Dana Scully: 50 anni e non sentirli

Dana Scully

È il periodo dei numeri “tondi”. Abbiamo finito di festeggiare da poco l’anno dedicato al ventennale di “X-Files” che arriva subito un altro di questi numeri che nella sua rotondità fa forse ancora più impressione.

Se Dana Scully fosse una persona reale, il 23 febbraio di quest’anno soffierebbe su una torta con 50 candeline. La prima cosa che ho pensato quando me ne sono resa conto è stata: “Mamma mia quanto sto invecchiando”! Eh sì, perché se il tempo passa per Scully, passa anche per me, e per tutti voi.

Però questo “50” ha un sapore diverso. Faccio una grande fatica ad immaginare una Scully cinquantenne e mi piacerebbe davvero sapere come se la immaginano Chris Carter o Frank Spotnitz, ad esempio.

Abbiamo passato tanto tempo insieme, Scully ed io, ed anche se ultimamente non ci frequentiamo più come una volta, quando la vita mi presenta qualche sfida più o meno grande, la domanda che mi pongo quando penso a come affrontarla è sempre la stessa: “Cosa farebbe Scully”?
Sì, perché come tutti i personaggi di fantasia, che appartengano alla letteratura, al cinema o alla narrativa, il loro compito è quello di essere lì per noi quando ne abbiamo bisogno, li prendiamo come esempio e ci sostengono quando noi li chiamiamo in aiuto.

E l’esempio, l’eredità, che Dana Scully ha lasciato, e continua a lasciare, in milioni di donne, più o meno giovani, che si avvicinano alla serie televisiva è di quelli difficili da quantificare.

A dispetto della sua fisicità, una donna piccola e minuta, Scully è una che non si è fatta mai mettere i piedi in testa da nessuno. Con il suo comportamento ha inculcato in molte di noi, che negli anni ’90 eravamo ancora alle prese coi libri, l’idea che il lavoro onesto “paga”, che bisogna sempre dare il massimo, che dobbiamo puntare sul cuore e sulla mente per eccellere nel nostro lavoro, e che benché l’ambiente lavorativo sia quasi sempre molto più difficile per una donna, è necessario mantenere la propria integrità per poter alzarsi tutte le mattine, guardarsi allo specchio ed essere orgogliose di noi stesse.

Scully ci ha insegnato a portare avanti le nostre idee, a sostenerle, ma al tempo stesso a mantenere una mente aperta al nuovo, a ciò che non conosciamo e che ci può accrescere. Ci ha insegnato che il confronto con un altro essere umano è fondamentale per la nostra crescita intellettuale e morale.

La passione con cui Scully fa il suo lavoro o combatte per quello in cui crede ci ha fatto capire che forse il segreto sta proprio qui: fare le cose con passione vuol dire farle avendo una marcia in più.

Nel corso degli anni l’abbiamo vista affrontare le più svariate avversità in ambito lavorativo, ma anche e soprattutto dal punto di vista personale. Che si trattasse della perdita di persone a lei care o della scoperta di aver contratto una malattia che spesso non lascia scampo, abbiamo sempre guardato a questa donna con ammirazione per la sua forza d’animo e il suo sangue freddo, ma anche per i suoi dubbi, il suo mettersi in discussione e le sue fragilità. Fragilità, quasi del tutto celate nelle prime stagioni e più evidenti con l’andare del tempo, che hanno reso questo personaggio più umano e credibile .

Anche se spesso abbiamo scherzosamente maledetto Chris Carter per come abbia gestito il rapporto tra i due protagonisti (non concedendo loro di essere una coppia nel senso più comune del termine), così facendo Scully ci ha ricordato che l’amore, quello vero, quello con la A maiuscola, quello che tutte speriamo di incontrare, è fatto di tanti aspetti, di molte e complesse sfaccettature, ma che la fiducia che l’uno ripone nell’altra è fondamentale per costruire insieme qualsiasi cosa.

“[...] dobbiamo ricordarci che una volta c’era una piccola eroina che andava a caccia di mostri e parlava di Einstein, che si faceva rispettare e metteva in dubbio la sua fede, che lavorava con l’uomo che amava, ma non per questo gli strappava la camicia di dosso durante la pausa pranzo, che non voleva credere, ma tuttavia ha aperto sé stessa alla possibilità di farlo” così Rebecca Traister descrive Scully in un articolo pubblicato nel 2008 per l’uscita di "I Want to Believe".

Per forza non troviamo più un personaggio simile in una serie tv, provateci voi a crearne un altro che abbia tutto questo! Non credo sia un’impresa facile. Penso che neanche Chris Carter riuscirebbe a fare un’altra magia del genere per la seconda volta.

Nella miriade di dichiarazioni a corredo del ventennale di “X-Files”, Gillian Anderson una volta ha detto di sentirsi onorata di aver potuto trascorrere del tempo con Scully.

L’onore è stato anche nostro. Trascorrere del tempo con Scully ci ha fatto desiderare di essere come lei, di essere capaci di camminare sempre a testa alta e di avere almeno un pizzico del suo coraggio nell’affrontare la nostra vita. Senza che neanche ce ne accorgessimo, ci ha spinto ad essere persone migliori.

Adesso sta a noi, fan della prima ora e non, tramandare l’eredità che ci ha lasciato Scully e quello che abbiamo imparato da lei, quei valori di lealtà, integrità e correttezza di cui il mondo oggi ha sempre più tremendamente bisogno.

In attesa di ritrovarla sul grande schermo, mi immagino Scully sempre così, con pistola, distintivo e la sua infinita conoscenza scientifica, perennemente a discutere con Mulder, mentre difende i buoni dai cattivi e combatte i mostri del nostro tempo, totalmente ignara dell’influenza che le sue azioni hanno avuto, hanno e avranno, su milioni di persone sparse per il mondo.
 

 



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