Gli X-Files di Gibson & Maddox

Cyberpunk e paranormale, intelligenze artificiali e serial killer, virus e realtà virtuali si incontrano in due memorabili episodi di X-Files, scritti dalla coppia William Gibson & Tom Maddox.

“La verità non è più là fuori, ma rinchiusa in una realtà virtuale”: parola di William Gibson, Tom Maddox e Chris Carter, o quasi. Lo confessiamo la divagazione sullo slogan pubblicitario del telefilm cult degli anni Novanta è nostra, ma è quasi d’obbligo quando a scrivere due memorabili episodi di The X-Files sono stati due eccezionali scrittori cyberpunk come Gibson e Maddox.

Il connubio ha trovato forma negli episodi Intelligenza artificiale (Kill switch), della quinta stagione della serie, e High-tech (First Person Shooter), della settima stagione.

Eppure, solo apparentemente, l’universo ipertecnologico del cyberpunk sembra contrastare con il plot della serie creata da Carter, tutto fitto di mistero e paranormale. La serie, come ben sanno gli appassionati, propone in realtà un sapiente mix di Cronaca e Finzione, saccheggiando un po’ tutti i generi: dalla fantascienza, alla detection story, dal fantastico all’horror, fino al thriller.

Un telefilm ai confini della realtà
Fin dai suoi primi fotogrammi, sigla compresa, veniamo condotti per mano in un plot elementare, ma ipnotico. Protagonisti assoluti i due agenti FBI Fox Mulder, interpretato da David Duchovny, e Dana Scully, a cui presta la sua avvenenza la bella Gillian Anderson, che si ritrovano ad indagare fianco a fianco per “ordini superiori”. Lui è un solerte studioso di fenomeni occulti (“spettrale” è il soprannome che gli hanno affibbiato i colleghi). Lei una fedele osservante dei dogmi della Ragione e della Scienza. Entrambi, però, dovranno confrontarsi con inquietanti omicidi, casi di rapimento di matrice extraterrestre, mostri e serial killer e altri casi ai limiti del paranormale. Da quel momento le loro vite finiranno segnate per sempre dall’ossessione per l’Ignoto e la ricerca della Verità. Un “oscuro scrutare” rivolto alle arcane presenza in agguato sul nostro pianeta, oltre anche le cortine fumogene erette da settori deviati del governo e dei Servizi Segreti.Trasmesso in USA per la prima volta il 10 settembre del 1993, X-Files ha restituito agli spettatori di mezzo mondo il gusto di quel mistery drama che molti davano per spacciato, nei paludosi palinsesti infestati di quiz, varietà, talk show dell’allora televisione generalista. Originario di Bellflower, California, Chris Carter studia giornalismo all’Università di Long Beach dirigendo poi una rivista dedicata al surf, una delle sue grandi passioni. Le sue aspirazioni sono però altre ed hanno un preciso indirizzo: il cinema. Nel 1985 approda alla Disney, grazie all’invito dell’allora “patron” Jeffrey Katzenberg, dove collabora alla realizzazione di film e telefilm per il loro canale tematico. Nel 1992 arriva un contratto di esclusiva con la Fox per l’allestimento di un progetto per il piccolo schermo. L’idea di partenza contempla gli elementi di una tradizionale detection poliziesca mescolati alle atmosfere fanta-soprannaturali di serie tipo Ai Confini della Realtà o Gli Invasori. Fonte di

William Gibson ispirazione: i libri dello psichiatra John Mack, docente dell’Harvard University, incentrati su alcuni casi di rapimento ad opera di alieni.Inizialmente, l’operazione non entusiasma i plenipotenziari della Fox (“a chi può interessare l’ennesima parata di alieni, mostri, fantasmi e compagnia cantante?”) ma Carter ottiene comunque l’ok descrivendo nei minimi dettagli le caratteristiche della sua “creatura”: una sapiente miscela di generi, una discesa nei meandri dell’Ufologia e dell’Irrazionale con presupposti credibili e rigorosamente documentati. Nel marzo del 1993 viene girato l’episodio pilota di The X-Files nei più economici studi canadesi della major. A maggio le visioni di prova, allestite per testare le reazioni del pubblico, ottengono un clamoroso successo… il resto è Storia, anzi Leggenda.

Gibson-Maddox VS Mulder-Scully
Nei due episodi scritti da Gibson e Maddox viene fuori tutto l’armamentario cyberpunk, dagli hacker alle intelligenze artificiali. Ricordiamone la trama, partendo da Intelligenza artificiale, la cui regia è stata del veterano Rob Bowman, poi artefice anche del primo — e per il momento unico — film tratto dalla serie.

In questo primo episodio, Mulder e Scully si ritrovano ad investigare sulla strana morte di Donald Gelman, uno dei co-inventori di Internet. Recuperato il computer di quest’ultimo, Mulder arriva alla conclusione che Gelman ha costruito un'intelligenza artificiale, un software senziente che adesso naviga libero su Internet, in modo da evolversi. Sulla loro strada i due investigatori incontrano anche una ragazza che intende, insieme ad un altro uomo, fondere la sua mente con l’intelligenza artificiale. Dopo varie vicissitudini, i due agenti scoprono che Gelman stava realizzando anche un programma virus, denominato “Kill Switch”, capace di distruggere l’IA. Il virus è nascosto su un computer da qualche parte — ed il solo modo per uccidere l'IA è trovare e distruggere il suo rifugio fisico.Finalmente Mulder riesce a trovare il rifugio, ma è anche minacciato da droidi a forma di granchio, inviati dalla IA per avere il programma virus. Scully riesce a salvare il compagno, consegnano alla IA il programma Kill Switch, mentre la donna che è con lei riesce nel suo obiettivo: trasferire la propria mente nell’Intelligenza Artificiale. La trama dell’episodio affonda le sue radici nelle tematiche del cyberpunk. Basta pensare a l’opera, che in qualche modo ha segnato lo spartiacque tra la fantascienza pre e post cyberpunk: Neuromante (Neuromancer, 1984) proprio di Gibson. Il protagonista è, infatti, uno dei migliori cow boy d'interfaccia, un uomo che con la mente riesce ad entrare e muoversi nell'incredibile mondo delle matrici dei computer, nel cosiddetto cyberspazio. Il suo “lavoro” consiste nel frugare le banche-dati delle ricchissime corporazioni che dominano la Terra, per rubare le informazioni richieste dai suoi mandanti. Case — questo il nome dell’eroe gibsoniano — commette però un errore fatale: tiene per sé una parte del bottino, suscitando l’ira di chi lo aveva ingaggiato. Il suo sistema nervoso viene così danneggiato in maniera apparentemente devastante e tale, comunque, da impedirgli l’ingresso nel misterioso e bellissimo mondo del cyberspace, fino a quando una nuova occasione lo rimette in gioco.Lo stile di Gibson è intenso ed estremamente visuale, e non può essere altrimenti. In poche frasi, a volte anche molto brevi, lo scrittore americano riesce a catapultare l’immaginazione del lettore nelle visioni virtuali prodotte dalla sua narrativa e dalle storie partorite dalla sua fervida fantasia. Oggi, la cronaca spicciola, spesso, ci racconta di hacker che si intrufolano negli archivi delle banche o di enti governativi, ma ipotizzare ciò nel 1984 significava davvero precorrere i tempi. L’hacker è proprio l’eroe-simbolo di questo nuovo tipo di narrativa, ma il concetto più interessante che Gibson introduce nell’Immaginario collettivo e dilata all’ennesima potenza è quello di Matrice, in altre parole lo spazio reale e virtuale — allo stesso tempo — che si crea quando si è collegati con altri computer. Gibson dischiudeva così la strada a un nutrito gruppo di scrittori, che il critico americano Gardner Dozois battezzò cyberpunk. Bruce Sterling, Rudy Rucker, Lewis Shiner, John Shirley, Pat Cardigan, Marc Laidlaw, James Patrick Kelly, Greg Bear, Paul Di Filippo e lo stesso Tom Maddox, per la verità preferivano definirsi Mirrorshades Movement, e proprio Mirrorshades, ossia Occhiali a specchio, era il titolo dell’antologia del 1986 che in qualche modo gettava le fondamenta del movimento e di fatto ne diventava anche il manifesto. L’insieme di racconti, curati da Bruce Sterling, considerato a sua volta l’ideologo del movimento letterario, costituiscono una vera e propria enciclopedia del cyberpunk. Tutti questi autori condividono gli incubi metropolitani di un futuro non troppo lontano amalgamati con le nuove tecnologie informatiche e la cultura pop. Kill switch sembra fare il verso anche al romanzo Halo (1991) di Tom Maddox, in cui un’intelligenza artificiale, di nome Aleph, è diventato qualcosa di più di un freddo software: ha acquisito una propria coscienza. Questa evoluzione lo porta ad interrogarsi su se stesso e sul posto che occupa nell’universo. Un romanzo filosofico, ma che non tradisce le tematiche cyberpunk. Maddox, del resto, oltre ad essere uno scrittore è anche un esperto di informatica. Nato in West Virginia, il suo esordio letterario risale alla metà degli anni Ottanta, quando pubblica il racconto The Mind Like a Strange Balloon sulla rivista Omni. Professore di letteratura all’università statale della Virginia, ha tenuto per anni una rubrica sulla rivista Locus sulle nuove frontiere della comunicazione e dell’elettronica, rubrica ripresa anche dall’edizione italiana di Isaac Asimov Science Fiction Magazine della Phoenix.

Il secondo episodio, "High-tech", ha un plot da thriller mozzafiato. Tre ragazzi, vestiti come soldati, sono impegnati in una battaglia con personaggi virtuali. Si tratta di uno svago, ma uno dei giocatori muore colpito, dopo aver incontrato un personaggio femminile e apparentemente virtuale di nome Maitreya.

Mulder e Scully, sollecitati dai loro amici i Guerrieri Solitari, consulenti della FPS Corporate proprio per questo gioco, cominciano ad investigare su questo strano delitto. Ivan e Phoebe, che controllavano il gioco virtuale, non riescono a spiegarsi come possa essere morto il giocatore, visto che tutto lo scenario e puramente virtuale.La registrazione del gioco mostra che tutto si è svolto normalmente, tuttavia quando viene visualizzano l'ambiente virtuale in forma di reticolo, togliendo cioè tutte le texture e le superfici, si nota una figura femminile femmina che punta un'arma da fuoco sul giocatore. Tutti rimangono scioccati, tranne Phoebe, che mostra di averla riconosciuta. La ragazza identifica in quella figura un personaggio che ha creato per un videogioco. Ad affrontare questa strana creatura irreale arriva Darryl Musashi, un famoso programmatore e una leggenda tra i giocatori. Lo scontro epico, però, porta alla morte dello stesso Musashi, decapitato con una spada samurai.A questo punto, sono i Guerrieri Solitari a voler risolvere la situazione, inserendo una patch nel software. Ma il gioco ricomincia da solo e i Guerrieri Solitari vengono colpiti. Li aiuta Mulder, che però rimane intrappolato a sua volta nel gioco. Scully a questo punto interviene, inserendosi nel gioco con le più cattive intenzioni e disposta a salvare a tutti i costi il suo collega.. I due però sembrano soccombere a Maitreya.Phoebe decide, allora, di inserire un codice per fermare il gioco, anche se questo significherà la distruzione dello stesso. Il gioco viene distrutto, mentre Mulder e Scully escono esausti dall’ambiente virtuale.Tutto sembra finito, ma Ivan, seduto davanti al suo computer, scorge sul suo monitor una figura femminile che assomiglia ad un guerriero con le fattezze di Scully. Finale inquietante e al cardiopalma per questo secondo episodio, diretto per l’occasione dallo stesso Chris Carter, il creatore della serie.Anche qui, le atmosfere cyberpunk sono rese magnificamente sul piccolo schermo e la storia ha la giusta tensione e visionarietà dei romanzi di Gibson e Maddox.In questo secondo episodio è la realtà virtuale la vera protagonista. L’elemento che differenzia la virtual reality da una rappresentazione, ad esempio un film proiettato su uno schermo cinematografico o un quadro, è il coinvolgimento diretto del corpo e dell’azione del soggetto dell’esperienza. Quando entriamo in un mondo virtuale, siamo presenti in esso con il nostro corpo e le nostre azioni: possiamo muoverci, spostare lo sguardo, interagire ed esplorare il mondo virtuale nel quale ci ritroviamo completamente immersi, implicati. La sensazione di immersione nel mondo virtuale è prodotta dal coinvolgimento multisensoriale e totale, e dall’inclusione del nostro punto di vista all’interno dello spazio generato dal computer.

Cinema Cyberpunk
Il cinema ha intuito la portata innovativa dal punto di vista dell’Immaginario collettivo della narrativa cyberpunk, confezionando una serie di pellicole che sono state allo stesso tempo visioni di sorprendente, quando non stringente, attualità. Se Blade Runner di Ridley Scott, tratto dal capolavoro di Philip K. Dick Do Androids Dream of Electric Sheeps e Tron di Steven Lisberger, entrambi del 1982, anticipano le tematiche cyberpunk — il primo per l’ambientazione e il secondo perché ci offre un colorito scorcio del cyberspazio -, altri film hanno impresso la realtà virtuale nelle menti degli spettatori di tutto il mondo. Tra questi vanno citati almeno Il Tagliaerbe (1993) di Brett Leonard, in cui la realtà virtuale e il cyberspazio vengono rappresentati per la prima volta con effetti speciali davvero notevoli.Johnny Mnemonic (1995) di Robert Longo, tratto dall’omonimo racconto e sceneggiato da William Gibson è forse il film che meglio interpreta le atmosfere cyberpunk. Senza dimenticare per l’italianissimo Nirvana (1996) di Gabriele Salvatores e, ovviamente, la trilogia di Matrix di Andy & Larry Wachowski.

 
 
FONTE: Corriere della Fantascienza (ITA)

 

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