Le fanfic di X-Files

Sei secondi e mezzo

Mulder e Scully. Sei secondi e mezzo. A volte uno sprazzo di luce può abbattere tutti i muri.
Autore: Irati
Pubblicata il: 24/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: R, una via di mezzo tra il PG-13 e NC-17
Genere: UST, MRS/RSM
Sommario: Mulder e Scully. Sei secondi e mezzo. A volte uno sprazzo di luce può abbattere tutti i muri.
Note sulla fanfic: La storia si svolge ad un certo punto del quarto anno, anche se l'UST non ha tempo, così che ...non ha tanta importanza. Il riferimento a Bellefleur (Oregon) appartiene all'episodio pilota. ( Scully si spoglia davanti a Mulder perché lui osservi alcuni segni che ha sulla schiena perché ha paura che siano segni alieni, ma sono solo punture di zanzare)

Archiviazione:
Altre note: Caso mai qualcuno non l'abbia visto, Atto di forza, a cui mi riferisco in questa storia, è un film di Paul Verhoeven, con Arnold Schwarzeneger. E' una paranoia di fantascienza su un uomo che non distingue la realtà dal sogno. Alla fine del film, la ragazza (Rachel Ticotin) domanda ad Arnold" e se tutto questo fosse un sogno?". Bene, allora a questo si riferisce Scully con " la fine di Atto di forza". Non so se il chiarimento era necessario, ma meglio "abundare quam deficere...."
Disclaimer: Gli scritti pubblicati in questo sito sono di esclusiva proprietà degli autori. Beyondthesea.it non è in alcun modo responsabile degli scritti suddetti e dei loro contenuti. Gli autori, pubblicando le loro opere, si assumono ogni responsabilità sulle stesse. Tutto il materiale presente sul sito non può essere riprodotto in mancanza del consenso del proprietario dello stesso. Questo sito non ha fini di lucro. I personaggi presenti nelle storie pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori e dei titolari del copyright.

Appartamento di Fox Mulder
Alexandria, Virginia
8.20 p.m.

I passi di Scully risuonarono sul pavimento di legno. Piccoli. Leggeri. Fermi. Si era tolta il cappotto e si guardava intorno con uno sguardo clinico, cercando di decidere dove fare un poco di spazio per finire di redigere i rapporti. Montagne di documenti, riviste, libri, video, barattoli e pacchetti di cibo scaduto riempivano la scrivania, il tavolo da pranzo, il tavolino da caffè e in generale qualsiasi superficie piana capace di accogliere il Muldercaos che accompagnava il suo compagno lì dove passava.

"Mulder, è tutto un disastro. Non pulisci mai?"

Il lungo e flessuoso corpo di Mulder disegnò il suo contorno sulle tende veneziane semi chiuse mentre si toglieva la giacca e si arrotolava le maniche della camicia fino ai gomiti.

"Definisci pulire"

"Spostare mucchi d'immondizie da una stanza all'altra non costituisce una forma di pulizia, Mulder" Cercò di dirlo con il suo miglior tono di censura per nascondere il fatto che in realtà trovava il disordine della sua casa abbastanza....affascinante in una maniera contorta.

"E' l'anno libero della mia cameriera."

Il fantasma di un sorriso giocò sulle labbra di Scully. Regola non scritta numero un milione; non lasciar vedere a Mulder che in realtà dividevano lo stesso senso dell'umorismo. Mezzo sorriso era tutto quello che Mulder otteneva da lei. Talvolta, era tutto quello che sognava di chiedere.

"Mi trascini fin qui per finire di riempire i rapporti che avresti dovuto aver finito settimane fa e nemmeno hai la decenza di fare un poco di ordine" fece un gesto di finta disapprovazione con la testa. "Non è il miglior modo di fare colpo su una ragazza"

La luce giocò con le ciocche rosse di Scully. Se non l'avesse conosciuta così bene avrebbe giurato di vedere un lampo di sfida sui suoi tratti di latte. Diavolo. Precisamente, poiché la conosceva bene sapeva che nel gioco elettrico al quale a volte giocavano, tutto era una sfida.

"Le ragazze non sono solite soffermarsi sul disordine, Scully. Ho altri modi per fare colpo".

Ci sarebbe stata una risposta? Un'altra insinuazione che avrebbe portato il gioco più in là delle regole che si erano auto imposti? Un'idea tanto tentatrice quanto pericolosa.

"Bene, dove metto tutto questo" disse Scully indicando la pila di documenti che avevano portato dall'ufficio.

Terreno neutrale. Routine. Sicurezza.
Peccato.

"Lascia, pulirò il tavolo" con falcate grandi e agili, Mulder percorse lo spazio che separava il telefono e la scrivania dal tavolo. L'odore di after shave e il suo odore oscuro e penetrante di pazzia e fede saturarono i sensi di Scully facendo in modo che si sentisse vulnerabile e improvvisamente debole. A pochi centimetri l'uno dall'altro, l'ombra di barba che copriva la mascella di Mulder sembrò a Scully un'incerta promessa.

"Scommetto che è la prima volta che dici queste parole"

Mulder la guardò con occhi impossibilmente piccoli. Nella semi oscurità dell'appartamento le era difficile distinguere la tonalità dei suoi occhi costantemente cangianti. Forse erano azzurri, brillando con l'innocenza di un bambino di dodici anni tradito nella sua fiducia? Marroni e quasi neri di ossessione come quando si concentrava in qualcosa fino a divorarlo e farsi divorare? O grigi e sornioni, che guardano direttamente attraverso i tuoi occhi fino a qualche punto segreto più giù dello stomaco?

"Che non si dica che non farei qualsiasi cosa per te, Scully".

Per qualcosa più di un secondo si guardarono ingaggiando una battaglia segreta che nessuno poteva vincere finché lei ruppe il silenzio e si mosse per accendere la luce.

"Anche pulire."

Leggermente deluso, Mulder buttò uno sguardo al tavolo, o a quello che si poteva vedere, cercando di decifrare l'enigma di come metterla in ordine con il minor sforzo possibile. A pochi passi da lui, la sua compagna raccoglieva i cartoni e i barattoli di cibo per buttarli nella spazzatura.

"Anche pulire, Scully, anche questo."

********
Appartamento di Mulder
Alexandria, Virginia
Nel salotto
11.21 p.m.

Con un gesto stanco, Mulder si strofinò il setto nasale con il pollice e l'indice della mano destra, nel tentativo di restituire la circolazione sanguigna ai segni bianchi che gli avevano lasciato gli occhiali dopo tre ore di pratiche. Si adagiò sul sedile e allungò le braccia in avanti. I suoi polmoni si allargarono ricevendo quasi con dolore l'enorme boccata d'ossigeno che sembrò assorbire tutta l'aria dell'appartamento. Insieme all'odore di chiuso della sua casa, ispirò anche l'odore pulito e accogliente di Scully. Un miscuglio di gel e gelato di vainilla.

"Attenzione Papà Orso si è svegliato" Da sopra la fine montatura verde dei suoi occhiali Scully lo guardò brevemente. "Stanco, Mulder?"

Non mentre tu sei con me. La risposta galleggiò nella sua mente fotografica. Così nitida che temette e al tempo stesso desiderò, che lei potesse leggerla - in fin dei conti, Scully sembrava che avesse sviluppato un sesto senso per arrivare a tutte le sue verità anche quando si sentiva irraggiungibile. "Un poco. Potremmo prenderci un poco di riposo" suggerì.

Um. Il fatto che Fox Mulder, l'uomo che aveva dato un nuovo significato all'espressione lavoro-dipendente volesse riposare doveva essere un X Files. Pensandoci bene, erano varie ore che sbadigliava e aveva passato più tempo a guardare il niente che a lavorare.

"Non ho dormito molto" si scusò Mulder, come se questo potesse costituire un motivo per non voler lavorare, nascondendo il vero motivo della sua mancanza di concentrazione, il fatto che a volte, quando stavano così vicini non poteva allontanare la sua mente dal mistero più grande di tutti, l'enigmatica dottoressa Scully.

"Qualcosa d'interessante in televisione?" Domandò lei, dolorosamente cosciente che era qualcosa di più profondo che le offerte nei canali per adulti quello che impediva a Mulder di dormire più di quattro ore per notte. Incubi in cui una bambina con trecce cadeva in un pozzo senza fine gridando "ho paura" con una voce acuta che gelava l'anima. Ricordi imprecisi tinti di colpa che erano la seconda pelle per Mulder, che toccavano ogni fibra della sua anima disegnando le sue atti di passione e ossessione, guidando la sua ricerca. Improvvisamente, Scully sentì il desiderio di consolarlo, di cancellare dalla sua vita il dolore di tante perdite fosse anche solo per un istante fugace, per una notte, per poche ore.

"Ti faccio una proposta" Mulder la guardò con occhi furbi, ma lei evitò la sua insinuazione danzante. "Io scendo a prendere da mangiare al ristorante cinese all'angolo mentre tu puoi fare una doccia o qualcosa di simile. E dopo aver cenato possiamo continuare."

Uno scintillio di sorpresa apparve sui tratti di gatto di Mulder. "Scully stai insinuando che la mia igiene corporale lascia molto a desiderare?" E mentre glielo domandava l'idea di lui e Scully che facevano la doccia insieme ballò nella sua testa, il suo corpo piccolo, fragile e perfetto avvolto dal vapore, le gocce che scivolavano sulla sua pelle di panna fredda, il suo tocco morbido e umido....

Dio

"Non insinuo niente. Ma se sei stanco non renderai e vorrei terminare questo oggi. Una doccia calda dovrebbe rilassarti" E davanti allo sguardo incerto di Mulder, concluse con tono deciso "Ordine del medico"

E con questo si alzò, prese il suo cappotto e aprì la porta dell'appartamento.

"Ritorno tra dieci minuti e non voglio trovarti che stai navigando nella pagina di Playboy, Mulder"

Dietro la sua figura incandescente la porta si chiuse con un click leggero che era dolcemente Scully. Fermo, deciso, vicino, caldo.
Quando perfino il click di una porta ti ricorda lei, hai qualche problema di salute mentale, Mulder. Senza smettere di pensarci, Fox Mulder si alzò e accese la caldaia per fare la doccia.
Ordine del medico. Ripeté una voce nella sua testa.

************
Appartamento di Fox Mulder
Alexandria, Virginia
nella cucina
11.45 p.m.

L'odore del pollo in agro dolce, riso e involtini primavera invase prima il corridoio, e poi l'appartamento di Mulder, accompagnato dal suono ritmico dei passi di Sculy.
Stando al rumore dell'acqua nel bagno, Mulder doveva aver seguito le sue istruzioni. E alla lettera, perché se aveva deciso di fare la doccia quando lei era uscita, a questo punto doveva stare da più di venti minuti sotto l'acqua. Cercando i piatti e i coperti puliti nell'armadio della cucina le venne in mente di pensare che forse era scivolato nella vasca da bagno e ora si stava dissanguando per terra, nella sua casa, mentre lei metteva un pollo su un piatto dubbiosamente pulito
Si censurò mentalmente per la sua paranoia. Decisamente, stava passando troppo tempo con Mulder. Era ovvio che non gli era successo niente. Semplicemente aveva perduto la nozione del tempo sotto il getto dell'acqua calda.
La certezza che Fox Mulder era nudo a pochi passi da lei la scosse improvvisamente, riempiendole il ventre di farfalle impazzite.
E dove aveva messo Mulder i bicchieri? Credeva di ricordare che li conservava in un armadio, sotto i fornelli della cucina, invece di metterli su lavello cime tutti. Qualche strana scusa su come influenzava la gravità il vetro.
Cercandone un paio, Scully si abbassò vicino alla cornice che separava la cucina dalla porta aperta della camera di Mulder (se si poteva considerare stanza questo buco senza nemmeno un letto). Di fronte a lei poteva vedere una pila di bicchieri che erano stai usati nella guerra delle Malvine.
Il rumore di fondo della doccia non si sentì più.
Un bicchiere di plastica verde che Scully aveva in mano scelse quel momento per scivolarle di mano e rotolare a trenta centimetri verso la stanza in penombra di Mulder.
I passi del suo compagno risuonarono sul pavimento umido del bagno.
La mano destra di Scully raggiunse il bicchiere verde, ancora accoccolata e con l'altro bicchiere nella mano sinistra.
La porta del bagno si aprì improvvisamente.
E i piedi di un uomo entrarono nel campo visivo di Scully.
Piedi enormi.
Piedi enormi, scalzi e umidi.
Di Mulder.
Paralizzato davanti alla porta del bagno Fox Mulder tardò sei secondi e mezzo a capire che non era solo.
Dana Scully aveva tardato solo uno a vedere dalla sua angolazione che oltre che scalzo, il suo compagno era nudo come il giorno in cui nacque.
Bene, o quasi.

*********
Appartamento di Fox Mulder
Alexandria, Virginia
Nel bagno
11: 44 p.m.

Il getto di acqua calda colpiva il viso di Mulder e scorreva più giù, precipitando sulle sue spalle, scendendo per la schiena, per la curvatura delle natiche e sul davanti, sul petto, sui muscoli dello stomaco, sul sesso e sulle gambe interminabili.
Sotto l'abbraccio del calore il mondo esterno perse la sua nitidezza. La qual cosa era gradevole, tenendo conto che per Mulder il mondo esterno consisteva principalmente in cospirazioni, bugie, incubi, morte, dolore e Scully. Scully. La sua verità. L'unica cosa della sua vita che non era spaventosa e terribile, ma consolatrice e avvolgente. Come era riuscito a sopravvivere tanti anni senza di lei?
La sua mente volò a quella prima volta nel suo ufficio nel palazzo J.Edgar Hoover. Quando i suoi occhi percorsero per la prima volta le linee del suo volto d'avorio. Era convito che gli mandavano una spia per sabotare il suo lavoro e decise segretamente di mettere in discussione i suoi motivi, sottomettere le sue credenze, invadere il suo spazio personale e la sua sicurezza fino a che chiedesse un trasferimento. Non avrebbe permesso che niente si frapponesse tra lui e la verità, ancor meno una piccola spia. Si fece la silenziosa promessa, quasi incosciente di non permetterle di attraversare le sue barriere.
Grazia a Dio aveva fallito miseramente.
Scully non solo non cedette davanti alla sua ostilità, non solo si comportò con nobiltà e lealtà verso i suoi ideali, verso l'FBI, e soprattutto verso le vittime, ma fece qualcosa che nel mondo oscuro di Mulder era poco meno che impensabile, qualcosa di così semplice che racchiudeva una grandezza cosmica. Ebbe fiducia in lui. Si spogliò nella stanza di un motel e gli chiese, terrorizzata che cercasse sulla sua schiena dei segni che avrebbero provato la teoria che lei stessa aveva considerato ridicola poche ore prima. E in quest'atto di fiducia nuda unì il suo futuro a quello di Fox Mulder, il paria, il solitario, l'intoccabile, con la forza inesorabile di un destino che d'allora sarebbe stato sempre comune.
L'acqua gli scorrevo per i piedi arrossati per andare a finire nello scarico. La sua testa volava verso Bellefleur, tanto tempo prima....
E in cambio della sua fiducia, Mulder le aprì la porta del suo cuore quasi senza comprendere ciò che faceva e l'ammise nel suo seminterrato di pazzie, le diede l'arma della sua stessa distruzione, la chiave della sua vita, dividendo con lei la cosa più profonda di sé, Samantha.
Capiva in quel momento cosa stava facendo? L'unione mistica che li avrebbe uniti più in là delle loro volontà? Lo avrebbe rifatto ora, sapendo tutto quello che aveva dovuto patire Scully per colpa sua?
Lo avrebbe fatto. Era un bastardo egoista ma l'avrebbe fatto. Perché senza Scully da molto tempo sarebbe sprofondato nella sua stessa miseria.
Scully, la sua ancora di luce, il suo fedele scudiero, la sua scienza.
Finendo l'acqua calda, Mulder acquistò di nuovo la nozione della realtà. Non riusciva a rendersi conto se stava lì da due ore o cinque minuti. Non aveva sentito nessun rumore così aveva pensato che Scully non fosse ancora tornata. Probabilmente non erano passati che pochi minuti. La caldaia aveva poco acqua calda, in ogni modo.
Chiuse il rubinetto e uscì dalla doccia. Gocce di acqua gli cadevano per tutto il corpo e l'aria fredda del bagno lo fece rabbrividire. Allungò un braccio per cercare un asciugamano.
"Perfetto", mormorò tra sé. Non si era portato nessun asciugamano.
Senza pensarci nemmeno un minuto aprì la porta del bagno con l'intenzione di prenderne uno dall'armadio.
La prima cosa che lo sorprese fu la luce accesa in cucina - l'aveva accesa lui? - e l'odore del cibo - pollo in agrodolce? - ma non vide tracce di Scully.
Finché un suono gutturale e impossibile da decifrare richiamò la sua attenzione sul pavimento della stanza.
Scully.
Accovacciata.
Con due bicchieri, uno per mano, che lo guardava mentre il tempo si fermava.
Scully, che lo guardava.
Niente di così sorprendente, se non era per il fatto che era nudo e umido senza nient'altro tra lui e gli occhi acquosi della sua compagna che l'aria e otto passi. Fatto che tardò circa sei secondi e mezzo a fare suo.

************
Appartamento di Fox Mulder
Alexandria, Virginia
Stanza di Mulder
11:46 p.m.

I muscoli di Scully si erano rifiutati completamente di obbedire al suo cervello a causa della sovraccarica dei sensi a vedere un nudo, bagnato e glorioso Fox Mulder immobile davanti a lei. Niente, niente di ciò che aveva visto nella sua preparazione come agente dell'FBI e nei suoi anni di ricerca l'avevano preparata a vedere un uomo che in condizioni normali poteva trasformarle lo stomaco in gelatina al solo guardarla, nudo, selvaggio e primitivo nel suo elemento.

"Accidenti, Scully!"

Tutto ciò che lei riuscì ad articolare fu un vaga "aaaa". Inutile cercare di distrarsi, muoversi o fare un'altra cosa che non fosse guardarlo.
Chiaro che l'aveva visto nudo prima. Ma alla componente potenzialmente erotica aveva dovuto sommare una ipotermia e un possibile stato di coma indotto da un retrovirus alieno, o uno shock nervoso e una contusione. La visione di Mulder, nudo e in perfetto stato di salute era qualcosa di totalmente differente.
I suoi occhi azzurri brillarono con le prime scintille di un desiderio che incominciava ad espandersi come un liquido caldo sotto lo stomaco mentre con gli occhi esplorava tutto il corpo da lui da capo a piedi. Per una volta avrebbe voluto essere lei quella della memoria fotografica per poter ricordare questo momento e riavvolgere nella sua mente il magnifico spettacolo. I muscoli fermi delle gambe, le ossa dei fianchi, che sporgevano su entrambi i lati del ventre, le braccia rotonde e forti, i tendini del collo, l'ombra della barba sul viso, le dita lunghe e sensibili, le ombre del...

"Per l'amor di Dio, Scully! Vuoi girarti?"

Cosa stava accadendo lì? La mente di Fox Mulder non trovava una spiegazione per il quadro che aveva di fronte a lui. E data la sua gamma di spiegazioni per ogni tipo di cose, dire questo era dire molto. Esce dalla doccia, si incontra con a sua compagna accovacciata a terra e non solo lei non si era girata ma lo stava guardando. E non solo lo stava guardando, ma lo stava GUARDANDO. Con lettere maiuscole. Sottomettendolo ad un'intensa esplorazione che a giudicare dal suo sguardo affamato non aveva propositi strettamente medici. Nemmeno voleva incominciare a pensare quanto vicino stavano....
...il suo corpo...
...il suo alito di ghiaccio e fuoco...
...i suoi occhi oceanici....
...la sua fame nuda...

"Basta, Mulder" gli ordinò una voce autoritaria dentro di lui.

Gli occhi di gatto di lui cercarono quelli di lei per tentare di scoprire che stava accadendo nella sua mente. Quello che vide - un desiderio oscuro, primitivo, elementare - scosse ogni cellula del suo corpo e finì con una risposta istantanea e familiare. Dolorosamente istantanea e imbarazzantemente familiare.
Come azionata da una molla Scully si girò e rimase a guadare la luce della cucina, con l'immagine di Mulder ancora nelle pupille e una sensazione di umidità in tutto il corpo.
Dal primo cassetto dell'armadio Mulder prese un asciugamano e se l'avvolse intorno alla vita per non peggiorare la situazione sommando un'erezione all'attuale stato di cose, già per se stesso abbastanza confuso.

"La cena è pronta"

La cena? La cena? Questa donna è incredibile. Prima l'aveva guardato come un campione al microscopio, e ora voleva dimenticarlo e parlare della cena? A chi importava la maledetta cena?

"Um...mi dispiace"

Fu tutto quello che disse Scully prima di entrare in cucina chiudendo dietro di sé la porta della stanza.
Dietro di essa, Mulder aveva appena ottenuto la risposta ad una domanda che gli girava per la testa da circa cinque anni. In qualche modo aveva sempre saputo che lei lo amava con un genere d'amore così strano che non aveva definizione, con una passione che superava la scienza che normalmente guidava la sua vita, l'amava con fiducia e senza domande. Ma mai aveva saputo la vera natura di quest'amore. L'amava, sì, per qualche insondabile ragione, ma voleva bere la vita dalle loro bocche unite? Voleva sapere che sapore aveva la sua saliva, qual'era il tocco esatto della sua lingua, come si contraeva il suo viso negli spasmi di dolore e piacere? Sentiva come lui nelle notti degli orribili motels e casi inspiegabili il desiderio isterico di attraversare le porte che li separavano per mordere, baciare, leccare e dividere il suo corpo nudo? Negli ultimi sei secondi e mezzo Fox Mulder aveva risolto l'enigma negli umidi occhi di lei. Sì, voleva divorarlo e provare tutta la sua pazzia. Mentre cercava i vestiti sorrise.
E mentre il suo compagno lottava per controllare la risposta del suo corpo davanti ad una così grande scoperta con profondi respiri e pensava che diavolo ne sarebbe stato di lui. Scully poteva solo pensare, stando alle prove ottenute, che una certa teoria sulle proporzioni maschili tra naso e altri organi incominciava a prendere corpo.

********
Appartamento di Fox Mulder
Alexandria, Virginia
00:20 a.m.

Elettrico
La schiuma del lavello minacciava di traboccare. I bordi dei piatti mettevano fuori dell'acqua saponata le loro testoline bianche e verdi. Come sottofondo, il rumore del televisore riempiva il silenzio con una marea di mormorii incoerenti.
Intangibile.
La cena era trascorsa con una violenza instabile. A tratti parlarono dei casi pendenti e dell'ultima teoria di Mulder - cospirazione nella NBC: Ross e Rachel rapiti. Familiarità, fiducia. E a tratti sei secondi e mezzo fluttuavano tra loro e li obbligavano a distogliere lo sguardo. Era come se il tempo cambiasse il suo ritmo. I sapori del cibo si espandevano nelle loro bocche con un'intensità sconosciuta. Tutto accadeva con intensità sconosciuta, come se qualcuno avesse loro tolto la pelle e gli stimoli si producessero direttamente sulla terminazioni nervose.
Contenuto
"Io lavo, tu asciughi". Mulder non poteva ricordare se la voce di Scully era stata sempre così chiara, come un sussurro alto o forse un canto cristallino.

"Non c'è bisogno. Posso fare i piatti più tardi"

"O che è lo stesso che dire: lasciare che i piatti qui finchè sviluppino estremità e possano occuparsi personalmente della loro igiene. Mi sbaglio Mulder?"

"Già è accaduto prima, Scully. Ho XFiles su piatti per insalata che si sono puliti da soli dopo essere stati immersi nel lavello per mesi. Si chiama Lavaggio Inorganico Istantaneo"

"Chiaro e gli alieni vengono a farci visita"

"Sapevo che alla fine avresti pensato come me, Scully"

Tentatore
Insaponarono, sciacquarono, strofinarono e asciugarono in silenzio, godendo di una presenza umana, di qualcosa che vibrava tra loro con maggior forza del solito. Si sfiorarono una sola volta. Scully stava cercando il tappo per toglierlo. A Mulder cadde un forchetta nell'acqua. La raccolse senza pensarci e sfiorò le dita bagnate di lei che gli sembrarono lingue di lava. Lei si lasciò andare fugacemente. Trovò il tappo e svuotò il lavello.
Intenso.
Misero le posate nei cassetti e i bicchieri nell'armadio, sotto i fornelli.

"E questo?" domandò Scully con un vassoio in mano.

Con un gesto, Mulder le indicò l'armadio più alto della cucina, cosciente del fatto che lei non sarebbe stata capace di arrivare fin lassù. Gli brillarono gli occhi. La sua compagna lo interpretò come una sfida. Anche questo era previsto.
Dopo vari tentativi infruttuosi a Scully dolevano le braccia. Allungò il corpo ancora una volta. Il bordo della gonna risalì molto più sopra di quello che permettevano i regolamenti del FBI.
Aveva la pelle di latte e crema gelata. Il mio angelo. Le parole risuonarono nella testa di Mulder. Finalmente, ebbe pietà di lei e decise, non senza dolorosa lentezza, di mettere fine allo spettacolo di una Scully in punta di piedi, con la gonna che si muoveva di fronte a lui. Si avvicinò da dietro e prese il vassoio con la mano destra.
Feroce
Stomaco sulla spalla. Alito sulla nuca. Dita sulle dita.
Il tempo si fermò in un istante puro. Si respirarono, si contennero, si riconobbero, si desiderarono. Combaciarono.
Il corpo rosso e latteo di lei, la sua fragile e intensa statura. La sua voce di caramella.
La figura alta e felina di lui, la sua presenza vicina e furtiva. I suoi occhi cangianti.
Pezzi di un puzzle incompleto.
Assurdo.
Il suono violento del telefono scoppiò nello studio dell'appartamento e i minuti si affrettarono precipitosamente per recuperare l'istante perduto.
Saltarono lontano l'uno dall'altro, spaventati, sorpresi in un atteggiamento così semplice che doveva essere un peccato.
Un altro squillo insistente.
Con agili falcate Mulder corse verso lo studio e sollevò l'auricolare. Il suo battito era più veloce del solito.
Impossibile.
"Mulder" Ci fu una pausa e nessuno rispose. "Pronto?" Silenzio. "Pronto?"
In cucina, la mente di Scully aveva incominciato a prendere una direzione familiare di dubbi e paure. E' vero? Che cosa è? Che cosa mi fa sentire? Chi me lo fa sentire? Lo desidero? Sono preparata? Come un video mal riprodotto, immagini del corpo nudo di Mulder la perseguitavano. Il suo alito. Il suo alito l'aveva bruciata.
La sensazione di fragilità e vulnerabilità che era iniziata con sei secondi e mezzo eterni e che era stata strana e gradevole per tutta la notte, la inondò improvvisamente. Controllo. Sentiva che aveva perso il controllo. E tra tutte le emozioni possibili, avere controllo la definiva. La proteggeva. Aveva bisogno di riprenderlo.
Corse nel salotto e prese il suo cappotto.
Inevitabile.
"Sembra che abbiano sbagliato numero"

"Mulder, è tardi e abbiamo quasi finito con questo. Credi che potrai completarlo tu?"

La fine di un sogno. Con occhi scintillanti, Mulder la vide mettersi il cappotto, pensando alla maniera di trattenerla senza dover usare le parole. Pensò di chiederglielo. Poteva farlo, le avrebbe chiesto di rimanere per terminare i documenti e lei non avrebbe potuto rifiutare. Perché non poteva mai, perché rimaneva sempre. Con lui, per lui. Bastardo egoista.

"Chiaro. Sarai stanca. Lo finirò io, tu va a dormire"

Una frustata di delusione e una sollievo colpirono lo stomaco di Scully.

"Se hai bisogno di aiuto..."

Il bambino di dodici anni che stava nella testa di Mulder gridò "sì, ho bisogno di aiuto, sì, ho bisogno di te". Stette sul punto di dire le parole e allora si incontrò con gli occhi azzurri e limpidi di Scully, che lo guardavano con un miscuglio di paura - di lui? - e fiducia che lo disarmarono. Specchi in cui vedere la sua immagine. Non ha paura di te, si disse. Ha paura di voi. Come te.

"Ho sempre bisogno di aiuto, Scully. Ma mi arrangerò."

Sorrise per dimostrare al suo angelo che sarebbe stato bene, che grazie, ma questa notte devo iniziare ad essere un adulto. E lei anche sorrise per rispondergli, lo so, so che starai bene, capitano, mentre staremo insieme.

"Inoltre danno Atto di forza stanotte. E quest'anno l'ho visto solo quattro volte."

"Solo quattro, Mulder? Deve essere un Xfiles."

"Bene, Non si vede mai abbastanza Atto di forza. E' un argomento molto complesso"

"A domani allora."

Un sprazzo di luce illuminò l'appartamento quando Scully aprì la porta d'entrata. La lampada della cucina non illuminava il salotto e si resero conto che avevano parlato al buio. Curiosa, come potessero leggersi negli occhi senza necessità di vedersi. Il raggio di luce proveniente dal corridoio bagnò la figura di Mulder. E una certa sensazione di irrealtà annebbiò tutto.
Scully si fermò vicino alla porta e si girò.

"Credi che fosse tutto un sogno?"

Elettrico. Intangibile. Contenuto.
Tentatore. Intenso. Feroce.
Assurdo. Inevitabile. Impossibile.
Un sogno? Tutto un sogno? A cosa si riferiva? Al film? O alla marea di sensazioni elettriche e spaventosamente intense che si installavano tra loro in notti come questa? Quando stava per chiederlo, lei tornò a parlare. Come se avesse bisogno di nascondere il vero significato delle sue parole, la portata di questo "tutto" a cui aveva fatto riferimento.

"In Atto di forza. Lo sai, alla fine, credi che fosse tutto un sogno?"

Forse tutto è un sogno, pensò Mulder. E la guardò. Appoggiata alla porta del suo appartamento vuoto, fluttuando nella luce del corridoio, era possibile che fosse solo un sogno. Sicuramente, era possibile.

"Non lo so, Scully" Ci fu un pesante silenzio e dopo la pausa gli occhi di gatto di Mulder brillarono con un lieve sorriso. "Ci sono sogni nei quali vale la pena credere, immagino."

Senza dire addio, senza voler dire addio, sorridendo quasi , Scully chiuse la porta dietro di sè, lasciando al buio l'uomo strano che le stava insegnando a sognare.
Mischiate all'immagini della notte, tinte di elettricità, le parole roche di Mulder risuonavano dentro di lei.
Ci sono sogni a cui vale la pena credere.
Si mise il cappotto e si diresse verso l'ascensore.
E una piccola voce dentro di lei la riempì di fede, ripetendo, voglio credere.
Le porte dell'ascensore si aprirono e si chiusero in alcuni secondi decisivi. Fece un mezzo giro e con passi decisi camminò fino a trovarsi davanti al numero 42.
Voglio credere. Ripetè la voce.
Respirò profondamente e bussò sul legno con le nocche.
Voglio credere.
Torna all'inizio Sfoglia l'archivio