Le fanfic di X-Files
Una vecchia storia... un passo indietro
Post Tithonus, un incontro specialePubblicata il: 25/09/2009
Tradotta da: Angelita
Rating: G, per tutti
Genere: UST, MRS/RSM
Sommario: Post Tithonus, un incontro speciale
Note sulla fanfic: "Tithonus" credo che sia stato uno degli episodi migliori della sesta stagione, quello che racchiude più potenziale per la mente di un piccola scrittore. Le possibilità sono infinite, come infinite sono le strade…
Archiviazione:
Disclaimer: Gli scritti pubblicati in questo sito sono di esclusiva proprietà degli autori. Beyondthesea.it non è in alcun modo responsabile degli scritti suddetti e dei loro contenuti. Gli autori, pubblicando le loro opere, si assumono ogni responsabilità sulle stesse. Tutto il materiale presente sul sito non può essere riprodotto in mancanza del consenso del proprietario dello stesso. Questo sito non ha fini di lucro. I personaggi presenti nelle storie pubblicate sono di proprietà dei rispettivi autori e dei titolari del copyright.
"la morte è tutta metafora, forma una sola storia…"
Dylan Thomas. " En dirección al altar…"
CENTRO MEDICO DI NEW YORK, NY.
12 GENNAIO 1999. UNA SETTIMANA DOPO LA MORTE DI ALFRED FELLIG.
Non mi piace troppo New York, e ora meno di prima. Queste strade impossibili, che oscillano tra oscuro passato e il luminoso presente dei suoi palazzi, mi fanno sentire disorientato. E invece, qui tutto è probabile; persino un XFIles può nascere dalle sue viscere e morire con la stessa facilità e senza spiegazioni.
L'ospedale è un mondo di gente, e ho visto Scully troppe volte in luoghi simili, senza che per questo io mi possa abituare. Osservo l'agente Ritter uscire dalla stanza in penombra, e so che la rabbia dovrà combattere molto tempo dentro di me prima di estinguersi. E' giovane, troppo impetuoso, troppo arrogante, so che con quanto è successo imparerà ad essere meno fiducioso, ma il sangue di Scully sulle sue mani è stato un prezzo troppo alto per pagarlo così gratuitamente.
Lui si ferma di fronte a me e quasi non posso frenare il desiderio di sparargli a mia volta. Non sono mai stato un uomo violento, non senza motivo, ma questa volta le cose mi sono scappate di mano.
-Lei è un uomo molto fortunato- gli dico a bassa voce, cercando di fare in modo che non mi tremi la voce per l'ira; mi guarda solo un momento, e poi si allontana per il corridoio superpopolato, più in là delle uniformi impeccabili delle infermiere e il sordo rumore delle stanze. Attraverso la finestra posso vederla mentre riposa in quel letto così grande per qualcuno così piccolo; i suoi capelli rossi risaltavano luminosamente sul cuscino bianco, contro la camicia dell'ospedale, azzurra come i suoi occhi. Entro silenziosamente, e non posso evitare di sorriderle, grato di poterle parlare di nuovo, poterla vedere ancora una volta. Sono stato così vicino a perderla…
La sua piccola mano entra perfettamente nella mia ed è invece la sua fiducia che mi avvolge, come se le sue forze fossero superiori alle mie. Come se solo con essa potessi sentirmi sicuro.
-Il rapporto del giudice dice che Fellig è morto per una sola ferita da proiettile. Questo è tutto quello che ha detto- la osservo attraverso i suoi umidi occhi azzurri enormi come il cielo in cui a mala pena New York sembra naturale. Mi siedo sul letto accanto a lei; ho bisogno di starle vicino. Il duro materasso d'ospedale si piega appena sotto il mio peso, e invece il suo calore fonde tutte le mie distanze. Mi guarda con le domande mute dei suoi occhi che perforano la mia mente. Volesse il cielo che avessi risposte da darle!- Bene, ho parlato con il tuo dottore e…dice che lo stai facendo meravigliosamente. Stai iniziando la guarigione più rapida che ha visto in vita sua.
-Sì- sussurra quasi senza voce e mi guarda con i suoi tormentati occhi pieni di domande- Mulder, non so nemmeno come ho potuto prendere in considerazione quest'idea. Le persone non vivono per sempre.
-No, no, io…penso che lui poteva- come trasformare in parola questi pensieri, senza farli suonare strani come li avverto?- Penso solo che la morte ti cerca…una volta che tu cerchi la situazione opposta.
Mi contempla con i suoi occhi trasparenti. Lì annidata nella scienziata e nella donna razionale l'ombra della fede si muove appena nelle sue pupille. Può dubitare, può vacillare qualche volta, ma sempre si alza con forza rinnovata, più ferma nelle sue posizione, ma anche più flessibile nelle sue idee
Nessuno può rimanere indifferente dopo aver sfiorato la verità.
-Sei stanca?-le domando, lei stringe per un secondo la mia mano per poi lasciarla andare lentamente. Le scosto una ciocca di capelli dalla guancia pallida quando la vedo fare cenno di no.
-No- sussurra e poi guarda più in là verso la finestra mentre le prime luci della città cercano di prolungare il giorno- Ti ha detto qualcosa Skinner?
-Solamente che tu guarisca. Quando sarai pronta ti porterò a casa. Tua madre non è ancora rientrata dalla visita a casa di Bill.
-Non preoccuparti, presto mi dimetteranno.
Qualcuno bussa leggermente alla porta aperta, e lei ed io, immersi in sussurri, guardiamo verso la soglia. Una vecchietta dall'aspetto fragile, piccola e sorridente, si avvicina a noi con le mani piene di libri.
- Salve- dice piano. Dietro le piccole lenti, i suoi occhi di un azzurro consumato dal tempo mi guardano allegri, con una luce strana e lontana. Come se qualcuno stesse toccando con un dito invisibile il mio cuore, c'è un lieve battere di palpebre che mi fa trasalire, e mi alzo dal letto senza rendermene conto- Buonasera a tutti e due.
-Buonasera-dice Scully sorridendo leggermente; la vecchietta si avvicina trascinando la gamba sinistra fino al posto in cui io ero seduto prima, e si abbassa verso Scully come una madre preoccupata. Io non posso rispondere e non so perché- Miss Katherine, lui è l'agente Mulder, il mio collega. Mulder, lei è miss Katherine, un'amica.
Le presentazioni sembrano perfino non necessarie. Ho visto questa donna da qualche parte, solo non riesco a ricordare dove. Qualche volta ho avuto la presunzione di credere d'avere la memoria fotografica? Devo controllare le mie credenziali.
-Salve, agente Mulder, non sa che piacere mi fa vederlo- Mi dice miss Katherine, con le sue guance d'avorio solcate da rughe. Sembra una donna che ha riso molto, perché perfino le sue labbra piene, dipinte di rosso, sembrano incresparsi con i segni propri di un gesto ripetuto mille volte. I suoi capelli sono quasi bianchi, con un poco di castano rossiccio sulle ciocche che scappano dalla sua elaborata pettinatura.
-Miss Katherine è una delle volontarie di quest'ospedale, che leggono ai bambini malati nella sezione di Pediatria- spiega Scully, i dubbi dei suoi occhi rimpiazzati improvvisamente da una tenerezza che pochissime volte si è permessa il lusso di dimostrare. Preso in questa luce quasi sconosciuta, mi dimentico perfino di osservare questa donna anziana vestita d'azzurro che mi arriva appena al mento. Ma lei tocca leggermente il mio braccio, con la sua piccola mano dove solamente un grosso anello di oro sembra mettere in evidenza la sua pelle trasparente così pallida. La guardo di nuovo mentre Scully continua a spiegare – E' da due giorni che mi fa compagnia finchè suo figlio non la viene a cercare. E' una buona amica, Mulder.
- E' un piacere conoscerla, signora- rispondo gravemente, forse sapendo che ciò che ci si aspetta da me. La sua mano si scosta dal mio braccio, sparando nella mia memoria un ricordo che non riesco a catturare. Non ho conosciuto le mie nonne, così che non posso stare inventando ricordi, vero?- Legge ai bambini?
- E' così, agente Mulder. Nel reparto d'Oncologia, i bambini hanno bisogno sempre di racconti per dormire- i libri hanno copertine colorate, lettere dorate e molti disegni. E il sorriso che non abbandona mai il viso della donna si appanna lievemente- il sonno tarda a venire in posti sconosciuti.
Scully sospira e so a cosa sta pensando: la sezione Oncologia non ci porta buoni ricordi del nostro passaggio per quelle parti. Non voglio ricordare quei momenti in cui la possibilità di perderla era così reale che sembrava abbracciarmi come una cintura di spine, non voglio ricordare le sua fragilità, e i suoi occhi stanchi mai più. Essere bambino di fronte ad una malattia così terribile deve essere devastante.
-Lo so- rispondo, perché so veramente che cosa sia sentirsi uno sconosciuto perfino nella propria casa, eludendo le ombre in agguato che nel sonno diventano reali- Da molto tempo?
-Sei mesi, da quando ho perduto mio marito. Io anche sono stata malata molto tempo fa, e so che sentire una mano amica nell'oscurità fa tanta differenza.- sorride di nuovo improvvisamente, cancellando con un sorriso i fantasmi e riempiendo il suo volto di sottili pallide linee- Non si preoccupi per la sua amica, agente Mulder, mi prenderò cura di lei mentre lei non c'è-
E' la mia immaginazione o mi appena cacciato di lì ? Scully, dal letto, può appena trattenere una risata, ed è strano vederla così divertita dopo la preoccupazione di qualche minuto prima. Decisamente questa donna anziana ha un effetto positivo su di lei.
-Cenerò con qualcosa di leggero nella caffetteria- accetto, comprendendo che vogliono parlare da sole. Chiaramente escluso da questa chiacchierata, faccio cenno di sì' con la testa, cercando di convincermi che un sandwich di tre giorni e una tazza di caffè rancido non possono ammazzarmi- Forse tarderò una mezz'ora più o meno.
- Tra mezz'ora viene mio figlio a cercarmi- approva miss Katherine con voce fragile, guardandomi da sopra della montatura dei suoi occhiali dorati. I suoi occhi azzurri sorridono amabilmente, anche se sembrano voler trapanare il mio cervello con la precisione di una raggio-laser- A dopo, agente Mulder.
No, forse il caffè e un sandwich di tonno non mi bucheranno lo stom…
Che cosa ?!
Mi giro immediatamente facendo un salto; ma miss Katherine è china su i suoi libri, seduta sul letto duro dell'ospedale, e Scully mi guarda dal cuscino inarcando le sopracciglia, con un gesto interrogativo. Non posso averlo immaginato. Questa anziana signora mi ha appena palpato il sedere? Accidenti, che…umiliazione! Ora capisco perché a volte negli ascensori affollati ci sono donne che diventano pazze e incominciano a colpire con le loro cartelle la gente… Dio, è meglio che me ne vada subito da qui.
****
Miss Katherine,o miss Kath come la chiamano i bambini delle stanze del primo piano dell'ospedale, sentì i passi di Mulder allontanasi nel corridoio prima di alzare lo sguardo dai suoi libri di Collodi, Perrault e Margery Williams. Dana Scully che non si era persa il gesto della donna anziana di palpare il sedere di Mulder l'osservava con occhi divertiti , e la donna fece spallucce.
-Ho sempre voluto farlo- disse con voce fragile che sembrava finire da un momento all'altro e che invece, nella lettura acquistava una forza sovrumana. Nel fondo dei suoi occhi azzurri, chiari per l'età, una pena profonda appannava a volte le sue parole, ma sembrava che sorridesse sempre, anche quando il giorno prima aveva perduto uno dei suoi piccoli ascoltatori nell'ingiusta lotta contro una malattia crudele. – Se sapesse le volte che mi è mancato il coraggio per fare molte cose, Dana; ma quando si raggiunge la mia età, si comprende che uno non può stare sempre ad aspettare l'occasione propizia; deve crearla e…afferrarla a due mani- Scully non potè evitare di sorridere davanti alla sua risata sincera. Erano solo due giorni che la conosceva e sembrava da molto più tempo- Il tuo collega è un bell'uomo, cara.
Scully continuò a sorridere, ricordando lo sguardo scandalizzato di Mulder. Più di una volta aveva resistito alla tentazione di fare quello che miss Katherine aveva fatto.
- Per un momento ho pensato che avrebbe tirato fuori la sua arma regolamentare.
Miss Kath lasciò I libri sulla sedia solitaria che nessuno pareva disposto ad usare, vicino al letto della giovane. I suoi movimenti erano lenti e misurati, poiché l'incidente che aveva ucciso suo marito aveva preteso il suo prezzo anche da lei; a volte sorprendeva sulle sue labbra generose una smorfia di dolore nel fare un movimento brusco, o ad alzarsi dopo molto tempo sulla gamba ferita. Ma miss Katherine sembrava sempre allegra, come se volesse convincere il mondo che era molto più forte di quanto la sua apparente fragilità faceva supporre. Scully si ricordava di sua nonna Meg ogni volta che la vedeva, la rassomiglianza era sorprendente, oltre alla voce chiara che anche era stata danneggiata nell'incidente di macchina.
-Ti senti meglio oggi, Dana?
-Sì, miss Katherine. Forse in un paio di giorni tornerò a casa. E lei? E suo figlio Bill?
-Stiamo tutti e due bene. Bene, Bill ancora si lamenta che non può dormire la notte per il pianto della bambina, ma non lo mai visto così felice. Sua moglie e lui hanno deciso di chiamarla Paula Christine, malgrado le proteste di mia figlia Chrissie,che dice che è un nome triste.
-A me sembra un bel nome.
-Anche a me, cara. La bambina ha ereditato gli occhi verdi di suo nonno, e anche la sua testardaggine. E ha i capelli rossi e piccola ha solo cinque giorni, ma non posso ricordare più come era la mia vita prima che nascesse. Solo avrei voluto…
La sua voce si spezzò per un istante, e Scully capì che pensava al marito. Non parlava quasi mai di lui, ma sembrava essere sempre presente nei suoi ricordi. Il primo giorno che l'aveva vista, in piedi e zoppicante sulla soglia della sua stanza dell'ospedale, con la sua pila di libri colorati e i suoi occhiali da nonnina delle favole, le aveva detto che da poco tempo l'uomo che l'aveva resa la donna più felice del mondo era morto. Le aveva parlato dei suoi figli Bill e Christine, della sua casa a Jersey, del sue cane Blue e della recente nascita del suo primo nipotino. Le aveva portato un gelato di nascosto al secondo giorno, indovinando il suo sapore preferito in modo sorprendente, e le aveva avvicinato una coperta per coprirsi i piedi come se sapesse che qualche volta era freddolosa. A volte faceva una smorfia che le ricordava sua madre, e a volte si sorprendeva a ridere ai suoi commenti ironici così simili a quelli di Mulder tanto che non poteva smettere di pensarci.
-Miss Kath…
-Lo so, Dana, lo so- si affrettò a dire, prima che Scully potesse sussurrare qualche parola di conforto. Le battè leggermente sulla mano, sorridendo un'altra volta, anche se con occhi umidi- E' che siamo stati insieme quarant'anni, sai? Non mi abituo ancora a non averlo qui.
-Mi dispiace, miss Katherine
-Anche a me- rispose leggermente scura in volto- Il tuo…collega…me l'ha fatto ricordare. Mio marito portava ugualmente i capelli molto corti, ed era solito dipendere da me anche se non lo riconosceva. A volte quando lo ricordo sembra così vicino,Dana; come se potessi allungare la mano e…
-Capisco…
Miss Katherine la guardò con occhi pieni di compassione.
-So che lo fai, cara. Ma a volte crediamo di essere preparati per le emozioni che un giorno arriveranno, e non è mai così. Per perdere i tuoi genitori, per lasciare andare i tuoi figli quando arriverà il momento, perché l'uomo che ami con tutto il tuo cuore ti preceda per la strada che un giorno seguirai. Ma possiamo solo immaginarlo, Dana, finchè il giorno non arriva veramente.
- E' qualcosa di naturale. Sono tutti presentimenti; la compassione è un atteggiamento affettuoso dei presentimenti: quello che io sentirei stando al suo posto.
Miss Kath sorrise, prendendole la mano.
-A volte dimentico come sei. A volte mi sembra di stare parlando solamente a voce alta, quando dovrei spiegarti cose che credo che tu sappia e non è così. Io ero così simile a te, Dana.
-A me?
-Sì. La vita è come uno specchio che ci restituisce un'immagine che a volte non possiamo riconoscere, come ora che ricordo come ero io allora. Pensavo con la testa tutto il tempo, e cercavo di non farlo con il cuore. Dovetti crescere molto prima di essere veramente preparata a raggiungere i miei obiettivi. Vicino all'uomo che cambiò la mia vita, ho visto cose che mi fecero vacillare, che mi fecero soffrire, che mi fecero piangere, ma la felicità che ho raggiunto…Ah, Dana, quanto n'è valsa la pena alla fine.
-Suo marito deve essere stato un uomo molto speciale- sussurrò Scully, pensando sinceramente che doveva esserlo per accendere gli occhi dell'anziana donna con quello scintillio unico. Doveva essere molto coraggioso per donarsi interamente ad un'altra persona, un coraggio che aveva visto nei suoi genitori, nei suoi nonni, nei suoi fratelli, ma che lei non aveva trovato dentro di sé.
- E' vero lui era…speciale. Il tuo Mulder me lo ricorda tanto.
-Lui non è il mio…
- E' solo un modo di parlare, cara; So che è solo il tuo amico. Ma si preoccupa per te, ti fa compagnia, si prende cura di te. Anche l'amicizia è una specie d'amore, la base più perfetta per poter andare avanti nella vita. Io sono stata per molti anni amica di mio marito, prima di poter comprendere che il rischio che correvamo a cambiare così radicalmente la nostra relazione valeva la pena. Che tutto ciò che ci circondava ed era brutto, non ci poteva realmente raggiungere. Lo vedi, io non ero una donna fiduciosa, non ero così coraggiosa come avrei voluto, avevo paura che mi facessero del male. Chi può dire sinceramente che non ha paura di stare nelle mani di un'altra persona? Ed invece, quando dai tutto di te, vale la pena. Tutto vale la pena.
-A volte non è così,miss Katherine- sussurrò Scully facendosi appena sentire, affondata nel morbido cuscino che la stessa donna anziana le aveva portato il giorno prima per rimpiazzare quello più duro dell'ospedale. La notte, dietro la finestra, era popolata di luci crudeli, di movimenti brillanti, e Scully poteva solo ricordare il freddo della pallottola che le attraversava il corpo nell'appartamento di Felling: poteva solamente vedere la mano di miss Katherine che sosteneva la sua sulla coperta beige. La donna anziana sospirò.
- Lo so. A volte il dolore è più grande della felicità, e la possibilità di fallire ci frena. La paura ci ferma, Dana. Uno sfiorarsi di mano, una parola detta in tempo, appena un sospiro e tutto potrebbe cambiare per sempre. Se sapessi le volte che avrei voluto cambiare le cose e cercare di essere più fedele ai miei desideri…fare quello che ho fatto con il tuo collega, per esempio. Far sapere al migliore amico che abbia mai avuto che lo amavo e che lo apprezzavo prima di perdere quasi nove anni aspettando il momento giusto…Ma questo lo so solo ora. Il rischio di perdere tutto, di perdere me stessa, non mi permetteva di vedere tutto quello che avrei guadagnato in cambio, finchè non accadde.
- Ma a lei le è andata bene.
-Non al principio. Se non dopo aver sofferto molto, ho compreso che c'erano cose che non potevo evitare, cose che solo attraverso il dolore avrebbero potuto avvicinarmi alla felicità. Solo mentre aspettavo la nascita di Bill l'ho capito veramente; quanto forte fossi io in realtà, più di quanto io stessa credevo. E che niente a questo mondo ci viene addosso senza che noi siamo preparati, anche se in quel momento ci sembra eccessivo per le nostre forze: né l'amore, né il dolore, né la felicità. Tutto è fatto a nostra misura.
-Io vivo in un mondo violento, miss Katherine, in un mondo dove il mio compagno ed io siamo esposti a costanti pericoli…questa pallottola che mi hanno estratto è una prova tangibile. Mia sorella è morta per colpa del mio lavoro, anche mia figlia…-Scully sospirò di dolore, e miss Katherine le strinse un poco di più la mano delicata della stessa grandezza della sua- Ho perso anche una figlia che vive costantemente nei miei pensieri come un angelo silenzioso che mi accompagna. So che cosa è perdere la gente che si ama, e in un lavoro come il mio, il rischio è maggiore.
-Vivere è un rischio, cara, anche se sei solo una casalinga, una maestra di scuola, un fisico nucleare o un poliziotto in queste strade terribili. Tutte sono decisioni costanti, a volte buone, a volte cattive. Solo devi capire…Dana, guardami… solamente devi capire che le opportunità non si presentano due volte, rischiare è meglio che vivere di rimorsi. Quando aspettavo mio figlio, dopo aver creduto per molto tempo che non potevo avere una famiglia, ho capito che tutto era possibile…se avevi fede.
-Fede in Dio, miss Katherine?
-Fede in te, non importa che nome vuoi darle mentre credi. Mio marito per moltissimi anni lottò contro i suoi fantasmi, come me, reali o immaginari; mise a rischio la sua vita, il suo intero mondo per la fede nel cercare le sue risposte. Soffrì come non ho visto soffrire nessun essere umano, rischiò per quello che desiderava, e al tempo stesso mi aiutò a trovare al mia forza. Dovemmo cambiare vita, convinzioni, casa e sogni per trovare quello che abbiamo avuto. Solo questi ultimi anni ci hanno potuto dare un poco di pace, ma non cambierei il suo amore, i miei figli, le mie lacrime, per un solo secondo del mondo sicuro e tranquillo che avrebbe potuto essere mio se non avessimo rischiato.
-Perché mi dice tutto questo?- domandò Scully in un sussurro. Miss Katherine, abbassando gli occhi un istante, tornò a guardarla con una forza sorprendente per una persona così fragile.
- Tu lo sai,Dana. Sai il perché.
-Ma io…
-Mamma?
Un giovane dai capelli rossi sorrideva luminosamente, con un fagottino rosato di coperte in braccio. Era altissimo e magro, con un vestito grigio che sembrava andargli alla perfezione e che in qualche mondo le ricordò qualcuno, anche se l'immagine le sfuggiva dalla mente. Scully l'osservò avvicinarsi verso la donna anziana, che si era alzata faticosamente e sorrideva con giubilo.
-Mi hanno detto che stavi qui, nella stanza 414. siamo venuti a cercarti, mamma.
-Hai portato Polly. Oh, guarda, Dana, lui è mio figlio maggiore, Bill. E lei è la mia nipotina, la mia bellissima nipotina.
Il sorriso di Bill era simile a quello della madre; doveva avere circa trent'anni, e gli occhi verdi-azzurri più incredibili che Scully aveva visto in vita sua. Lui la salutò con un movimento del capo, preoccupato a lasciare con attenzione la figlioletta tra le braccia della sua esile mamma. Miss Kath si chinò verso il cuscino per mostrarle il suo rosato tesoro: la bambina delicata e di pelle sottile, con appena una peluria rossiccia in testa, dormiva placidamente nel suo regno di morbide coperte.
-Ho dato un'ora di sonno ad Anne, per prepararci per stanotte- disse lui, parlando a Scully con l'orgoglio di un padre novello e sicuramente riferendosi alla moglie- Questa signorina è una piccolina molto esigente.
-E' bella- disse Scully con riverenza, in poco turbata dalla familiarità di Bill e miss Katherine. Forse era un tratto di famiglia, qualcosa che non avrebbe mai nemmeno immaginato se non avesse conosciuto un poco la donna anziana.
Abituata che la gente si sentiva un poco intimidita davanti a lei, per la sua carriera e il suo atteggiamento a volte distante, persone così allegre richiamarono la sua attenzione.
-Sì, lo so-miss Katherine si chinò verso Scully, e suo figlio si affrettò a sostenerla perché potesse baciare la guancia della paziente. Abbi cura di te, cara, e ricorda quello che ti ho detto. Guarda questa meraviglia, Dana, e pensa se non vale la pena avere qualcosa di simile.
-Ma miss Katherine, io no…
-Scully?- Mulder, sorpreso su fermò sulla soglia, ad osservare l'uomo dal vestito grigio e la donna anziana con la fronte aggrottata-Qualcosa non va?
Miss Katherine lo guardò come se non sapesse chi fosse: per un momento, impallidì ancora di più, vedendo Mulder avanzare nella stanza appena illuminata. Tutto era ombra, mentre fuori New York sembrava intensamente viva.
-Quando è nata Polly io avrei voluto…-sussurrò quasi senza voce e poi sorrise con gli occhi in un modo impressionante. Con la piccola tra le braccia, zoppicò un poco verso il nuovo venuto- Agente, vuole conoscere mia nipote?
Mulder la guardò spaventato. Nella sua vita non era mai stato così vicino ad un bambino, tranne in casi di polizia, in cui non si fermava a fare coccole o smorfie divertenti; per caso non erano tutti i bambini ugua…? Contemplò la piccola che si stiracchiò leggermente, stringendo la bocca rosata come un bocciolo e aprendo appena gli occhietti protetti da lunghe ciglia rosse. Una ciocca di peluria rossa dichiarava che il giovane alto quasi quanto lui, che li osservava con serietà, era suo padre. Non c'erano dubbi che la piccolina fosse molto bellina.
-E'…bella, miss Katherine.
-Oh, grazie. Lo è, vero? Bill vuoi portarmi i miei libri? Stanno su quella sedia.
-Sì, mamma
-Si chiama Paula Christine. Pesava tre chili e settecento alla nascita, come Bill, ed è la creatura più bella che ho visto in vita mia- continuò a dire miss Katherine davanti allo sbalordito Mulder, che era retrocesso di alcuni passi davanti alla minaccia probabile che l'obbligassero a prendere in braccio la bambina.- Le piacciono i bambini?
Dal letto Scully osservò l'indescrivibile espressione del suo compagno senza ridere, impresa certamente ammirevole. Forse a Mulder piacevano di più gli alieni e i vampiri notturni.
-Bene, a dire il vero io…
-Che domanda stupida! Certo che devono piacerle, non è per caso un agente del FBI? Il suo dovere è prendersi cura dei vecchi come me, dei bambini come Polly, dei cittadini rispettosi delle leggi come i miei figli….Le ho detto che mio figlio è medico?
-No, in verità io…
-Mam…
-Oh, bene, è medico, ed è sposato da due anni. Hai preso i libri, Bill? E lei è sposato, agente?
-No
-No, non dovrebbe perdere tempo. La vita passa in un soffio, mi creda. Non bisogna far passare le opportunità.
-Mamma, credo che dovremmo andare. Sicuramente i signori desiderano un poco di privacy- disse il giovane un poco a disagio. Il suo sorriso incerto produsse in Mulder la stessa sensazione di dejà vu che aveva sperimentato al vedere la donna anziana. Aggrottò la fronte, inquieto- Anne si preoccuperà se non staremo presto a casa.
-Hai ragione, caro- la piccola incominciò ad agitarsi, facendo in modo che Mulder retrocedesse ancora di un paio di passi. Miss Katherine gli sorrise con indulgenza- vedrà che non sarà tanto difficile quando avrà tra le braccia il suo bambino; la prima volta che mio marito prese Bill in braccio, quasi dovettero strappaglielo dopo.
-Mamma, andiamo.
-Sì- la donna si girò verso Scully, che le sorrise dal cuscino, e poi incominciò ad andare verso la porta con il suo passo vacillante, ma senza lasciare la suo nipotina. Suo figlio, forse più rapidamente che gentilmente, si affrettò a seguirla con i libri in mano- A presto.
-Addio,miss Katherine- disse Scully, vedendoli allontanare.
-Addio- replicò Mulder quasi così sconcertato come all'inizio.
Si girò verso la sua compagna, che sembrava stranamente esausta abbandonata sul cuscino. La luce tenue vicino al comodino rivelava appena i tratti di porcellana del suo viso, e Mulder temette che si fosse sforzata troppo quando ancora non era del tutto guarita.
-Ora sì, che sei stanca- disse avvicinandosi a lei. L'immagine della bambina addormentata nelle braccia della donna girò nella sua mente prima di svanire. Forse anche Scully stava pensando ai bambini.
-Un poco. Non andrai a riposare? Sei stato qui quasi tutta la settimana, Mulder.
-Vuoi liberarti di me?No, non rispondermi- disse lui, facendo sorridere Scully- la tua amica è una donna speciale, no?
-Sì, mi ricorda qualcuno, non so chi. Sai che ha un portachiavi uguale al mio? Come quello che mi regalasti per la commemorazione….
-…dell'arrivo dell'Uomo sulla Luna- annuì Mulder- E io che credevo di essere originale!- un silenzio appena interrotto dai rumori distanti delle stradi newyorchesi si impossessò della stanza per alcuni momenti, finchè lui si chinò un poco verso la pallida donna silenziosa.-A cosa pensi?
-Ai sogni, forse- rispose Scully a voce bassa- Ai rischi ed ai sogni.
****
La bambina incominciò a singhiozzare quietamente e miss Katherine la cullò con tenerezza, mentre suo figlio nello stazionamento sotterraneo, metteva in marcia la sua automobile. Un leggero odore di lavanda, il profumo preferito di Anne, aleggiava nell'aria, riuscendo a tranquillizzare un poco Polly, insieme con l'amata voce della nonna.
-Miss Katherine?- disse Bill aggrottando la fronte nello stesso modo in cui era solito farlo suo padre, prima di quel fatidico giorno in cui li trovarono per strada e provocarono uno scontro con la macchina- perché lei ti chiamava miss Katherine, mamma?
I bambini dell'ospedale mi chiamano così, Bill; sono soliti ricordarlo meglio del mio primo nome.
-Non credo che lei potesse dimenticare il tuo nome; si chiama come te- replicò Bull guardandola sott'occhi.- Che stavi facendo, mamma?
-Le stavo facendo compagnia, solamente- rispose miss Kath e sorrise a Polly che l'osservava serenamente, con i suoi grandi occhi verdi attenti- Mi ricordava me stessa alla sua età.
-Sì, ho avuto questa sensazione- rispose suo figlio, scuotendola testa. Nella sua casa in Jersey, la sorpresa di trovare Chrissie avrebbe messo in fuga le ombre dal viso di sua madre, ed era meglio lasciare da parte le cose tristi. Anche lui sentiva la mancanza di suo padre atrocemente, e non era ancora preparato ad accettare che non sarebbe stato più con loro. Questa stessa sera ad ascoltare l'uomo magro e serio parlare, le era sembrato ascoltare lui, persino i loro tratti erano simili, nelle poche foto che aveva visto di prima dell'epoca in cui si erano trasferiti a Jersey. Forse lo zio Melvin o lo zio John avrebbero avuto tempo per cenare con loro una di queste sere, convincerli che non tutto si era rotto per sempre- Ho dimenticato di lasciare loro il mio biglietto da visita, caso mai ne avessero bisogno.
- Non preoccuparti, Bill- disse la madre dolcemente- Quando ti vorranno, ti cercheranno. Sono agenti del FBI dopo tutto.
-Come papà e te- mormorò Bill- E' questo,no? Per questo che per un momento ho creduto…No, lascia stare; chissà l'atteggiamento di tutti gli agenti del FBI è simile. Chrissie morirebbe dal ridere se mi sentisse- un silenzio caldo, rotto solo dai gorgoglii della piccina e dai clacson del traffico newyorchese, cadde nello spazioso abitacolo mentre Bill continuava a guidare- A cosa pensi, mamma?
-Sola ai sogni, caro- rispose miss Kath quietamente- Solo ai sogni.