppo indifferente, oppure troppo pressante.

Mi affidai all’istinto, e al buon senso.

“Non potrò mai dimenticare quello che è successo tra noi, e nemmeno vorrò mai farlo, ma, per quanto mi riguarda, tutto questo non ha cambiato nulla. Io ti vedo esattamente come ti vedevo 24 ore fa, e non ho intenzione di cambiare nulla tra di noi”.

Lei mi fissava, immobile, ma notai un leggero rilassamento nei muscoli del viso contratti.

“Sono qui. E ci sarò sempre per te…” abbassai un attimo gli occhi, poi tornai a fissarla intensamente e dissi qualcosa che non mi aspettavo di dire “… e sarò qui anche se, un giorno, tu dovessi cambiare idea su di noi”.

Fui io il primo a restare meravigliato dalle mie stesse parole, ma mi resi conto che era la verità più pura che avrei mai potuto trovare. L’avrei aspettata per sempre, perché era lei che volevo, lei e nessun’altra.

Questa consapevolezza non mi aiutò ad affrontare il presente, ma mi rese più forte e cosciente. Per quanto difficile, per quanto dura, per quanto crudele, la verità era sempre la via migliore che una persona potesse seguire.

Alle mie ultime parole Scully sussultò e una lacrima ribelle scese a bagnarle la guancia, prontamente asciugata dalle sue esili dita.

“Mulder” la sua voce era ancora triste.

In quel momento squillò il telefono, facendoci sobbalzare entrambi.

Scully, ricomponendosi, rispose, e la osservai assumere un tono ed un’espressione professionali, mentre diceva, presumibilmente a Skinner, che l’avrebbe raggiunto nel suo ufficio, subito.

Una telefonata provvidenziale, non c’era dubbio!

Riappese e si voltò verso di me. Aveva ripreso completamente la padronanza di sé.

“Devo andare da Skinner per i risultati di una autopsia” mi informò, come se non avessi appena ascoltato la conversazione telefonica.

Le sorrisi rassicurante e le feci un cenno d’assenso, mentre giravo attorno alla scrivania e mi sedevo. Sapevo che il discorso era chiuso e mi stava bene così, l’importante era che sapesse che non avrei rinunciato a lei, come collega, amica, o quello che desiderava, per nulla al mondo.

Scully si fermò sulla porta, una mano appoggiata allo stipite.

Si voltò verso di me.

“ Volevo solo aggiungere che…” si interruppe per prendere un respiro profondo, evidentemente non le risultava semplice esprimere ciò che voleva dirmi. Le lasciai il suo tempo, senza incalzarla, “… che è stato bello stare con te, Mulder. Molto”. E detto questo si allontanò lungo il corridoio e sparì dalla mia vista.

Incrociai le braccia dietro la testa, dondolandomi con la sedia.

Non era esattamente il momento adatto, ma un sorriso felice e soddisfatto tese le mie labbra.

E il mio cuore riprese a battere.

Forse, c’era una speranza per noi.

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